Continua il nostro viaggio tra i connazionali residenti all’estero, dagli Stati Uniti all’Africa e all’Europa, un mondo di giovani e meno giovani, tutti insieme ad affrontare una pandemia che sta letteralmente sconvolgendo equilibri e certezze dal domani ignoto. Una preoccupazione che unisce a ogni latitudine con il pensiero rivolto al nostro Paese, dove le immagini delle famiglie passano attraverso un cellulare, un tablet, un pc, dove gli affetti e gli abbracci sono sostituiti dagli sguardi, dalle foto dei propri cari. I dati, seppur discutibili e inesorabili, a scadenza quotidiana, si sommano a quelli di tutto il mondo ma comprensibilmente con maggiore attenzione a quei Paesi dove risiedono amici e parenti, soprattutto figli e nipoti, un dramma che vorremmo vedere concludersi quanto prima.
È il turno, oggi, di due fratelli, Francesco e Andrea Bucceri, rispettivamente funzionario della Commissione Europea e biologo ed editore scientifico l’altro, residenti a Bruxelles e Londra. Le loro testimonianze manifestano, ancora una volta, il clima di preoccupazione ma anche di quell’aspetto comune che riguarda le città, trasformatesi in deserti silenziosi con cieli dai colori intensi e un’aria più pulita. Città mai viste così.
Francesco Bucceri, Bruxelles (Belgio)
29 marzo – La situazione a Brussels, cuore pulsante dell’Unione Europea, è apparentemente serena nonostante venerdì 27 sia stato annunciato il prosieguo del lockdown fino al 19 aprile. Le misure restrittive sono partite in ritardo rispetto all’Italia ma sembrano, a oggi e con i dati disponibili, essere riuscite a contenere il diffondersi dei contagi.
Devo ammettere di essere stato molto scettico all’inizio dell’epidemia sulla pericolosità di diffusione e di letalità del virus anche se, ben presto, mi sono dovuto ricredere. Il governo belga ha imposto varie restrizioni tra le quali la necessità di adottare la modalità di telelavoro per tutti coloro che ne abbiano la possibilità e l’apertura unicamente delle attività commerciali indispensabili (alimentari, farmacie, ecc.). Vi è la possibilità di uscire per fare attività fisica ma unicamente per il tempo strettamente necessario.
Vivere in un Paese diverso dal proprio in totale isolamento è sicuramente una prova piuttosto dura ma penso a tutti coloro che vivono un dramma familiare e personale ancora più grande. Mi ritengo comunque una persona fortunata e un privilegiato che, nonostante la situazione contingente, riesce a godere di buona salute, a fare la spesa (quasi tutti i prodotti sono disponibili giornalmente), a lavorare da remoto e a essere costantemente in contatto con i propri cari.
Le strade deserte, l’assenza della routine cosmopolita e un sole italiano in un cielo belga veramente meraviglioso, che puoi apprezzare però unicamente dalla tua finestra o dal tuo balcone, rendono l’atmosfera surreale. Nonostante tutto però non posso prescindere dalla mia natura ottimista e positiva. Credo che questo dramma umano ed economico possa, dopo aver curato le ferite e ristrutturato le macerie, migliorare e cementare quella solidarietà internazionale che rappresenta l’unica possibilità per uscire presto da crisi epocali di questo tipo.
Una piccola curiosità: è di ieri la triste notizia che annunciava il contagio da COVID-19 di una gatto da parte della sua padrona. I veterinari di Liegi stanno verificando l’effettiva natura del contagio e la possibilità che il virus possa realmente trasferirsi da uomo ad animale.
Andrea Bucceri, Londra (Inghilterra)
2 aprile – Ho sempre apprezzato fin da bambino i film di fantascienza o, in linguaggio moderno, Sci-fi. Ma se mi avessero detto, già solo sei settimane fa, che a causa di un virus respiratorio, tutte le scuole sarebbero state chiuse, tutti gli eventi sportivi sospesi o cancellati, che centinaia di milioni di persone nel mondo sarebbero entrate in quarantena e che i governi di tutto il mondo si sarebbero adoperati nel salvare l’economia mondiale con manovre economiche di diversi trilioni di euro o dollari, l’avrei presa come la trama per una nuova serie di Netflix.
Quando il coronavirus ha cominciato a espandersi in Europa e soprattutto in Italia nella seconda metà di febbraio, ho iniziato a capire che questo sarebbe stato ben presto un problema globale, visto il livello di movimento di persone tra i diversi Stati. Nel Regno Unito, in mancanza di leadership e di messaggi chiari dal governo britannico, le varie aziende hanno anticipato molto i tempi incentivando, e in alcuni casi obbligano, il lavoro da casa per i loro dipendenti.
Lavoro nel campo dell’editoria medico-scientifica e normalmente lo faccio da casa, anche se con frequenti viaggi in Europa per seguire conferenze e business meeting vari. A parte i viaggi, quindi, la mia routine lavorativa quotidiana non è cambiata molto. Per quanto riguarda la vita quotidiana nel Regno Unito, invece, il governo iper-populista e di estrema destra di Boris Johnson dapprima ha provato a sminuire il pericolo di questo nuovo virus e poi a cercare un modo per tenere bassi i numeri del contagio, arrivando persino a rivedere i criteri per accedere ai preziosi COVID-19 test. Tutto ciò per non rovinare ulteriormente un’economia già anemica e stagnante a causa dei preparativi per la Brexit. È stato quando i morti hanno iniziato a salire che il governo non è riuscito più a ignorare il problema, così ha dovuto mettere i suoi slogan post-elettorali da parte per affrontare il problema da adulti (o quasi!).
La quarantena forzata, anche se più lieve di quella italiana, è stata una decisione presa con poche ore di preavviso, poco più di una settimana fa. Questo provvedimento ha gettato inizialmente il Paese nel panico per i primi giorni. Molti si sono riversati nei supermercati per fare incetta dei prodotti per la sopravvivenza più strani, uno su tutti la carta igienica, ignorando il fatto che creare delle folle oceaniche fuori ai negozi non avrebbe certamente migliorato la situazione. Le consegne a domicilio dei vari supermercati, che prima funzionavano benissimo, sono andate in tilt per molti giorni. Le aggressioni alle forze dell’ordine a colpi di tosse da parte di chi non voleva rispettare l’isolamento sono diventate cosi numerose che le corti di giustizia inglesi hanno dovuto annunciare rapidamente che tossire in faccia a un poliziotto sarebbe stato considerato un reato penale con tanto di pena detentiva!
Le cose stanno lentamente migliorando dopo una settimana di panico da quarantena e le persone cominciano a tenere la distanza quando si incontrano per strada, anche se sono ancora troppi quelli in giro. Stasera alle 20, come ogni settimana, andrò sull’uscio di casa insieme al resto della popolazione britannica per applaudire tutto lo staff sanitario, che in questi giorni sta facendo l’impossibile per limitare i danni di questa crisi sanitaria. È un applauso che molti degli infermieri e dottori non riusciranno a sentire perché saranno ancora impegnati ad accudire i pazienti negli ospedali, ma è un modo per ricordare a tutti che dobbiamo molto al lavoro e al sacrificio di questi lavoratori impegnati in prima linea.
Dalla crisi spero che nasca una società più giusta ed equa con maggiore attenzione da parte di tutti i governi a salvaguardare la salute dei cittadini, visto che è l’unica cosa che non ha prezzo.