Ruth Orkin nasce a Boston nel 1921, figlia di un artigiano e di un’attrice. Il trascorrere molto tempo a Hollywood per via del lavoro della madre permette alla fotografa americana di vivere in maniera ravvicinata i set cinematografici sviluppando così, in tempi rapidi, un forte occhio per l’estetica e l’inquadratura.
All’età di dieci anni le viene regalata la sua prima macchina fotografica – una Univex da 39 centesimi – che utilizza per immortalare i suoi compagni di classe e gli insegnanti. A quattordici anni, invece, Ruth passa a una Baby Brownie da un dollaro, mentre a diciassette acquista il suo primo “vero” strumento di lavoro, una Pilot 6 Single-Lens Reflex di medio formato con la quale attraversa in bicicletta gli Stati Uniti, da Los Angeles fino a New York, documentando il suo viaggio, i luoghi e le persone incontrate durante il percorso. Da qui nasce Bicycle Trip, che contiene molti parallelismi con gli album di ritagli che sua madre conserva durante la realizzazione dei propri film.
Anne Morin, autrice che ha pubblicato un libro sulla Orkin, scrive: Questa fascinazione per il potere del cinema è rimasta una presenza costante in tutto il lavoro di Orkin, ed è stata questa sensazione di aver perso l’opportunità di perseguire la sua vocazione che l’ha portata a inventare un linguaggio completamente nuovo che si trovava al crocevia tra cinema e fotografia.
Ruth Orkin si dedica poi al formato 35 mm e, nonostante utilizzi diverse varianti, tra cui una Kodak Instamatic e una Nikon F, preferisce un formato cinematografico più piccolo per gran parte della sua carriera.
Il mondo del cinema è, però, la sua più grande passione e, dopo essersi iscritta per un breve periodo al Los Angeles City College, Ruth Orkin si unisce alla Metro-Goldwyn-Mayer come prima messaggera in studio. Spera davvero di imparare la cinematografia, ma presto capisce che il sindacato dei direttori della fotografia non ammette donne. Prende così la decisione, durante la Seconda guerra mondiale, di arruolarsi nel Corpo dell’esercito ausiliario femminile. Gli annunci di reclutamento promettono l’opportunità di imparare a fare cinema, ma purtroppo ancora una volta Orkin resta delusa. È questo il momento in cui decide di diventare una fotoreporter.
Alcuni anni dopo Ruth si trasferisce definitivamente a New York ed è proprio nella Grande Mela che acquisisce sempre più sicurezza nell’utilizzo della macchina fotografica. Lavora come fotografa di nightclub mentre di giorno scatta foto di bambini e collabora anche con tutte le principali riviste degli anni Quaranta. Trascorre il suo tempo libero vagando per le strade della città e con i suoi scatti sa rendere avvincenti immagini di quotidianità e ritratti spontanei del suo quartiere.
Questo suo errare e imprimere su carta una quotidianità straordinaria, così semplice eppure così speciale, porta alla pubblicazione del suo primo importante saggio dal titolo Jimmy, the Storyteller sulla rivista LOOK, nel 1946. Da questo momento in poi riceve incarichi per importanti magazine, fotografando alcuni dei nomi più importanti del mondo della musica, del cinema e della televisione quali Lauren Bacall, Doris Day, Ava Gardner, Tennessee Williams, Marlon Brando e Alfred Hitchcock.
Il lavoro di Ruth Orkin è caratterizzato da una grande sensibilità e onestà. Dai suoi scatti traspare il profondo rispetto che ha sempre nutrito per i soggetti fotografati e che hanno ispirato le immagini degli altri grandi fotografi del dopoguerra. Frammenti di vita quotidiana, fatta di momenti drammatici, ma anche romantici e allegri, diventano qualcosa di coinvolgente, intrigante, come se fossero fotogrammi di una produzione hollywoodiana dell’epoca. Nel 1951 viene inviata dalla rivista LIFE in Israele per fotografare l’Orchestra Filarmonica e dopo aver completato l’incarico continua a viaggiare in diversi paesi europei e poi in tutta Italia dove realizza alcuni dei suoi lavori più iconici.
A Firenze incontra Ninalee “Jinx” Allen Craig, studentessa d’arte che poi diventa la modella per una serie basata sulle loro esperienze di viaggio come donne. Proprio nel capoluogo toscano, Ruth Orkin scatta la sua fotografia più iconica: Allen Craig che cammina da sola in mezzo a un folto gruppo di uomini maliziosi.
«La mia espressione non è di angoscia, era proprio così che giravo per la città. Mi vedevo come la Beatrice della Divina Commedia di Dante. Dovevi camminare con assoluta sicurezza e mantenere sempre la dignità. L’ultima cosa che faresti sarebbe guardarli negli occhi e sorridere. Non volevo incoraggiarli. Questa immagine è stata interpretata in modo sinistro, ma era esattamente il contrario. Si stavano divertendo, e anch’io» racconta la Craig.
Ruth Orkin vuole rappresentare la sfida e la forza, mandare un messaggio alle donne e dire loro di non permettere agli uomini di dissuaderle dal seguire i propri sogni e, forse, questo scatto della Craig dal titolo American Girl in Italy in qualche modo rappresenta perfettamente questo pensiero.
Tornata negli Stati Uniti Orkin inizia una relazione con il collega fotografo Morris Engel che sposa poi nel 1952. Nonostante i vari ostacoli che deve affrontare mentre cerca di diventare direttore della fotografia, nel 1953 collabora con il marito e, insieme allo scrittore e regista Raymond Abrashkin, realizza il film Little Fugitive, poi nominato per un Oscar. La fotografia, da questo momento in poi, passa quasi in secondo piano perché per Orkin il cinema è il solo obiettivo principale.
In generale il lavoro di Ruth Orkin è stato ampiamente esposto negli Stati Uniti e a livello internazionale. Nel 1959 viene nominata una delle dieci migliori fotografe donne negli Stati Uniti insieme a Dorothea Lange e Margaret Bourke-White dai Professional Photographers of America. Nel 1978 viene pubblicata A World Through My Window, una raccolta di fotografie scattate dal suo appartamento che affaccia su Central Park, seguita da More Pictures from My Window nel 1983.
Il suo lavoro è conservato nelle collezioni permanenti di vari importanti musei e gallerie tra cui il MOMA e l’International Center of Photography. Ruth Orkin, che si spegne nel 1985, sarà ricordata come una professionista impavida e innovativa, una vera pioniera della fotografia di strada la cui tenacia, percettività e grazia continuano a risuonare e ispirare ancora oggi.
Se le mie fotografie fanno sentire allo spettatore quello che ho provato io la prima volta che le ho scattate… allora ho raggiunto il mio scopo.
©L’immagine è di proprietà di Ruth Orkin Photo Archive