Il 12 settembre, a Strasburgo, l’Europarlamento ha approvato la nuova direttiva sul copyright con 438 voti a favore. Si tratta di un importante passo in avanti visto che la precedente disposizione, numero 29, risaliva al 22 maggio del 2001 e sanciva il diritto ad autori, interpreti o esecutori, ai produttori e agli organismi di trasmissione televisiva di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, di opere coperte dal copyright.
Con la norma del 2001, però, risultava assai difficile, nell’era in cui internet ha una diffusione inarrestabile, tutelare i diritti in questo ambito e riscuoterne i relativi compensi. A tal proposito, quindi, era stata emanata la più recente disposizione – direttiva numero 26 del 2014 – che stabiliva i requisiti necessari per garantire il buon funzionamento della salvaguardia dei diritti d’autore all’interno dell’Unione Europea e istituiva gli organismi di gestione collettiva di tali diritti per l’uso online di opere musicali. Ma il 12 settembre, finalmente, è stata approvata una nuova versione del testo – precedentemente presentato e respinto il 5 giugno –, aprendo così ai negoziati con il Consiglio e la Commissione Europea. Tra i punti più importanti vi sono l’articolo 11 che prevede giuste remunerazioni per gli autori i cui contenuti finiscono su piattaforme digitali – social network e motori di ricerca in primis –, e l’articolo 13 che prevede invece di bloccare i contenuti coperti da copyright nel caso in cui non ci sia un accordo con l’autore. «Oggi la cultura ha vinto sui soldi», ha detto Mogol, Presidente della Siae. «I grandi colossi del web ora dovranno pagare cifre che possono assolutamente permettersi, a fronte dei milioni che incassano. È giusto che ci sia rispetto per la creatività e che si difendano i giovani». Anche il Presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, si trova d’accordo con le sue dichiarazioni: «La direttiva sul diritto d’autore è una vittoria per tutti i cittadini. Oggi il Parlamento Europeo ha scelto di difendere la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al far west digitale». Ma tutto questo cosa comporta?
Ora i colossi del web – Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e molti altri – dovranno remunerare i contenuti che vengono prodotti da artisti e giornalisti, mentre le piccole e micro piattaforme saranno escluse dal campo di applicazione della direttiva. Gli hyperlink si potranno condividere liberamente e ai giornalisti andrà una quota della remunerazione ottenuta dalla loro casa editrice. In questo modo, la posizione del Parlamento va a rafforzare la proposta della Commissione Europea in materia di responsabilità di queste piattaforme e degli aggregatori riguardo le violazioni del diritto d’autore. Con la nuova legge, dunque, l’assunzione di responsabilità imporrebbe a questi soggetti di pagare chi detiene i diritti sul materiale protetto da copyright che viene messo a disposizione. Dai nuovi obblighi, però, sono esonerate le piccole e micro imprese del web, in modo tale da incentivare e incoraggiare l’innovazione.
Le nuove disposizioni non hanno lo scopo di ostacolare, in modo ingiusto, la libertà d’espressione che è carattere principale della rete e, proprio per questo motivo, la semplice condivisione di collegamenti ipertestuali agli articoli sarà libera dai vincoli del copyright. Così come il caricamento su enciclopedie online, che non hanno fini commerciali – tra cui la tanto popolare Wikipedia – o su piattaforme per la condivisione di software open source sarà escluso dall’obbligo di rispettare queste nuove regole. Gli autori e gli artisti vedono quindi rafforzare la loro posizione negoziale, potendo ora esigere un contributo supplementare da chi sfrutta le loro opere. Inoltre, questi stessi soggetti potranno revocare o porre fine all’esclusività di una licenza di sfruttamento dell’opera nel caso in cui la parte titolare dei diritti di sfruttamento non li stia esercitando.
Il prossimo passo riguarderà i negoziati tra istituzioni europee e Stati membri che dovranno analizzare in maniera approfondita la direttiva la quale, per questo motivo, potrebbe anche non essere adottata. In ogni caso, le trattative potrebbero durare molto tempo, quindi non è ancora il momento di porre un punto sulla questione. Sicuramente i pro e i contro sono tantissimi: da un lato, finalmente, il diritto d’autore che con l’avvento della rete, era stato spesso superato, persino calpestato, potrebbe nuovamente avere un valore autentico. Dall’altro, la diffusione delle informazioni, degli articoli e dei più svariati contenuti potrebbe subire un arresto preoccupante. Un articolo pubblicato su un altro sito o social network dovrebbe ricevere una remunerazione dagli editori, ma a questo punto anche i contenuti che gli utenti condividono tra loro tramite messaggi o post o persino le semplici attività di condivisione dei contenuti terzi sarebbero soggette al pagamento di una somma al proprietario dell’opera. Si dovrebbero quindi definire delle tariffe da pagare a seconda della tipologia del contenuto e le modalità di pagamento? Le direttive non sono state affatto esaustive sul da farsi e, anche se è bello pensare che questo sia un passo importante verso la cultura, in realtà basta poco per rendere queste decisioni un mezzo per arrestare la libertà d’espressione.