Il docufilm Viaggio nell’anima, di recente realizzato dal poeta Ciro De Novellis, è un invito a riflettere intorno ai temi presenti nel suo libro Il senso dell’attesa, edito nel 2018 dalla casa editrice La parola abitata, un testo – dedicato al fratello Francesco con i versi del poeta Andrea Zanzotto – dal quale l’autore parte per accompagnarci nel racconto della sua ricerca poetica e filosofica.
Quest’ultima, in effetti, ha radici lontane che partono dalla formazione scientifica di De Novellis, rafforzata dai contributi della sua produzione artistica e letteraria e, in seguito, anche dall’attività etnologica, svolta sul campo attraverso l’osservazione partecipante delle tradizioni popolari e soprattutto della loro semiologia, quei segni della comunicazione verbale che rimandano ad aperture di senso su ciò che esiste al di là degli spazi e dei tempi storici.
La prima presentazione pubblica dell’opera filmica è avvenuta il giorno 11 di aprile, in un evento prodotto dall’archeologa Anna Abbate – a cui va il merito di aver prodotto anche altri lavori di De Novellis – e si è svolta nella straordinaria sede monumentale della Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli. Alla serata, condotta dal poeta e filosofo Mimmo Grasso, hanno partecipato scrittori come Vittoria Caso e Antonio Salzano, presenti anche nel docufilm, insieme all’attrice Roberta Principe, alla poetessa Alfonsina Caterino e alla voce narrante del poeta Rodolfo Lettore.
Significativo è stato, inoltre, il contributo del filosofo Giuseppe Tortora che ha scritto e poi interpretato la prefazione al docufilm, richiamando l’attenzione del lettore/spettatore sul coraggio esistenziale e filosofico presente nel racconto di De Novellis, che rischia la perdita dei rassicuranti punti di riferimento che costituiscono gli elementi di stabilità dell’ordinato vivere quotidiano. Il Viaggio nell’anima dell’autore, infatti, parte dalle forme elementari e vitali dell’esistenza dell’uomo e della natura nella quale è immerso per evocare le istanze intellettuali profonde apparse, addirittura, nel periodo che Aristotele considerava come quello dell’origine del pensiero filosofico. Non è per caso, quindi, che il racconto si sofferma, tra l’altro, sul pensiero del presocratico Anassimandro (VI secolo a.C.) e sul concetto dell’ápeiron, inteso come principio illimitato, indefinito ma originario e costitutivo di quel Tutto da cui appare l’essere e a cui ogni cosa ritorna.
Anche i poeti Costanzo Ioni e Vincenzo De Simone, assieme agli altri spettatori/protagonisti del docufilm, hanno sottolineato la dialettica tra finito e infinito presente nella ricerca filosofico-poetica dell’autore, portata avanti da una scrittura colta, solida e articolata che è il risultato – ovviamente parziale e abitato dal dubbio – di un lungo cammino per i vari campi del sapere e dei processi culturali, anche se incentrato sull’arte e sulla possibilità dell’accadimento poetico.
Il Viaggio di De Novellis, insomma, è chiaramente descritto come il processo evolutivo che si compie nel simile con il simile, e qui si riconosce la consapevolezza dello studioso nel fare i conti con la soggettività – umana, troppo umana! – e i suoi limiti spazio-temporali e nell’accettarli, perché fanno parte di quel qui e ora dal quale muove ogni possibile passo la riflessione sull’essere al mondo degli uomini nel loro ambiente vitale.
Al di là della conoscenza logico-discorsiva offerta dal pensiero filosofico, l’arte e la poesia, comunque, costituiscono una forma della creazione spirituale dell’uomo che si lascia sedurre da quell’infinito costituito dal macrocosmo di cui noi e il nostro pensiero siamo parte finita, ma che viene evocato da quell’altro infinito che si trova nell’abisso del microcosmo interiore e dal quale nasce ogni necessità/desiderio di conoscenza dell’Altro da sé.