Laurea triennale in Biotecnologie presso l’Università di Udine, magistrale in Genomica Funzionale a Trieste e dottorato di ricerca in Scienze Biomediche preso il Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute, La Jolla, California, ad appena 25 anni dalla provincia di Pordenone al Massachusetts. È Alessandra Dall’Agnese, apprezzata ricercatrice nel campo della ricerca scientifica biomedica, che ha realizzato il suo sogno americano lavorando nel laboratorio di Richard Young, scienziato di fama mondiale, prima importante tappa di una carriera che certamente avrà sviluppi sempre più soddisfacenti e gratificanti, tanta è la determinazione di Alessandra e la consapevolezza di ciò che intenderà realizzare per il prosieguo del suo brillante percorso professionale già coronato da prestigiosi riconoscimenti negli USA e in Italia.
Dal Friuli agli Stati Uniti, una scelta volontaria o condizionata dagli studi?
«Le mie scelte sono sempre state finalizzate a realizzare il sogno della mia vita. Fin da piccola avevo il desiderio di far star meglio le persone malate, per questo motivo sono stata volontaria della Croce Rossa Italiana e Americana, oltre che dell’associazione di Clownterapia VIP (Viviamo in Positivo). I turni in ospedale e in casa di riposo per anziani, oltre che la malattia di mia nonna materna, mi hanno fatto riflettere e mi sono resa conto che c’era ancora molto lavoro da fare a livello biomedico per scoprire nuove e più efficaci cure. Ho deciso così di intraprendere una carriera nel campo della ricerca scientifica biomedica che non ha nazionalità, bensì è da considerarsi missione universale con lo scopo di scoprire quanto può essere di aiuto all’umanità. Nel mondo ci sono tanti centri di ricerca molto qualificati, ognuno di essi è caratterizzato da specialità particolari. Le scelte che mi riguardano, in riferimento al luogo nel quale condurre i miei studi e la mia attività, sono determinate dall’università o istituto di ricerca a essa affiliato in cui è presente la specializzazione del campo di mio interesse, con la convinzione che in quel luogo abbia la possibilità di apportare significativi avanzamenti a livello terapeutico. Ora lavoro al Whitehead Institute, istituto di ricerca affiliato al MIT (Massachusetts Institute of Technology) a Cambridge, USA, nel laboratorio di Richard Young, un professore riconosciuto a livello internazionale per i suoi studi sull’espressione genica che collabora con i migliori fisici, chimici e medici al mondo. La mia decisione di venire a Cambridge certamente è stata determinata dalla sicurezza di trovare un’elevata qualità di ricerca nel laboratorio del Prof. Young, sia in termini di strumentazione utilizzabile che per il tipo di studi multidisciplinari che avrei intrapreso sotto la sua guida».
Da due anni a Cambridge per il post-dottorato. Appena ultimato, quale sarà il prossimo obiettivo?
«Mi piacerebbe molto continuare la mia carriera in ambito accademico e interfacciarmi con aziende. Il mondo universitario mi affascina molto per due motivi: da un lato mi permetterebbe di infondere una maggiore passione per la scienza ai miei possibili studenti aiutandoli a scoprire il loro stesso potenziale, dall’altro mi permetterebbe di intraprendere ricerche scientifiche di base applicabili alla cura di malattie. L’interfaccia con le aziende, invece, mi consentirebbe di far sviluppare farmaci efficaci grazie alle mie conoscenze sia di base che applicate alla medicina».
Ritieni di realizzare i tuoi sogni di vita, anche quelli non strettamente legati al tuo futuro lavoro, negli USA?
«Certo, il mio sogno principale è quello di aiutare l’umanità tramite la ricerca scientifica biomedica e l’insegnamento e per il momento Cambridge è il posto ideale per il tipo di studi che sto intraprendendo. Mi ritengo molto fortunata perché ho molti amici con cui mi trovo bene, con loro condivido momenti di divertimento e tempo libero. Penso di poter asserire che, per le opportunità che mi sono date, gli Stati Uniti sono e saranno la nazione in cui vivere e lavorare».
Si parla sempre di sogno americano, delle possibilità che offre questa terra a chiunque abbia voglia di lavorare o studiare. Hai avuto difficoltà di inserimento?
«Mi ritengo molto fortunata perché non ho avuto difficoltà di inserimento nella realtà americana, dove il merito è sicuramente molto considerato e valorizzato. Cerco sempre di capire a fondo quali siano i miei obiettivi per scegliere il posto migliore per realizzarli. Ovviamente ogni posto ha i suoi vantaggi e svantaggi, io mi concentro sui primi e cerco di apportare modifiche per abbattere i secondi. In questo modo vivo una vita felice ovunque io sia».
