Il nostro Direttore, Alessandro Campaiola, ha intervistato per Sellerio, la celebre casa editrice di Palermo, lo scrittore Giampaolo Simi in merito all’uscita del suo ultimo romanzo, La ragazza sbagliata.
Si ringrazia Sellerio per aver concesso a noi di Mar dei Sargassi la possibilità di utilizzare questo bel confronto con l’autore toscano.
Fonte: http://sellerio.it/it/catalogo/leggi.php?id=9368
Iniziamo rivolgendoci a chi ancora non ha avuto la possibilità di leggere il libro. Incuriosiamolo! Di cosa tratta La ragazza sbagliata?
«Di un giornalista che ha paura della verità. Di una colpevole che non ha sensi di colpa (il corto circuito verbale è voluto). Di una donna magistrato che non si fa illusioni sulla giustizia. E dell’imprevedibile rapporto che si crea fra di loro.»
I grandi temi del romanzo sono “il tempo” e “la verità”. Cominciamo dal primo: nella narrazione il tempo non scappa via, ritorna, si lascia raggiungere, si veste di un nuovo significato, si concede un epilogo alternativo. È davvero possibile tutto ciò o accade solo nei libri di Giampaolo Simi?
«Accade ogni volta che si racconta una storia e qualcuno rimane lì a leggerci o ascoltarci. Raccontare è sempre sfidare il tempo, perché l’arte del racconto lo dilata e lo deforma. Nella narrazione il tempo che ci siamo lasciati alle spalle per sempre non è mai perduto per sempre, anzi, è l’unica maniera che conosciamo per portarlo con noi. Raccontare il nostro passato può cambiare il nostro futuro. Ed è quello che succede ai protagonisti de La ragazza sbagliata.»
Anche “la verità” muta più volte, si differenzia dalla prospettiva da cui la si osserva, addirittura si nasconde, al contrario della sua stessa definizione. Può davvero fare così paura, tanto da necessitare di tutte le maschere di cui si veste?
«Sì, la verità ci fa paura, perché intimamente lo sappiamo tutti: la verità non dovrà mai rendere conto a noi e al nostro bisogno di dare un senso a quello che ci accade. Succede così che ognuno di noi possa mettersi a guardarla selezionando e inquadrando solo quello che conferma una ricostruzione parziale, ma almeno accettabile e dotata di senso. Non siamo quindi in malafede. O meglio: in qualche modo abbiamo bisogno di ingannare innanzitutto noi stessi. Ogni personaggio del romanzo in fondo fa questo. Ciò che crede non è falso, è solo una sfaccettatura di una verità più complessa.»
Quanto ha inciso su questi due elementi e sull’intera vicenda narrata il periodo storico in cui es- sa è ambientata, il 1993?
«Non mi interessava un cold case fine a se stesso. Mi interessava una vicenda controversa che ci mostrasse quanto le vite di noi tutti siano state cambiate, talvolta sconvolte, da quello che successe fra il 1992 e il 1993. La nostra generazione aveva una vita davanti, era l’alba dell’era digitale, l’idea di Europa unita stava crescendo, per la prima volta in Italia c’era una forte indignazione contro la corruzione dilagante e il cancro delle mafie. E invece non siamo riusciti a influire veramente nella Storia. Siamo stati ingannati o forse non siamo stati abbastanza consapevoli di quello che ci accadeva intorno. Le decisioni importanti sono state prese a un altro livello, molto più basso e oscuro o molto più alto e irraggiungibile.»
Passiamo ai personaggi partendo dal protagonista. Dario Corbo, giornalista sulla soglia dei cinquanta, Le somiglia? In cosa? E da dove nasce?
«Diciamo così: potevo sicuramente diventare Dario Corbo. Come accade a tutti i ragazzini che hanno inclinazione per l’italiano e la scrittura, a un certo punto fare il giornalista era sembrata un’opzione naturale, la prima che ti veniva consigliata. Ho bazzicato un po’ le redazioni locali, ho preso la tessera da pubblicista a ventuno anni, ma poi la vita ha deciso diversamente. Quindi, Dario Corbo rappresenta una mia biografia alternativa. In un universo parallelo, il ragazzino che ero ha continuato a bazzicare la redazione da galoppino del nerista e poi è stato assunto.»
Il suo romanzo ha un andare cinematografico, pertanto, parliamo dell’attrice non protagonista, Nora. Lei, presunta assassina, diventa attrattiva, genera empatia, vicinanza, a tratti compassione, in Dario quanto nel lettore. Perché secondo Lei?
