Diverse volte al giorno ci portavano fuori e ci picchiavano. Il loro scopo era conoscere la cerchia dei contatti di ciascuno di noi, nella loro mente se sei sospettato allora tutti i contatti della tua cerchia sono gay. Tenevano accesi i nostri cellulari. Ogni uomo che chiamava o scriveva era il loro nuovo obiettivo. Ci colpivano sempre sotto la vita, sulle cosce, le natiche e i genitali. Ci dicevano che eravamo peggio degli animali e che non avevamo più diritti.
Sono queste le agghiaccianti testimonianze di alcuni uomini ceceni riusciti a scappare dall’apposita prigione per persone dalla sessualità non tradizionale. Il quotidiano russo Novaya Gazeta, dopo aver lanciato l’allarme in tutto il mondo, ha continuato le proprie ricerche per far luce sulle condizioni dei detenuti arrestati nell’ultimo raid, scoprendo in questo modo l’ubicazione del centro di detenzione utilizzata dalle forze armate.
Al confine con la Georgia, nella città di Ardun, sarebbe stato aperto un “carcere segreto” nella quale i prigionieri sarebbero stati reclusi e torturati. Alcuni uomini, dopo essere scappati, sono riusciti ad arrivare sani e salvi nella propria città, testimoniando le terribili atrocità alle quali erano stati sottoposti; altri, invece, sono stati riportati dalle proprie famiglie, alle quali è stato consigliato caldamente di “provvedere” alla risoluzione della situazione, suggerendo così un vero e proprio “omicidio d’onore”.
Come rivelato dai testimoni, le autorità sono riuscite a trovare i soggetti da arrestare attraverso una metodologia ben codificata: si perquisisce un sospetto, gli si sequestra il cellulare per accedere ai contatti e alle fotografie e si accede, in tal modo, a una nuova rete di potenziali sospettati. Non a caso, una seconda ondata di arresti si è verificata a ridosso della richiesta, inoltrata dall’ONG GayRussia.ru alle molteplici autorità caucasiche, per la progettazione del Gay Pride.
La rete di attivisti russi LGBT Network ha attivato, già da due settimane, un numero di emergenza, grazie al quale sono state ascoltate le richieste di più di dieci persone che chiedono di poter fuggire dal proprio Paese.
La direttrice di Human Rights Watch per la Russia Tanya Lokshina ha denunciato l’assenza di reazioni da parte del Cremlino, descrivendo in questo modo la critica situazione: “Da diverse settimane è in corso una brutale campagna contro le persone LGBT in tutta la Cecenia. Le forze militari e gli agenti di sicurezza sotto il controllo dello spietato capo della Repubblica Cecena, Ramzan Kadyrov, hanno rastrellato decine e decine di uomini sospettati di essere gay, li hanno torturati e li hanno umiliati. Alcuni di loro sono spariti con la forza. Altri sono stati riconsegnati alle famiglie massacrati di botte. Almeno 3 sono morti da quando questa campagna brutale è partita. […] In questi giorni davvero poche persone in Cecenia si offrono di parlare con gli osservatori per i diritti civili o con i giornalisti, nemmeno in modo anonimo, perché la paura è enorme e la gente viene minacciata affinché taccia.”
Anche in Italia, qualcosa comincia a muoversi. L’associazione radicale Certi diritti ha richiesto prontamente l’intervento di Federica Morgherini e Angelino Alfano. Leonardo Monaco e Yuri Guaiana, il segretario e il responsabile questioni transnazionali dell’associazione, hanno così espresso la loro posizione: “Non accennano a fermarsi le notizie che provengono dai media russi di opposizione che sono riusciti ormai a localizzare vere e propri campi di prigionia destinati agli omosessuali, dove uomini e ragazzi sequestrati dai corpi paramilitari subiscono sevizie di ogni tipo. Si parla di oltre 100 persone deportate dalla fine di febbraio e di almeno 3 morti. La necessità di preservare gli equilibri geopolitici con la Russia non insabbi il ricorso storico messo in atto dalle autorità cecene. Chiediamo che siano attivate tutte le iniziative urgenti e necessarie per l’invio di osservatori internazionali nella regione e concedendo immediatamente asilo ai sopravvissuti e alle vittime potenziali di questa follia.”
I senatori Monica Cirinnà e Sergio Lo Giudice, insieme al Presidente della Commissione dei diritti umani Luigi Manconi, hanno predisposto un’interrogazione al ministero degli Esteri per chiedere una posizione forte del nostro Paese davanti a questa vergogna. Vanno messe in campo tutte le iniziative necessarie per chiarire i fatti e intraprendere azioni adeguate, a partire dalla richiesta al governo russo di avviare un’inchiesta e dall’invio di osservatori internazionali in Cecenia. La Repubblica autonoma cecena fa parte della Federazione russa e applica anch’essa le tristemente famose leggi contro la “propaganda omosessuale tra i minori” approvate dalla Duma tre anni fa. Una escalation di questo tipo mette in serio pericolo la condizione dello stato di diritto nella Russia di Putin.
È necessario, però, che l’intera comunità internazionale si mobiliti per fermare questa vera e propria persecuzione a danno dei soggetti LGBTIQ. In caso contrario, non ci sarà più concesso continuare a lamentarci sui libri di storia né piangere lacrime vacue davanti alle immagini della Seconda Guerra Mondiale. Ogni volta in cui ci siamo chiesti dove fosse l’Uomo nei campi di sterminio e come avessero potuto i popoli del tempo accettare quelle atrocità, abbiamo sorvolato su un’altra essenziale domanda: e noi, adesso, dove siamo? Cosa stiamo facendo per i nostri fratelli ceceni che vengono torturati per la semplice espressione della propria individualità? In cosa saremo differenti, se resteremo in silenzio davanti a tutto questo orrore?
Ai posteri, l’ardua sentenza.
Alla fine, saremo tutti giudicati per il coraggio dei nostri cuori.