L’ecosofia come saggezza della Terra e la teorizzazione intorno al dialogo interculturale e all’incontro tra le religioni sono tra i contributi più importanti dell’opera e della vita di Raimon Panikkar (1918-2010), sacerdote e teologo di cultura catalana e indiana. Nato a Barcellona da padre indiano e madre spagnola, Panikkar è stato una delle guide spirituali del XX secolo e un innovatore del pensiero contemporaneo. Ottenuto il diploma presso i gesuiti di Barcellona, nel 1935, e poi laureatosi in Lettere e Scienze, lo studioso spagnolo fuggì dalla guerra civile nel 1936 e con la famiglia si trasferì in Germania.
Al rientro in Spagna, si avvicinò al primo nucleo del movimento dei fedeli laici dell’Opus Dei, una prelatura personale della Chiesa cattolica, spesso criticata anche dal mondo cristiano per il suo integralismo e accusata di rapporti con la politica conservatrice e reazionaria. Panikkar fu membro dell’Opus Dei per vent’anni tra Barcellona e Madrid e amico di Escrivá de Balaguer, figura carismatica dalla quale fu indirizzato a ricevere l’ordinazione sacerdotale. Molti anni dopo, il teologo catalano, conversando sulla sua appartenenza alla potente organizzazione cattolica e tradizionalista, sottolineò il carattere puramente spirituale della sua ventennale permanenza, durante la quale mal sopportò, tuttavia, la rigidità di quel particolare stile di vita comunitario.
La svolta esistenziale decisiva avvenne, però, quando Panikkar, all’età di 36 anni, si recò in missione apostolica in India. Qui incontrò la cultura e la spiritualità dell’induismo e del buddhismo, che allargarono il suo orizzonte filosofico e religioso fino a fargli affermare di essere partito cristiano, di essersi scoperto indù e di ritornare buddhista, senza aver cessato di essere cristiano. La sua attività di studioso, da allora, si svolse con l’insegnamento della Filosofia della Storia e della Psicologia in varie università spagnole e dell’America Latina, poi a Roma, Bangalore, Harvard e California.
Nel periodo più maturo della sua esperienza di vita e di lavoro, il filosofo spagnolo visse nella città santa indù di Varanasi, accanto al fiume Gange, dedicandosi alla scrittura e alla meditazione e lavorando come ricercatore nelle Università di Varanasi e di Mysore. Nell’ultima parte della sua esistenza, infine, una volta terminata la carriera accademica, Panikkar si stabilì a Tavertet, un piccolo centro sui Pirenei, conducendo vita ascetica, pur mantenendosi in contatto con la comunità culturale catalana attraverso i suoi scritti. Definì questo approdo come il completamento del proprio karma, vale a dire chiudere il cerchio o radicare la mia vita, tornando al luogo dove sono nato. Abbandonato per sempre il tradizionalismo cattolico, Panikkar rintracciò, nella sua articolata visione del mondo, la presenza del Cristo anche nell’induismo e nel buddhismo, facendo di questa relazione il cardine del dialogo interreligioso nella riflessione spirituale contemporanea.
Il pensiero e l’attività culturale di Panikkar hanno rappresentato, in effetti, un punto di incontro tra Oriente e Occidente. La filosofia dello studioso spagnolo non è tanto amore della sapienza quanto sapienza dell’amore e la sua teologia, di conseguenza, è stata vissuta nell’unione dialogica dei molteplici universi culturali. A tal fine, le diverse concezioni del mondo hanno bisogno l’una dell’altra perché nessuna tra di loro può fornire la risposta a tutti i problemi dell’esistenza.
Tra le tante opere scritte da Raimon Panikkar, Ecosofia. La saggezza della Terra (Jaka Book, 2015) assume una particolare importanza perché ci parla della saggezza del nostro pianeta – da tempo afflitto dai cambiamenti climatici e dall’emergenza socio-sanitaria in atto – che gli esseri umani non ascoltano più. Il filosofo catalano di nascita ma cittadino del mondo si affida qui al pensiero ecologico perché possa far riflettere gli uomini sui loro limiti per instaurare un nuovo equilibrio tra l’umano e la natura, messo in pericolo da un mondo artefatto, e ricostruire quella sapienza che unisca la dimensione del divino, dell’umano e del cosmico.
Panikkar ricevette il Premio Nonino, nel 2001, come maestro del nostro tempo e, quando si recò a Venezia nel marzo del 2004 per partecipare a un convegno tenuto presso l’Aula Magna dell’istituto universitario di Architettura, incontrò Emanuele Severino. Il grande filosofo italiano scomparso di recente e il teologo spagnolo – pur nel rispetto delle diverse posizioni riguardanti la filosofia, la religione e il loro rapporto per una comprensione del mondo vitale – trovarono una convergenza importante nella radicale insoddisfazione nei confronti della visione filosofica dominante sul pianeta Terra e nella convinzione, infine, che tutto abbia il carattere dell’eternità.
Liberato da una concezione cattolica tradizionalista e approdato a una filosofia universale impostata sul dialogo intrareligioso e interreligioso, il percorso intellettuale di Panikkar rappresenta bene un’evoluzione legata all’esperienza umana basata sul superamento della dicotomia tra l’essere e il pensare, tra ciò che uno è e ciò che uno pensa: questa è La nuova innocenza (Servitium Editrice, 2005) – titolo di un’altra sua opera famosa – uno stile di vita basico, atto a raggiungere la saggezza intesa come un’arte di vivere personale e al servizio della comunità fisica, sociale e culturale a cui apparteniamo.