Immagina di ricevere una telefonata dalla tua bella terra, il Friuli, che ti comunica la possibilità di un lavoro rapportato ai tuoi studi. Prenderesti il primo volo per l’Italia o declineresti l’offerta?
«Quando devo prendere decisioni così importanti faccio sempre una tabella in cui elenco gli aspetti positivi e negativi di ciascuna scelta e li ordino in base alle priorità. Successivamente scelgo l’opzione in cui gli aspetti positivi superano quelli negativi. Per il lavoro che faccio, sono abituata a ragionare su dati oggettivi e concreti, quindi per rispondere alla domanda: al momento non penso ci siano le condizioni per ricevere una tale telefonata».
Nel corso degli ultimi quattro anni hai ricevuto alcuni importanti riconoscimenti, tra i quali anche uno negli USA. Quest’anno, ad esempio, il Premio San Marco, mentre un quotidiano ha titolato Alessandra architetto del genoma. Una gran bella soddisfazione che premia l’impegno e la professionalità di una giovanissima scienziata. Come sono arrivati e come hai reagito a questi ambiti apprezzamenti?
«A essere sincera, ogni volta sono stupita e lusingata allo stesso tempo! Ricordo ancora uno dei primi premi importanti che ho ricevuto. Appena sveglia, come faccio sempre, controllo il cellulare per assicurarmi che parenti e amici stiano bene. Una mattina Facebook era impazzito, avevo ricevuto decine e decine di notifiche e messaggi privati da amici e non, inizialmente mi ero preoccupata perché non mi era mai successa una cosa del genere. Lessi subito e restai sbalordita nel vedere una mia foto (che in quel periodo era la mia foto profilo su Linkedin) in un articolo di giornale da cui apprendevo che il dott. Gianpaolo Biason, che non conoscevo, mi aveva nominata per il Premio dell’Anzul (Angelo), un premio dato dalla città di Cordenons a cittadini che si sono distinti in qualche campo. Il Premio dell’Angelo mi sta molto a cuore perché quando ero all’asilo volevo diventare un angelo, un’entità invisibile che dedica la sua esistenza ad aiutare le persone. Alla fine è così che considero ricercatori/ricercatrici, dottori/esse, infermieri/e: angeli che lavorano sodo e fanno molti sacrifici per far sì che le persone malate possano stare meglio. L’ultimo, in ordine cronologico, è stato il prestigioso Premio San Marco, conferito dalla città di Pordenone a cittadini illustri. Sono veramente molto grata e onorata di tutto il supporto che le persone mi stanno dimostrando. Non me lo sarei mai aspettata e spero di essere all’altezza delle loro aspettative!
Mentre per i premi italiani sono nominata da qualcuno che, anche senza conoscermi di persona, mi onora della sua stima, per quanto riguarda la maggior parte dei riconoscimenti americani, essi mi sono assegnati dopo che una commissione di scienziati valuta i vari lavori presentati da numerosi candidati. Il mio ultimo progetto, che mi è valso una cospicua borsa di studio da parte della Hope Funds for Cancer Research, ha lo scopo di studiare i cancri difficili da curare al fine di sviluppare nuovi farmaci. Non nascondo la mia gioia per essere ora io stessa un membro Hope Funds for Cancer Research.
Sono molto grata anche ai giornalisti che, come te, dimostrano interesse in ciò che faccio e mi seguono in questo mio percorso di avanzamento della ricerca. Colgo l’occasione, attraverso l’intervista di oggi per cui ti ringrazio molto, per spiegare che la mia vita sembra tutta rose e fiori visti i miei conseguimenti, ma in realtà si tratta di un duro e continuo lavoro in cui la demotivazione fa capolino a ogni fallimento, tuttavia cerco di non abbattermi e di trarre sempre il meglio da ogni situazione per raggiungere i miei obiettivi e, una volta raggiunti, sono pronta per i prossimi che sono più importanti e ambiziosi dei precedenti. Sono davvero molto grata a tutti coloro che mi supportano e mi sostengono con il loro affetto, grata anche ai lettori che vorranno scoprire la mia storia. Mi piacerebbe che tutti/e facessero propria la mia filosofia di vita: invece di abbatterti concentrati sul miglioramento possibile. Ad maiora!».