Ieri, 19 marzo, ricorreva la Festa del Papà che, fin dai primi anni del XX secolo, per i paesi di tradizione cristiana, ricade in coincidenza del giorno di San Giuseppe. La vicenda evangelica – che vuole il falegname come padre adottivo di Gesù – ci offre lo spunto per affrontare un’analisi sui concetti di genitorialità, filiazione e famiglia. Temi che negli ultimi mesi stanno contribuendo a scaldare e a dividere il dibattito pubblico e politico, fuori e dentro al Parlamento. A tal proposito, pochi giorni fa, è arrivata una sentenza storica del Tribunale per i Minorenni di Firenze, destinata a far discutere.
Per la prima volta nel nostro Paese, infatti, è stata riconosciuta l’adozione esterna, quindi senza nessun legame biologico, di due fratelli da parte di due uomini italiani trasferitisi nel Regno Unito. La motivazione dei giudici è partita dalla constatazione che i minori vivono in una famiglia stabile, hanno relazioni parentali e amicali assolutamente positive, svolgono tutte le attività proprie della loro età. Si tratta, dunque, di una vera e propria famiglia, di un rapporto di filiazione in piena regola e come tale va pienamente tutelato.
In Italia la sentenza è unica nel suo genere. Fino a ora, infatti, i tribunali si sono pronunciati solo sui riconoscimenti della cosiddetta stepchild adoption – vale a dire le adozioni dei figli biologici dei partner – per garantire e tutelare la continuità affettiva dei minori. Purtroppo, però, a quanto pare, i giudici dovranno occuparsi ancora per molto tempo di dirimere le suddette questioni, poiché, come possiamo ricordare, al di là delle mancanze in tema di adozioni, vi è stata anche la cancellazione dello stralcio relativo proprio all’istituto giuridico della stepchild adoption dalla legge sulle Unioni Civili.
Come è noto, l’abolizione della parte sulla filiazione è stata fortemente voluta dalle destre più retrive e dalle frange cattoliche più intransigenti. A tal proposito, è curioso soffermarsi precisamente su questo punto, in quanto sussiste una contraddizione. Infatti, volendo richiamare la vicenda di San Giuseppe di cui sopra, è del tutto evidente che, non essendo questi il padre naturale di Cristo, anche per la narrazione evangelica, in realtà, il genitore non è semplicemente chi mette al mondo una creatura – come avanzato e strenuamente sostenuto dagli appassionati dei legami sanguigni – ma, piuttosto, chi si occupa della crescita e del mantenimento della stessa.
Al di là dell’etimologia del termine, è lapalissiano che un padre non possa essere colui che si è semplicemente limitato a fornire il seme in un rapporto sessuale, così come una madre non è solamente chi, dopo la gestazione, partorisce. Difatti, è fuori da ogni dubbio che il genitore sia la persona che era presente, ad esempio, quando ci è spuntato il primo dentino oppure che ci ha misurato la febbre nelle notti insonni. Il genitore è la persona che ci ha messo il cerotto sul ginocchio sbucciato, quella che ci ha insegnato ad andare in bici e che ci ha sgridato per le bravate adolescenziali. È la persona che è stata in pensiero per noi quando eravamo lontani da casa, che ha lottato per i nostri sogni e contro le nostre paure. Partendo da questo presupposto, mi si dica, di grazia, quale pertinenza possano avere il discorso sessuale e la distinzione di genere con la genitorialità. L’attitudine di una persona nell’occuparsi dello sviluppo di un fanciullo è ovvio che non si possa misurare facendo un discrimine tra uomo, donna oppure omosessuale.
Allo stesso modo, mi si dica quale attinenza possa mai avere il dato meramente sessuale con il concetto di famiglia, che non è una dimensione naturale, ma un modello antropologico e culturale. Sentir parlare di “famiglia naturale” è una contraddizione in termini, perché a essere strettamente legata all’aspetto biologico è la procreazione e non la famiglia da intendere quale gruppo umano basato su principi solidaristici e di sostegno reciproco. Proprio in quanto costrutto culturale, si può notare come la concezione di nucleo familiare cambi e si evolva a seconda dei tempi e della geografia. A riguardo, basti pensare, ad esempio, che nel Medio Oriente è diffusa e legale la poligamia, con ciò che ne consegue, o che in alcune tribù africane, dopo lo svezzamento, a occuparsi della crescita dei nascituri è l’intera comunità e non semplicemente la madre. Per tali ragioni, è inaccettabile che uno Stato civile, quale dovremmo essere, continui a delineare la definizione, anche giuridica, di famiglia solo a partire dal sesso, dalla procreazione in senso stretto, dal legame di sangue e non dai valori culturali e umani, quale l’amore prima di tutto.
Va da sé, dunque, che le leggi dovrebbero stare al passo con i mutamenti culturali e con la volubilità e la varietà dell’espressione umana. Allo stesso modo, il Diritto non può trascurare l’evoluzione scientifica in fatto di procreazione, lasciando che, sulla base di un pregiudizio ideologico, vi siano dei vuoti normativi. Invero, non si possono costringere e inglobare gli affetti, i sentimenti e le pulsioni delle vite entro dogmi precostituiti e superati di matrice religiosa, oppure entro semplicistici slogan elettorali, come quelli che ieri non ci ha risparmiato – anche su questo tema – Salvini sulle sue pagine social e in televisione.
Piuttosto che continuare a lasciare che venga propugnata l’unicità della “famiglia tradizionale”, bisognerebbe entrare nella logica di un diritto delle famiglie che possa appunto abbracciare la pluralità e la varietà delle stesse. Esistono, infatti, nuclei familiari dove a detenere la genitorialità sono un uomo e una donna, altre dove è un uomo solo o una donna sola e, altre ancora, dove sono due uomini o due donne. Che piaccia o meno, è una realtà di fatto e non si può far finta di nulla.
È ormai arrivato il tempo di superare i limiti e di tentare il passo in avanti che è stato compiuto nella stragrande maggioranza dei paesi europei, oltre che negli Stati Uniti, nel Canada e in diverse nazioni del Sud America. Purtroppo, lo sfiancante dibattito che ha preceduto e che continua a seguire la meritoria, ma comunque non esaustiva, legge Cirinnà, i vari Family Day, le esternazioni odiosamente fallaci – tanto sul piano logico quanto su quello scientifico – di molti parlamentari ci dimostrano che la strada è ancora in salita e che tanto ancora bisogna fare per il riconoscimento, la tutela e il rispetto delle vite di tutti i cittadini.