In California, la stagione degli incendi è tornata e numerosi ettari di terreno stanno bruciando. Come ogni anno, periodicamente si accendono indomabili roghi nelle zone più calde e secche del nostro pianeta, così ci siamo ritrovati spesso a parlare delle fiamme che hanno distrutto l’ecosistema australiano o quello amazzonico. Di anno in anno, però, sembra che i fuochi aumentino, che la loro estensione e la loro frequenza crescano e che diventino sempre più difficili da arginare. E le impressioni si rivelano verosimili, così come appare evidente che l’uomo sia, in modi diversi, il fattore scatenante.
Sono più di 27mila le persone evacuate dalla Cherry Valley, la vasta zona a est di Los Angeles divorata da fiamme selvagge. L’incendio è stato segnalato lo scorso venerdì, ma come ogni rogo dell’area interessata in questo periodo dell’anno, è destinato a durare parecchi giorni. Al momento è stato in grado di coprire una porzione di territorio pari a 108 chilometri quadrati nel giro di due notti e ora, mentre il compito dei vigili del fuoco è quello di contenerlo più che di domarlo, si attende l’ondata di caldo che investirà tutta la regione e non darà tregua agli abitanti californiani. Attualmente, sta minacciando le abitazioni di 2500 famiglie ed è stato chiamato Apple Fire. In realtà, non è diverso da altri incendi scoppiati negli ultimi anni e le sue dimensioni hanno sicuramente molto a che fare con il clima e la vegetazione della zona, inclini alla nascita dei grandi incendi registrati praticamente da sempre. Eppure, è difficile abituarsi se la situazione è destinata a peggiorare.
Nel corso della storia umana, infatti, la presenza delle catastrofi naturali è sempre stata una costante, qualcosa che periodicamente accadeva e alla quale la nostra specie era in grado di sopravvivere, adattandosi all’ambiente e superando gli ostacoli che non ne hanno mai fermato l’evoluzione. Epidemie, terremoti, incendi ed eruzioni vulcaniche, tutti eventi isolati nel loro presente ma che, alla luce della prospettiva storica, si sono rivelati una naturale variabile che ha messo alla prova l’uomo e che non l’ha mai sconfitto. Che qualcosa adesso stia cambiando è però evidente, perché sembra che le calamità dalle quali cerchiamo di tutelarci aumentino e avvengano contemporaneamente, senza darci tregua.
Ancora alle prese con la crisi sanitaria, infatti, mentre il caldo estivo diventa sempre più atroce e la siccità un pericolo crescente, in California bruciano le foreste in modo molto simile a come accadeva pochissimi mesi fa in Australia. Si tratta di zone predisposte alla formazione delle fiamme, ambienti in cui la vegetazione è secca e il clima abbastanza caldo da infiammarsi con una semplice miccia involontaria, un fulmine o una scintilla. E allora cosa è cambiato?
È dal 1932 che si tengono registri affidabili sugli incendi californiani. Secondo i dati raccolti nell’arco di questi novant’anni, nove dei dieci incendi più grandi si sono sviluppati a partire dal 2000. È facile, forse, attribuire la colpa al caldo crescente o ai venti secchi che alimentano le fiamme, senza però chiedersi cosa ci sia dietro. La risposta, in realtà, alle calamità che non accennano a fermarsi è sempre la stessa: l’uomo. La più grande e pericolosa piaga che minaccia effettivamente le nostre vite – anche se sembra non importarci – è il cambiamento climatico. E contrariamente alle idee dei negazionismi o di chi attribuisce le cause del riscaldamento globale a un naturale mutamento della Terra come giù accaduto in altre ere geologiche, in realtà ciò che sta accadendo è del tutto responsabilità umana.
Dalle fabbriche che inquinavano l’aria nel 1800, all’elevato rilascio di CO2 di qualunque attività contemporanea, è sempre l’uomo la causa dei disastri. Se il clima è più caldo e si sfiorano i 40 gradi, se i venti secchi del Diablo e Santa Ana aumentano la durata della stagione degli incendi, la colpa è di quell’aumento delle temperature globali che l’uomo ha creato con le proprie mani, che ha alimentato con le proprie scelte e a cui sembra di non voler rimediare. È stato dimostrato da ogni fonte scientifica affidabile, è stato accettato da alcuni governi, ma i provvedimenti che tentiamo di intraprendere sono troppo flebili e arrivano sempre troppo tardi, forse in realtà volutamente inconsapevoli delle tragedia a cui andiamo incontro e che stanno già iniziando a manifestarsi.
L’abbiamo detto tante volte, e non ci stancheremo mai di dirlo: il tempo a nostra disposizione per migliorare il futuro che ci attende è molto poco e la natura sta provando a dircelo in tutti i modi. Se non abbiamo la possibilità di riprenderci da una crisi perché ne scoppia un’altra, se non riusciamo a spegnere un incendio prima che ne divampi un altro, non è perché la natura, stanca dei suoi abitanti ingrati, ha deciso di non darci pace. È perché siamo noi a non voler darle tregua.