Sono passato vicino alla Mole Antonelliana, l’edificio più geniale che è stato forse costruito per un assoluto impulso verso l’alto – Friedrich Nietzsche
Andare a Torino e non visitare la Mole Antonelliana è quasi impossibile. Questo edificio monumentale, simbolo per eccellenza della città sabauda con i suoi 167.5 metri di altezza, è stato infatti la vetta artificiale più alta d’Europa fino al 1953. Tanto importante per la città e per l’Italia intera al punto da essere impresso sulle monete da 2 centesimi, appare come un faro tra i tetti del capoluogo piemontese: basta seguire la vista della guglia e anche il visitatore con meno senso dell’orientamento può giungere senza problemi al suo ingresso, in via Montebello numero 20.
La storia della Mole, manifestazione di quell’eclettismo architettonico che commistiona lo stile neoclassico a quello neogotico tipico della coeva corrente ottocentesca continentale di cui Alessandro Antonelli, architetto e ingegnere di origine ebraica, fu portavoce in Italia e in Europa, è interessante quasi quanto ammirare l’edificio stesso che a un primo sguardo lascia percepire una complessità generale frutto di numerosi rifacimenti e modifiche rispetto al progetto originario.
Tutto ebbe inizio con lo Statuto Albertino, Legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia sabauda, promulgato nel 1848 da Re Carlo Alberto di Savoia, in cui veniva sancita la libertà di culto per tutte le religioni, non solo quella cattolica, ufficiale del Regno. Da qui nacque il desiderio della comunità ebraica torinese, confinata fino ad allora nel ghetto, di costruire un edificio adatto alla fede e alla formazione religiosa in pieno centro. Il terreno acquistato fu proprio quello in via Montebello, nel quartiere Vanchiglia, presso quella zona che un tempo era stata la contrada del cannon d’oro, un’area fortificata fino all’arrivo di Napoleone Bonaparte che aveva deciso di abbatterne i bastioni rendendola da lì in poi poco stabile. Ma questo Antonelli, il direttore dei lavori designato dalla comunità nel 1862 per la costruzione della sinagoga, non poteva saperlo dato che le difficoltà sorsero solo a cantieri aperti e a opera conclusa. Il via ufficiale ai lavori avvenne precisamente due anni dopo l’Unità d’Italia: il 17 marzo del 1863, in seguito a un Regio Decreto, infatti, il progetto cominciò a prendere forma ma già da subito le idee ambiziose di Antonelli sembrarono lasciare insoddisfatta la committenza. I primi anni, fino al 1869, videro la realizzazione del pronao esastilo – cioè caratterizzato da sei colonne – di 30 metri e una cupola a base quadrata. Tuttavia, alla volontà di innalzare quest’ultima fino a 113 metri e alla necessità di tiranti e sostegni in ferro, data dal terreno poco adatto a una costruzione monumentale, la comunità ebraica, spazientita dai costi in continuo aumento rispetto alla cifra stabilita, decise di interrompere i lavori e quattro anni dopo, nel 1873, barattò la costruzione con il Comune di Torino, ancora oggi attuale proprietario della Mole, in cambio di un terreno edificabile nel quartiere San Salvario, poco distante dalla stazione di Porta Nuova, dove tuttora sorge la sinagoga completata nel 1884 in stile neomoresco.
Nello stesso anno, con un nuovo committente con cui interfacciarsi, Antonelli, ormai 75enne, riprese in mano i lavori, continuando ad apportare modifiche in corso d’opera: oltre alla cupola, infatti, venne aggiunto anche il Tempietto, un colonnato esastilo a due piani con forma quadrata che richiamava il pronao di base, completato soltanto dopo l’Esposizione Universale del 1884, sormontato dal tetto da cui ebbe inizio il basamento della guglia, preceduta a sua volta da un colonnato circolare di granito chiamato Lanterna, raggiungendo così i 115 metri. Ripresi nuovamente i lavori nel 1886, cominciò con notevoli difficoltà proprio la costruzione della guglia, inizialmente in cemento, terminata soltanto nel 1889, un anno dopo la morte dell’ingegnere, all’età di novant’anni, che prima della dipartita aveva designato come suoi successori il figlio Costanzo, anche lui architetto, e Crescentino Caselli. Furono proprio questi che con la posa del Genio Alato, simbolo di casa Savoia, sull’estremità maggiore il 10 aprile 1889 festeggiarono la fine dei lavori e l’apertura al pubblico.
A dare un tocco di mistero – numerose sono le leggende che fanno della città di Torino il centro dell’esoterismo italiano ed europeo – è la particolare caduta del Genio in seguito a un violento temporale, l’11 agosto 1904, durante la quale, nonostante il suo peso maggiore di tre quintali, staccandosi dalla base questi rimase in bilico sul terrazzino sottostante, non causando vittime: in seguito la statua fu conservata nella Mole e in cima, nel 1906, fu posta una stella a cinque punte, come aveva inizialmente ipotizzato Antonelli, riportando l’edificio all’altezza di 167.5 metri. Non ci furono grandi cambiamenti strutturali fino al 22 maggio 1953, quando, in seguito a un violento temporale e a una tromba d’aria, la guglia si spezzò e 47 metri finirono nel giardino degli studi televisivi Rai poco distanti, non provocando danni a persone. Da qui la decisione di cambiare materiale all’antenna in ferro rivestito da pietra cementizia e rinforzare anche i tempietti sottostanti. Così, con la realizzazione di un primo ascensore panoramico fino al Tempietto, nel 1964 i lavori poterono dirsi ufficialmente conclusi se non per piccoli accorgimenti di ristrutturazione alla fine degli anni Novanta.
Dal 1908 al 1938, la Mole ospitò al suo interno il Museo del Risorgimento, e al trasferimento di questo in Palazzo Carignano, poco distante da quello egizio, accolse soltanto esposizioni temporanee fino all’apertura nel 2000 del Museo del Cinema: un vero e proprio luogo di culto della cinematografia italiana e mondiale che consacra l’unicità di questo edificio.
Nata come espressione della potenza del nascente Regno di Italia, divenuta con l’evolversi della sua e della nostra storia uno dei più riconoscibili simboli del Bel Paese, la struttura è ancora lì come immaginava Alessandro Antonelli, a cui molti avevano dato del visionario, pronta a partecipare alla vita cittadina illuminandosi a tema in occasione di eventi e giornate commemorative; ispirando film, libri e fumetti, dimostrando ogni giorno, dal 1889, che i monumenti sanno parlare a occhi attenti in grado di trasformare un particolare stile architettonico in un intento culturale e politico di affermare dei concetti.
La Mole quindi non è solo di Torino, ma dell’Italia intera trovatasi unita, suo malgrado, sul finire di un inverno di 157 anni fa.