Dal 18 novembre 2020 sarà in libreria La memoria dell’uguale, la raccolta di nove racconti di Alfredo Zucchi, per la Alessandro Polidoro Editore, dove i personaggi – come quelli della comunità degli “avventori” del primo testo intitolato Il dono – desiderano incarnare la possibilità stessa che un evento accada, che il corso delle cose s’increspi, nel forse vano ma vitale tentativo di sfuggire alla palude della ripetizione, riuscendo a esprimersi nella prigione dell’identità/memoria individuale e sociale.
L’autore vive da alcuni anni a Vienna, dopo aver studiato e lavorato tra Napoli, Bruxelles e Barcellona. Ha fondato e co-diretto, tra il 2008 e il 2019, la rivista letteraria digitale CrapulaClub e i suoi scritti narrativi e saggistici sono apparsi su riviste come Nazione Indiana, Sotto il vulcano, Cattedrale, The Catcher, Doppiozero. La bomba voyeur (Rogas, 2018) è, invece, il titolo del suo primo libro, in cui ha narrato dello scontro/incontro, in forma di dramma satiresco, tra un ragazzo in fuga dal potere e una società che a esso ambisce nell’Italia alla fine della Guerra Fredda.
Ne La memoria dell’uguale, la lotta tra il desiderio individuale e il destino biologico e storico nel quale si muovono gli esseri umani assume fattezze metafisiche e, comunque, il caso resta la legge, a beffarsi, in ultima istanza, di ogni memoria sociale, dell’illusione di una possibile dimensione del tutto soggettiva e della finzione del tempo che non riesce a costituirsi come stabile casa dell’uomo e dei suoi rapporti con gli altri.
Nella presentazione del lavoro di Zucchi, è stato citato il grande scrittore James G. Ballard e la sua opera totale La mostra delle atrocità dove, tra la storia reale e la sua rielaborazione onirica, la narrazione rimanda al paradiso e all’inferno nel quale – tra microcosmo psichico e macrocosmo fattuale – vive l’uomo contemporaneo, al tempo stesso liberato e angosciato dal disincanto della tradizione. Nei racconti di Zucchi, tuttavia, il personaggio e la storia rifuggono dalla riconoscibilità delle tipologie personali narrative e dei reali accadimenti storici.
Dal protagonista di Un uomo come tanti, che trova le chiavi di un seminterrato nel quale chi vi mette piede guarisce da ogni disagio ma in seguito muore, al ragazzino del racconto Il ponte, che riceve dal nonno un misterioso libro nel quale è scritta, mentre accade, la storia della sua etnia, fino alla fulminante narrazione de L’esatto, in cui un detective si dedica con accanimento alla risoluzione dei crimini senza movente, ma gli capita di sfidare il caso ad apparire, i racconti di Zucchi ci affidano a memorabili soggettività che non vogliono essere codificate dagli eventi storici di un tempo definito, pur vivendo fino alla perdizione fisica, psicologica e sociale nella memoria dell’uguale, e il ritorno al punto già percorso, dove alla fine si genera il pathos dell’accadimento diverso.
Il drammatico conflitto tra individuo e comunità, interiorizzato da ogni essere umano che tenta di viverlo secondo il proprio desiderio astorico, amorale e afinalistico, si scontra quindi con il dettato della comunità del potere, o biopotere come ci ha raccontato il filosofo Michel Foucault. E il racconto Il luogo ovvero il caso raccoglie in una forma epica l’insensata, disumana logica del dramma umano, dove il gesto immorale, prevaricatore o violento può anche avere luogo, ma soltanto se è nel pieno controllo del potere dei notabili della Città.
In un tempo storico come quello che stiamo vivendo, la lettura de La memoria dell’uguale di Alfredo Zucchi ci sembra un antidoto al falso mito della razionalizzazione della vita individuale e sociale, nonché agli appelli consolatori e ambigui alla sicurezza e alla normalità. Il riconoscimento della soggettività individuale nella rappresentazione sociale è sempre insincero, ambivalente, posticcio. E basta poco, magari l’apparire di un virus, un’anomala condizione della vita personale e della convivenza umana, a scompaginare il racconto tradizionale e, chissà, a creare la differenza in una piega della realtà.
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