È un giorno di festa a Napoli, è un giorno di festa a Scampia. La pioggia che nei giorni precedenti ha inondato la città all’ombra del Vesuvio con intense e violente precipitazioni quest’oggi si è fatta da parte. Il sole torna a baciare il quartiere, la gente esce di casa.
Via Hugo Pratt e via Fratelli Cervi sono insolitamente affollate per essere un comune mercoledì mattina, le voci squillanti dei tanti bambini e i ragazzi che già calpestano l’erba fanno intendere che, almeno per stavolta, la scuola li ha attesi invano all’appello della prima campanella. Il prato che le loro scarpette chiodate calcano è quello del neonato stadio Antonio Landieri.
Se tutta questa premessa non vi dice ancora nulla, non vi accende il cuore e gli occhi di gioia, allora, dovete assolutamente fermarvi per qualche minuto e ascoltare la storia che segue.
È il 2004. Scampia è un inferno di fuoco e pistole, la piazza di spaccio più grande d’Europa è solcata da lampi di elettricità che si avvertono in ogni dove. Uscire di casa spaventa, chiudersi dietro le proprie mura non rassicura. La faida tra il clan Di Lauro e gli Scissionisti è nel vivo della sua guerra. Gomorra è reale. I morti ammazzati non si contano più, se ne piange uno ogni tre giorni. Decine e decine di persone pagano la sola colpa di essere nate in un quartiere dimenticato.
Una di queste è Antonio Landieri, venticinque anni. Ama il calcio, ama il Napoli, ma non può fare goal se non con le mani. Antonio è afflitto da una disabilità che lo costringe a una ridotta mobilità. Il biliardino è il suo campo da gioco, anche quel disgraziato pomeriggio del 6 novembre. Un agguato straccia la notte. I suoi amici riescono a scappare, lui non può correre e i proiettili lo raggiungono senza lasciargli scampo. Cercavano i rivali di un’insensata, criminale e folle battaglia e hanno trovato dei giovani intenti a trascorrere un pomeriggio di svago.
Sono passati tredici anni da quel giorno indelebile, tredici lunghe stagioni di battaglie portate avanti dalla famiglia Landieri per far riconoscere quel loro ragazzo vittima innocente della criminalità organizzata. In suo onore sono già sorte diverse realtà, VoDiSca è una di queste. La testimonianza dei parenti, su tutti la mamma e il cugino, Rosario Esposito La Rossa, diventa una luce di speranza, un faro che illumina la strada di tanti che quella via buia impareranno a riconoscerla e a evitarla.
È un’altra Scampia tredici anni più tardi, nel 2017. Le associazioni nate sul territorio hanno, nel frattempo, creato una rete che risulta già la più fitta d’Italia. Per i nuovi adolescenti la camorra non è più l’unica risposta a una vita che sembra non offrire altra possibilità.
Oggi è l’8 dello stesso novembre che ha tolto il futuro ad Antonio, a Scampia si inaugura un campo di calcio regolamentare in suo nome. Antonio ha vinto. Antonio vive.
Alla presenza delle autorità comunali, dell’Assessore Alessandra Clemente, del Sindaco di Napoli Luigi De Magistris e della famiglia Landieri al completo, con un altro, piccolissimo Antonio che, nel nome di quello zio che lo osserva dall’alto, magari già sogna di far goal in una delle porte, una folla di centinaia di persone, operatori della comunicazione e curiosi corre sull’erba sintetica di quel nuovo centro dell’area nord partenopea, un prato che si forgia di un altro significato di vitale importanza, un prato ricavato interamente da oltre diecimila carcasse di pneumatici sottratti alla Terra dei Fuochi.
È un giorno di festa a Napoli, è un giorno di festa a Scampia. Ci si ritrova tutti lì, una sola famiglia allargata, come attorno a un’unica accogliente tavola. Non ci sono maglie o bandiere, la squadra vincente è quella che lotta contro chi ha dato il via a tutto questo.
Questa città si è schierata. Questa città è schierata. – afferma il Primo Cittadino partenopeo De Magistris – Non è indifferente, non si gira dall’altra parte. Oggi, tredici anni dopo, il nostro obiettivo è quello di non cancellare la memoria. La nostra è una città che si è unita nelle sofferenze. Bisogna guardare al dopo. Ai ragazzi, dico, dovete difendere questo campo con i denti, non solo giocarci a pallone. È un luogo che dev’essere vostro. Napoli oggi ha dimostrato che è una sola grande città.
Si insegna la dignità a Scampia, si insegna senza la presunzione di provarci nemmeno. La vita, tra le Vele e i palazzi che ospitano gli abitanti del posto, è ferma nel passato, a giorni fatti di sguardi, di abbracci, di solidarietà, di affetto, di condivisione. I like si esprimono nei baci che ci si scambia per strada, i commenti riempiono i luoghi, le vie, le piazze.
Gli sarebbe bastato un passo. Sono queste le uniche parole che il medico che ha effettuato l’autopsia sul corpo esanime di un giovane Antonio Landieri ha confessato alla famiglia dopo aver svolto il suo crudo lavoro. Oggi Antonio cammina, corre, fa goal.
È un giorno di festa a Napoli, è un giorno di festa a Scampia.