Dove i vari governi avvicendatisi nelle aule del Parlamento italiano non sono riusciti, dove neppure hanno provato – secondo i dettami della Costituzione – a intervenire, Facebook, invece, ha preso l’iniziativa e ha oscurato gli account di alcuni membri appartenenti alle formazioni neofasciste del nostro Paese, seppur in colpevole ritardo. Meglio tardi che mai!
Il social network di Mark Zuckerberg che, per anni, è stato il mezzo di comunicazione più utilizzato dai nostalgici di quando c’era lui per diffondere la propria propaganda violenta e razzista, una vera e propria chiamata all’azione squadrista che, negli ultimi tempi, ha fatto breccia in tanti, troppi utenti, ha finalmente messo al bando i profili di alcuni dei candidati alle prossime Elezioni Europee di uno dei principali partiti di estrema destra del nuovo panorama politico nazionale.
Ricordiamo ai lettori che Mar dei Sargassi sceglie di non pubblicare i nomi dei gruppi dichiaratamente fascisti, in linea con l’art. 4 della Legge Scelba attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, dunque di non offrir loro alcuna opportunità di pubblicità.
La misura messa in campo dal sito web che conta 2.2 miliardi di utenti attivi nel mondo segue la scia di quella già adoperata all’indomani della strage in Nuova Zelanda per mano dei suprematisti bianchi che oscura i post volti a rivendicare la superiorità di una razza sulle altre. La reazione dei rappresentanti della formazione in oggetto non si è fatta attendere: «È chiara la presenza di un disegno ben preciso che mira a cancellare le voci dissonanti rispetto alla narrazione dominante». Parlano di assenza di motivazioni, di mosse draconiane e pretestuosità delle stesse, accusano, inoltre, la piattaforma di imparzialità politica volta proprio a minare il regolare e democratico svolgimento delle Europee del prossimo 26 maggio. Dimenticano, però, che a quella, come a qualsiasi altra tornata elettorale, non dovrebbero neppure essere autorizzati a partecipare.
Per il social che risponde ai militanti del gruppo sovranista – «Vogliamo che chiunque su Facebook possa sentirsi al sicuro. […] Partiti politici e candidati, così come singoli individui e organizzazioni presenti su Facebook devono attenersi a queste norme. Non ammettiamo i discorsi di incitazione all’odio come un attacco diretto alle persone sulla base di aspetti tutelati a norma di legge, quali razza, etnia, nazionalità di origine, religione, orientamento sessuale, casta, sesso, genere o identità di genere e disabilità o malattie gravi. Forniamo anche misure di protezione per lo status di immigrato» –, c’è un peccato originale che pesa sulle coscienze dei partiti politici che, invece, sì, possiamo citare e che, per anni, hanno acconsentito all’affermazione dei gruppi neofascisti senza mai muovere una vera e propria politica di limitazione.
Basti pensare che uno di questi raggruppamenti xenofobi occupa nel centro di Roma un intero edificio in maniera abusiva e nessuno, da Forza Italia al Partito Democratico, fino ai nuovi inquilini di Montecitorio e Palazzo Madama, Lega e MoVimento 5 Stelle, ha mai dato mandato di sfratto, azione coercitiva adoperata, invece, vigliaccamente sui più deboli, su chi più avrebbe bisogno di aiuto e solidarietà, i centri per migranti e rifugiati. L’argomento torna di tanto in tanto, a uso e consumo della campagna elettorale da svolgersi, a riempire la bocca dei nostri rappresentanti. L’ultimo, soltanto in ordine di tempo, è stato proprio Luigi Di Maio, Vicepremier e Ministro del Lavoro, che preoccupato dalla rovinosa caduta dei grillini nelle intenzioni di voto del popolo tricolore, dopo aver strizzato l’occhio ai razzisti d’Italia seguendo sul terreno di caccia nemico il collega d’ufficio Matteo Salvini, ora mira nuovamente ai delusi da Renzi e compagni, mostrando un’anima democratica che, però, ha dimostrato di dimenticare al momento di apporre la firma sul Contratto di Governo con la Lega, sul provvedimento della Legittima Difesa, sul Decreto Sicurezza, e così via.
Si legge, di tanto in tanto, proprio sulle bacheche di Facebook e dei principali social network la frase La Sinistra riparta da…, allegando a questa esortazione dalla deriva ironica il nome di chiunque si esibisca in una qualsiasi espressione riconducibile ai valori democratici e sociali ormai smarriti dalle forze del centrosinistra italiano. Il sindacalista Aboubakar, il vincitore di Sanremo Mahmood, l’allenatore del Milan Gennaro Gattuso, l’attore Jim Carrey (noi voteremmo per lui!), fino al ragazzino di Torre Maura, qualsiasi di questi rischierebbe, nello scenario socialista moderno, secondo il popolo del web, di godere di maggiori consensi di Zingaretti o chiunque altro si candidi a rappresentare l’alternativa ai populisti e ai sovranisti ora insieme a guidare la XVIII Legislatura.
Non è in una forza politica – l’ex Ulivo – che fa del NO già annunciato alle patrimoniali, che appoggia l’ipotesi di autonomia delle Regioni, in cui riverseranno le proprie speranze i lavoratori, gli insegnanti, il ceto medio della popolazione, i disoccupati accecati dal fumo del Reddito di Cittadinanza, se non nell’ottica di una sacrosanta e auspicabile salvaguardia del progetto Unione Europea. Tantomeno ci si affiderà a Frantoianni e ciò che resta di Rifondazione Comunista – ora sposati nel simbolo de La Sinistra –, fazioni incapaci a creare un progetto continuativo, che litigano spesso e si riproducono per scissione, come ben testimonia anche la propria storia recente. LeU, Potere al Popolo, sono progetti, sì, diversi, ma con esperienze ed epiloghi simili.
Amaro sarcasmo a parte, se l’alternativa ai giallo-verdi corrisponde ai simboli del PD, La Sinistra o PaP, non c’è da sorprendersi se anche Mark Zuckerberg viene invocato dalla rete a candidarsi come comandante della rivoluzione proletaria. Per le referenze, chiedere a Caio Mussolini, anch’egli bannato da Facebook con le stesse motivazioni. Bandiera rossa trionferà!