Ammettiamolo: chi di noi, tra quelli che hanno seguito la crisi di governo degli ultimi giorni, non ha pensato che, al posto di Giuseppe Conte, salirebbe di nuovo al Colle, ringrazierebbe il Capo dello Stato, saluterebbe i leader politici e tornerebbe al suo lavoro, lasciando perdere questo pazzo susseguirsi di eventi? Forse, ci fermerebbe il senso di responsabilità di fronte al quale, in tempi di pandemia, non si può fare finta di niente. O, probabilmente, ci fermerebbe il fatto che lasciar perdere vorrebbe dire darle vinta a chi, in maniera squilibrata e irrispettosa nei confronti del momento che viviamo, ha avuto il coraggio di innescare la crisi. In ogni caso, la tentazione sarebbe davvero forte.
Invece, tre delle quattro forze di maggioranza si stringono attorno al Premier dimissionario chiedendo un Conte ter, mentre il Presidente Mattarella ha conferito mandato esplorativo a Fico affinché verifichi che si possa ripartire proprio dalla maggioranza uscente: M5S, PD, LeU, IV e il neonato gruppo europeista dovranno confermare al primo grillino Presidente della Camera se vorranno rinnovare l’alleanza e, soprattutto, se confermeranno la loro compattezza sul nome di Giuseppe Conte.
Pur con tutti i limiti dello scorso Governo, gli errori commessi, le differenze tra i partiti a sostegno, infatti, il problema resta sempre lo stesso e ha un nome e un cognome precisi: Matteo Renzi. Mai si era visto un politico – proprio quello che più di tutti dice di non essere populista – sfruttare il Quirinale come palco per un comizio al cospetto del quale Berlusconi, che nel 2018 tradusse nel linguaggio dei segni quanto affermato da Salvini, appare appena un dilettante. Soprattutto – ma questo è un altro discorso – mai si era visto un senatore della Repubblica pagato da un regime, quale quello saudito, per intervistare e tessere le lodi del principe di quel regime, mentre in Italia alla crisi sanitaria, economica e sociale si affiancava quella politica, da lui stesso innescata. Ma diciamocela tutta: perché sorprendersi dell’invidia che tal senatore nutre nei confronti del costo del lavoro in Arabia, trattandosi dello stesso soggetto che ha abolito l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e ha destabilizzato i contratti a tempo indeterminato? Sorprendiamoci, invece, del perché una come Teresa Bellanova, cresciuta tra i campi, accetti quelle parole: una vera vergogna.
Ed eccoci, appunto, a Teresa Bellanova: l’attuale crisi è nata proprio dalle dimissioni sue e da quelle di Elena Bonetti, seguite dalle continue pretese di IV, dal voto di fiducia in Parlamento nei confronti dell’esecutivo e, poi, dal congedo dell’inquilino di Palazzo Chigi nel timore che le Camere non avrebbero approvato la relazione di Bonafede sulla giustizia. Ma ora procediamo per ipotesi: partiamo da un governo di unità nazionale. Nessuna forza parlamentare si dice disposta ad appoggiarlo, a eccezione di Italia Viva e di parte del centrodestra. Quest’ultimo, infatti, presentatosi compatto dinanzi a Mattarella, chiede un ritorno al voto ma due indizi ci portano a pensare che Lega e Forza Italia non escludano l’opzione: intanto, l’idea di valutare con il massimo rispetto ogni decisione che spetta costituzionalmente al Capo dello Stato all’esito delle consultazioni in corso espressa da Salvini dopo l’incontro al Quirinale e poi le parole riportate da Vitali, l’onorevole berlusconiano che nel giro di una notte è passato in maggioranza e poi ripassato all’opposizione, che ha affermato di essere stato rassicurato direttamente dall’ex Cavaliere e dal leader del Carroccio sull’inconsistenza dell’ipotesi voto.
L’altra opzione, infatti, è proprio il ritorno alle urne: Fratelli d’Italia lo chiede a gran voce, anche la Lega, nonostante quanto affermato poc’anzi, ma potrebbe rivelarsi la soluzione migliore persino per PD, M5S e LeU – qualora non si desse vita al Conte ter – per liberarsi una volta per tutte di Renzi. La soluzione auspicata dal Premier uscente, invece, è un esecutivo da lui guidato con una quarta gamba che sostituisca Italia Viva: tuttavia, le oggettive difficoltà nel trovare i responsabili e la richiesta del Presidente della Repubblica di una maggioranza ampia rendono complicata tale possibilità, al punto che, dopo le consultazioni, la delegazione M5S ha riaperto ai renziani.
Ed ecco che arriviamo alla verifica di queste ore: un Conte ter con la maggioranza uscente. Considerando che non si potrà fare finta che non sia successo nulla, o Renzi cessa con le pretese oppure le altre forze alleate saranno costrette a cedergli qualcosa. Se, infatti, è certo che in Parlamento non ci sarebbero stati i voti per approvare la relazione del Ministero di punta dei grillini, guidato dal pentastellato meno digeribile per IV, come si può pensare che si possa continuare sulla stessa linea con il rischio di trovarsi nuovamente in stasi tra qualche mese?