Non me ne vogliano gli ottimi colleghi di Fanpage, ma l’inchiesta sulla Gioventù Nazionale di Fratelli d’Italia – seppur eseguita con professionalità e priva di alcuna anomalia giuridica – non sembra aver portato alla luce nulla che non fosse sotto gli occhi di tutti, se non qualche riferimento a persone precise. Tutto era già tristemente noto, tranne che alla leader di Fratelli d’Italia e Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, in una lettera inviata ai suoi dirigenti, ha tenuto a sottolineare tra l’altro come il partito non ha spazio per nostalgici e antisemiti. Abbiamo già fatto i conti con il ventennio, fuori gli antisemiti.
Che FdI non abbia spazio per i nostalgici qualche dubbio ritengo sia pur lecito se la seconda carica dello Stato, uomo di punta del partito, in occasione del gelo di Meloni e La Russa al richiamo antifascista di Mattarella dello scorso gennaio, più volte confida: «Non sono fascista, ma non mi dico anti». Geloso e fiero custode del busto del Duce, La Russa tiene ad assicurare si tratti di una statuetta e che tra l’altro poverino, è in un angolino buio, chi viene a casa mia non lo vede nemmeno. Magari si esaurisse tutto con una statuetta per negare ogni sentimento nostalgico, ma purtroppo non è così.
Il severo e articolato richiamo della Presidente del Consiglio purtroppo si scontra con una realtà che l’inchiesta, molto puntuale, difficilmente riuscirà a mutare in casa FdI, partito che affonda le sue radici in una destra nostalgica che la sua leader si sforza a definire moderna, incapace persino di eliminare la fiamma dal simbolo, in continuità con il Movimento sociale e AN, come spesso orgogliosamente puntualizzato.
Una destra moderna che Meloni incomprensibilmente ritiene di incarnare, nonostante nella realtà dei fatti dimostri il contrario non solo per quanto accade all’interno della sua forza politica ma anche relativamente ai suoi riferimenti in Europa, non proprio riconducibili a esempi di democrazia e rispetto dei più elementari diritti civili. Una destra schierata, piuttosto, ad alimentare un conflitto, senza mai farsi promotrice di una proposta ragionevole di pace e che difficilmente potrà dirsi moderata in assenza di una concreta volontà di recidere col passato, che evidentemente ancora raccoglie consenso, e un estremismo a cui conviene strizzare l’occhio.
Un attento e discreto osservatorio sembra, invece, aver visto la luce in occasione della recente consultazione elettorale europea dove il partito di Berlusconi ha neanche troppo velatamente fatto la sua parte. La pubblicità elettorale con il faccione dell’ex Cavaliere di fianco al leader di Forza Italia sui manifesti e alcune recenti esternazioni sui diritti civili da parte di Marina Berlusconi sembrano quasi indicare una presa di distanza dalle altre due forze di coalizione, un messaggio che potrebbe riservare delle sorprese nell’area centrista, riuscendo nell’impresa che la mina vagante della democrazia platealmente sconfitta dal voto popolare non ha mai saputo realizzare.
L’eventuale ingresso a pieno titolo nella vita politica di un esponente dei Berlusconi non è più un’ipotesi. La tenuta delle aziende di famiglia abilmente gestite dentro e fuori le istituzioni da Re Silvio è ora nelle mani dei figli che giocoforza dovranno continuare a tenere viva quella rete fatta di intrecci politici e affari di un partito nato con una missione ben chiara nella Sicilia di Marcello Dell’Utri. Quanti immaginavano che la morte di Berlusconi mettesse la parola fine al partito del biscione dovranno ricredersi e convincersi che una nuova generazione è possibile, anzi obbligata a occupare il suo posto nei palazzi che decidono, questa volta senza spettacolo, senza donnine e nipoti fasulle dei Mubarak di turno, un’occupazione della politica più raffinata sugli obiettivi che contano.
La destra nostalgica continuerà a fare la sua parte; la Lega allo sbando coltiverà ancora i propri interessi su un ponte che non si farà ma brucerà risorse; la giostra dei consensi potrebbe portare acqua al mulino di chi si presenterà sempre più forza centrista nella coalizione che all’occorrenza ritroverà sempre la sua coesione di comodo.
Qualcosa sembra muoversi, in cambio, in quella comunemente chiamata sinistra. L’opposizione all’autonomia differenziata potrebbe rappresentare un ottimo banco di prova per unire le forze chiamando a raccolta anche le minoranze decimali, dove però ancora si respira un minimo di aria di confronto e fedeltà agli ideali e ai temi fondanti. Una sinistra che, tuttavia, dovrà uscire dai sogni che non possono durare in eterno.