Joker – Folie à Deux era il film più atteso dell’autunno, ma è diventato anche il più discusso e criticato. Il sequel del noto capolavoro di Todd Phillips del 2019 – non a caso gli ha fatto vincere un Leone d’oro a Venezia, due Golden Globe e due Premi Oscar (miglior attore a Joaquin Phoenix e migliore colonna sonora originale a Hildur Guðnadóttir) su ben undici candidature – non ha sortito, purtroppo, l’effetto sperato.
Primo campanello d’allarme: la sua uscita. Un film come il primo Joker, inutile a dirsi, era perfetto così com’era e non aveva alcun bisogno di un seguito. Certo, nemmeno Una notte da Leoni, Indiana Jones o Blade Runner avevano effettivamente bisogno di sequel, eppure il risultato ha equiparato, per non dire – in alcuni casi – quasi superato la potenza e la fama degli originali, diventando nuovi cult a tutti gli effetti. Non sempre, quindi, i secondi film sono una maledizione. In questo caso specifico, però, Joker 2 risulta assolutamente ridondante, se non inconcludente, sterile.
Entrambi presentati al Festival del cinema di Venezia, il primo era stato un successo, vincendo l’ambita statuetta, il secondo invece ha ricevuto critiche molto discordanti tra loro, considerato una vera e propria occasione sprecata. Un film non all’altezza, con una sceneggiatura estremamente caotica e che, bisogna dirlo, sembra non andare da nessuna parte, oltre a non aggiungere nulla al primo, se non la volontà di mostrare le conseguenze giudiziarie di ciò che era accaduto in precedenza.
Torna sullo schermo Joaquin Phoenix, non ai suoi massimi splendori ma comunque l’ottimo performer che siamo abituati a vedere, e al suo fianco troviamo lei, Lady Gaga, nei panni dell’iconica partner del Joker, Harley Quinn. Il personaggio è noto per essersi nocivamente innamorato di lui mentre lavorava come psichiatra all’Arkham Asylum, finendo per liberarlo. Qui, invece, ne è a sua volta paziente e seguirà Arthur Fleck nella sua battaglia processuale a seguito dei sei omicidi compiuti.
La presenza di Lady Gaga ci porta al secondo campanello d’allarme: è un musical. E, anche qui, alziamo le mani perché musical di livello altissimo, vedi Jesus Christ Superstar, Nightmare Before Christmas, The Rocky Horror Picture Show o anche un leggero Mamma mia!, ce ne sono stati eccome. Tutti incredibilmente carismatici e adatti anche ai peggiori detrattori di un genere cinematografico che sa essere tanto sorprendente quanto tedioso.
Quando è stato annunciato che Joker – Folie à Deux sarebbe stato un film canterino, il terrore ha preso il sopravvento nei più e il rischio che Todd Phillips trasformasse quel gioiello, puro Scorsese style, in un Carnevale di Rio era dietro l’angolo. Ma farsi divorare dai pregiudizi non è mai cosa buona e abbiamo voluto credere che potesse venir fuori qualcosa di davvero epico nel suo genere. Sfortunatamente, non è stato così. Si tratta di un musical veramente poco accattivante, con scenografie quasi inesistenti e coreografie smorte che mostrano quasi sempre i due protagonisti esibirsi da soli e basta.
Lady Gaga si conferma la straordinaria performer che è – tanto di cappello anche alle interpretazioni canore di Phoenix –, con palesi omaggi e riferimenti ad alcuni musical che hanno fatto la storia come Singin’ in the Rain o Chicago. Purtroppo, però, c’è parecchia confusione tra i momenti in cui sembra che la musica sia nella loro testa e momenti in cui pare stiano cantando sul serio, oltre al fatto che le canzoni non aggiungono valore narrativo e sono tutte, dalla prima all’ultima, dimenticabilissime. E troppe: davvero, cantano in continuazione. Il risultato è quindi un film monotono, noioso.
Peccato perché da un punto di vista tecnico Joker – Folie à Deux è assolutamente valido: molto buona e ben curata la regia di Phillips – come anche nel primo film –, fatta di movimenti di macchina mai casuali e ottimi piani sequenza (quello iniziale, ad esempio). Buona anche la fotografia di Lawrence Sher, che passa dai toni grigi del carcere e dell’istituto psichiatrico al colore a seguito dell’incontro dei protagonisti. Grande plauso, invece, alle musiche sempre molto raffinate di Hildur Guðnadóttir, di gran lunga superiori alle canzoni proposte.
Non è una sorpresa, dunque, che questo secondo Joker non abbia soddisfatto il pubblico, il quale si è trovato davanti un prodotto di due ore e venti – sempre per questa moda di fare film lunghissimi nella convinzione che la lunghezza sia sinonimo di qualità – che non riesce proprio a raggiungere la stessa intensità emotiva del primo, decisamente più elegante.
Un po’ come Logan – The Wolverine, Joker del 2019 aveva sorpreso per aver mostrato come il tema del cinecomic potesse essere anche qualcosa di più introspettivo del solito film di supereroi. Mostrava i reietti, gli incompresi, non i salvatori della Terra. Esplorava tematiche politiche e sociali, le ingiustizie, l’indifferenza verso chi è ai margini. Folie à Deux avrebbe dovuto proseguire la caratterizzazione del protagonista ormai bello che andato e l’introduzione di un nuovo personaggio, invece troviamo un uomo nuovamente vessato, patetico, quasi macchiettistico, e una Harley per nulla sfaccettata.
Prosegue la crisi d’identità di Arthur Fleck, il dualismo tra lui e Joker, i suoi traumi, ma tutto ciò lo avevamo già visto nel capitolo uno. Sappiamo che per Todd Phillips questa versione del villain non è quella del genio del crimine che tutti conosciamo, tuttavia adesso ci si aspettava uno sviluppo, un approfondimento. Ci si aspettava comunque Joker.
Anche la relazione tra i due personaggi fa acqua: il film si chiama Folie à Deux, quella condizione psichiatrica per cui avviene il trasferimento di un quadro delirante da un paziente a un altro, eppure non è proprio ciò che accade. Ma, a parte questo, la relazione tra i protagonisti parte davvero troppo in fretta e non sembra esserci neppure tutta questa connessione – tralasciando il rapporto tossico in cui lei dovrebbe rappresentare una donna soggiogata, qui quasi ribaltata. Un vero peccato poiché il tema del doppio e l’idea di un universo immaginario condiviso tra i due dove la musica rappresenta il loro riparo mentale poteva risultare interessante. A volte bisogna sapersi fermare.