«Me lo sono chiesto anch’io, giuro. Provo a fare delle ipotesi. Primo, perché comunque non è un’impunita. Secondo, può sembrare un paradosso, perché non reclama mai la propria innocenza, non è mai animata da un risentimento feroce verso qualcuno. Terzo, perché è una che in carcere è cresciuta, è diventata diretta, empatica, saggia. Quindi è un personaggio dalla biografia eccezionale (nel senso di del tutto fuori dal comune e da qualsiasi regola).»
La Versilia è il Suo posto nel mondo, e il suo essere terra multiforme le conferisce un carattere forte, al pari dei personaggi. Conosciuta per le proprie spiagge da vip watching, nel romanzo è l’entroterra roccioso a essere protagonista. Quanto è importante e quanto aiuta scrivere dei propri luoghi?
«Il luogo in cui nasci o vivi a lungo plasma innanzitutto il tuo modo di raccontare e il tuo linguaggio, esattamente come una zona geografica seleziona un tipo di flora e fauna. Non so, magari anche il mio modo di scrivere ha qualche assonanza con una terra che è liscia, piana, regolare e poi di colpo si impenna, diventa dura e spigolosa.»
Il libro marca molto le differenze tra il 1993 e oggi, quando per telefonare c’erano le schede telefoniche e non si era sempre rintracciabili. Tali diversità hanno cambiato tutta la nostra vita, così come le indagini giudiziarie e il ruolo stesso del giornalista. Lei, potesse scegliere, a quale delle due realtà si affiderebbe?
«Sommando pro e contro, preferisco comunque la realtà odierna. Venti o trenta anni fa ci si affidava molto di più al “fiuto” degli investigatori, alla loro conoscenza dell’ambiente e alla loro rete di conoscenze. Ma questo naturalmente riposava sulla condizione indispensabile che l’investigatore avesse davvero fiuto e fosse integerrimo. Diversamente, un’indagine aveva molte più possibilità di prendere una piega disastrosa. Nel romanzo si parla anche di come la prova scientifica vada contestualizzata, non possa essere presa come “verità assoluta”. Ritengo però che oggi la tecnologia fornisca strumenti per verifiche oggettive che possono permettere di evitare gli errori più clamorosi. Questi strumenti oggi sono più facilmente a disposizione non solo dell’accusa, ma anche della difesa di un imputato.»
Qual è la suggestione che Le ha ispirato La ragazza sbagliata?
«È nelle prime pagine del libro. L’immagine di una festa sulla spiaggia, gente che balla a piedi nudi sulla sabbia, le grandi Apuane sullo sfondo che sembrano proteggere questo angolo d’Italia dai venti freddi. Anzi, da tutto. E invece, sotto quella sabbia morbida, in Italia le faglie di un potere oscuro e sotterraneo mandavano tremori profondi e inquietanti, provocavano eruzioni di tritolo. Quelle scosse faranno crollare anche le vite di giovani ricchi e fortunati, gente che sembrava destinata al successo, alla libertà e alla realizzazione di se stessa. Persone che sembravano fuori pericolo e al sicuro, e che invece diventeranno ciascuno a suo modo Anime Salve, nel senso che De André e Fossati hanno dato a questa espressione.»
Tornando al carattere filmico della narrazione, Lei che lavora a stretto contatto con la TV, ha mai pensato a un probabile approdo del romanzo sugli schermi?
«Proprio perché collaboro anche a qualche fiction, quando lavoro a un romanzo sono felice di non scrivere qualcosa che debba essere recitato o filmato. Mi godo questa maggiore libertà e non penso a nient’altro. Devo però aggiungere una cosa: la letteratura sembra al momento aver accettato passivamente una forbice fra quello che può funzionare nel mass market (prosa scolastica, trama esile, colpi di scena ridicoli, idee vecchie mal riciclate) e il romanzo d’autore (destinato a non diventare mai davvero oggetto pop e quindi influente). Alcune serie tv invece sono l’avanguardia di una narrazione potenzialmente popolare e diretta a un pubblico molto trasversale ma rigorosa, per niente banale e capace di innovazione, di sfumature e di complessità. Per me sono opere come Broadchurch, Happy Valley, The Night Of, The Affair, Masters of Sex o Boardwalk Empire. Ho l’impressione che i Dickens di oggi lavorino lì, quindi cerco di imparare il più possibile da loro, questo sì.»
Restando in tema, possiamo aspettarci un continuo, nuovi sviluppi, nuove verità da Dario Corbo, o ha altri progetti per il Suo futuro letterario?
«Restando in tema, il finale de La ragazza sbagliata è pensato proprio come il finale di stagione di una serie tv. Questo significa che ho ancora voglia di scrivere di questi personaggi. Se ci sarà un nuovo capitolo con Dario Corbo però sarà solo il pubblico a deciderlo. Proprio come nelle serie tv.»