Inaugurata il 29 maggio e con scadenza gennaio 2022, Impressionisti. Alle origini della modernità è la grandiosa mostra in programma al museo MA*GA, Museo d’Arte Gallarate, in provincia di Varese, con oltre 180 opere dei più celebri rappresentanti dell’Impressionismo, corrente artistica sviluppatasi in Francia nella seconda metà del XIX secolo.
La rassegna è a cura di Emma Zanella, direttrice del museo, Sandrina Bandera, Presidente, e Vincenzo Sanfo, ed è promossa da Fondazione Silvio Zanella – Museo MA*GA e dal Comune di Gallarate, con la collaborazione di RJMA Progetti culturali e Diffusione Italia International Group, di Regione Lombardia e di Fondazione Cariplo. Danno, inoltre, il loro contributo critico Rosa Barovier, Fiorella Minervino, Paolo Castagnone, Virginia Hill, Gilles Chazal, Gonzalo Fernández Prieto.
Circa sessanta artisti senza tempo, personalità del calibro di Gericault, Courbet, Manet, Monet, Renoir, Cézanne, Gauguin, Boldini, De Nittis, Degas, Sisley, Pissarro, Van Gogh, Corot, racchiusi in disegni, incisioni, dipinti e sculture provenienti dalle più belle collezioni pubbliche e private italiane e francesi.
L’Impressionismo – assieme al Realismo e al Post-Impressionismo – rappresenta senza dubbi un fondamentale spartiacque artistico, la definitiva uscita dell’arte dal regno del mito e la sua compromissione con la vita moderna, terreno in cui cercare la nuova bellezza, per dirla con le parole di Emma Zanella, scritte all’interno del catalogo. Era il 1874 quando si tenne a Parigi, nello studio del fotografo Nadar, la prima mostra ufficiale impressionista, a titolo gratuito. Si trattava di un gruppo di artisti dall’atteggiamento fortemente antiaccademico, contro la cultura tradizionale e contro il Salon che aveva rifiutato le loro opere.
Lo stesso termine impressionismo venne coniato da un’affermazione del critico Leroy che, osservando il dipinto di Monet Impression. Soleil Levant, lo definì in chiave dispregiativa un’impressione, nel senso di incompiutezza. Gli esponenti di tale corrente sfidarono gli stilemi artistici del tempo, portando alla luce una pittura di rottura, una pittura rivoluzionaria. Intendevano rappresentare la soggettività dell’artista, le sensazioni che uno stimolo esterno suscita nell’io, dipingendo prevalentemente en plein air e conferendo maggiore rilevanza al colore più che al disegno.
Il percorso espositivo si snoda in diverse sezioni, ognuna delle quali è introdotta dal titolo di un’opera letteraria dell’Ottocento, in una sublime relazione tra più tipologie di arte. Per l’appunto, è Correspondances – poesia tratta da Les Fleurs du mal di Charles Baudelaire, del 1857 – la prima sezione della mostra. Qui è indagato il complesso rapporto tra uomo e natura, idilliaco e incomprensibile, e sono esposti i capolavori di Claude Monet, Alfred Sisley, Gustave Courbet e molti altri. Come Petit paysage de mer (1872) di Courbet, tra i maggiori esponenti del movimento realista, poiché intendeva rappresentare la realtà priva di classicismi, bensì nuda cruda.
In Le Ventre de Paris, romanzo di Émile Zola del 1873, lo spettatore potrà contemplare l’asprezza e la disillusione sia della vita rurale che di quella urbana, ammirando ad esempio La barricade (1871) di Éduard Manet o La faneuse (1890) di Camille Pissarro. Si prosegue con La Comédie humaine (1830-1856), insieme di vari scritti di Honoré de Balzac. Sono i ritratti a padroneggiare, quelli di artisti, scrittori, critici, compositori, letterati, poeti. Personalità di spicco nella società parigina del tempo, che hanno contribuito alla diffusione dell’Impressionismo. Tra i tanti spiccano, quello del pittore e incisore Felix Bracquemond realizzato da Édouard Manet o quelli di Wagner eseguiti da Pierre-Auguste Renoir e da Pierre Bonnard.
In Le Peintre de la Vie Moderne (1863), raccolta di saggi di Baudelaire, il tema centrale riguarda la modernità e le trasformazioni sociali e tra gli esponenti vi sono Auguste Renoir, Berthe Morisot, Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini e Federico Zandomeneghi. Ad accompagnare le opere anche oggetti simbolo della nuova epoca, come le ceramiche di Braquemont, i vetri di Emile Gallé e alcuni preziosi abiti da cerimonia originali di fine Ottocento, provenienti da collezioni private italiane e francesi.
Nella sezione À Rebours (1884), romanzo di Joris-Karl Huysmans, un posto d’onore va ad artisti del Post-Impressionismo quali Henri de Toulouse-Lautrec, Edgar Degas, Paul Cézanne, Vincent Van Gogh o Paul Gauguin. Sono loro, difatti, quelli controcorrente, coloro che carpiscono le lezioni impressioniste per poi distaccarsene, portando avanti percorsi indipendenti e ponendo le basi di quelle che saranno le cosiddette avanguardie. Se lo stile sintetista di Gauguin anticipò il Simbolismo, Cézanne, con il suo colore solido e pastoso, fu anticipatore del Cubismo, mentre Van Gogh gettò le basi dell’Espressionismo, in particolare quello tedesco.
Fa da cornice una location inestimabile, sorta nel 1966 e che conserva oggi oltre 5mila opere d’arte tra dipinti, sculture, installazioni, libri, fotografie, ceramiche, oggetti di design e grafiche, dalla metà del XX secolo ai giorni nostri. Per l’occasione, ogni spazio museale è stato sapientemente riorganizzato da Angelo Jelmini. La mostra ha ottenuto, inoltre, il riconoscimento della Medaglia del Presidente della Repubblica.
Per maggiori informazioni visitare il sito: https://impressionisti.museomaga.it/