Il recente rapporto Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, presentato quest’anno dall’Alleanza globale contro la fame e la povertà a Rio de Janeiro, ha quantificato in circa 733 milioni (122 milioni in più del pre-pandemia) le persone che hanno sofferto la fame nel 2023, il che equivale a una persona su undici in tutto il mondo e a una su cinque nella sola Africa, che ha registrato un aumento di oltre il 20% di popolazione senza cibo, contrariamente all’obiettivo di sviluppo sostenibile Fame Zero entro il 2030. Un ritardo di almeno quindici anni che ha riportato il mondo ai livelli di sottoalimentazione del 2008.
Secondo la FAO, se dovesse perdurare questo andamento, non solo sarà impossibile raggiungere l’obiettivo, ma i sottoalimentati cronici potrebbero raggiungere numeri spaventosi, un fallimento totale di tutti i Paesi coinvolti in un progetto ritenuto non prioritario, contrariamente a una spesa militare che a livello mondiale ha raggiunto cifre vertiginose: il massimo storico di 2,4 trilioni di dollari, come reso noto dal rapporto del Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma che ha indicato ai primi posti Stati Uniti, Cina e Russia.
Anche il nostro Paese fa la sua parte accrescendo la spesa militare per l’anno in corso del 5,5% per un importo previsto di 28 miliardi. Ancora una volta, vale ricordare quanto detto dalla Presidente del Consiglio relativamente agli aiuti all’Ucraina: «Dire che l’invio di armi a Kiev toglie risorse agli italiani è una menzogna». E, invece, la menzogna è proprio detta affermazione. Il MIL€X, l’Osservatorio indipendente sulle spese militari dell’Italia, infatti, ha analizzato il costo delle sole armi inviate a Kiev quantificando la spesa in circa un miliardo di euro, risorse che sarebbe utile capire da quali casse sono state reperite se non dalle tasche dei contribuenti.
È l’intera Europa a essere entrata in un’economia di guerra, come affermato esplicitamente da Macron che spinge per riempire gli arsenali e incrementare la difesa, senza nessun seppur minimo tentativo di proporre tavoli di pace. Occorre far presto e rispondere alle continue richieste di un Volodymyr Zelensky intenzionato ad andare avanti a qualsiasi costo.
Che sia l’economia di guerra la via di uscita delle crisi dei singoli Stati? Acquisto di materiale bellico, mantenimento degli eserciti e magari costituendone anche uno europeo: che siano le priorità, il modello da seguire? Nei fatti, in un sistema come quello attuale, si tratta di un’economia che ha rallentato la crescita e causato una significativa inflazione con gravi incertezze per un domani che è già dietro l’angolo.
Fame e guerre, povertà e conflitti, fenomeni irrimediabilmente connessi che la FAO ha evidenziato, indicando le regioni maggiormente interessate dai conflitti come il Sudan con circa 18 milioni di persone in estrema difficoltà alimentare, l’Ucraina e Gaza, dove le condizioni di crisi alimentare sono ormai prossime a una carestia senza precedenti: l’80% delle persone è a rischio per la criminale strategia di Israele di boicottare gli aiuti ai palestinesi. Una guerra fatta di ricatti e un’arma micidiale, quella del ridurre alla fame un popolo negando quel minimo di aiuti non solo alimentari ma anche di farmaci e prodotti necessari a ciò che resta degli ospedali. Una violazione palese del diritto internazionale umanitario e della Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, violazioni mai perseguite e rimaste impunite.
Centri di produzione ortofrutticola e allevamenti di bestiame diventati veri e propri obiettivi da distruggere, ogni mezzo per completare l’annientamento di un popolo in piena regola. Continue menzogne per giustificare le politiche criminali di un presidente in giro per il mondo a raccogliere applausi e promesse di sostegno altrettanto criminali e irresponsabili.
Fame e guerre sono temi strettamente connessi: «Il cibo è diventato un elemento su cui speculare alla Borsa di Chicago che determina il prezzo delle materie prime, soprattutto nel settore cerealicolo», ne è convinto Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia sulla sicurezza alimentare. «In altre parole, la guerra e le sue conseguenze immediate si sono inserite nelle dinamiche di un sistema alimentare globale già disfunzionale, profondamente ingiusto e disuguale». Fame e carestia come armi di guerra e come conseguenza della stessa, così a Gaza come in Siria, Somalia, nello Yemen e nella maggior parte dei conflitti in atto nel mondo.
Lo spettro della fame, in particolare per quanti già vivono in condizioni precarie, è strumento non nuovo, da sempre utilizzato e oggi maggiormente in uso come arma di distruzione di massa, in Palestina soprattutto, che un criminale ha deciso di annientare totalmente, proprio come nel folle pensiero di chi riteneva il popolo ebraico di razza inferiore e nonostante tutto, dopo folli massacri, è stato spazzato via assieme ai suoi fedeli assassini.