Informazioni sul lemma: il padre dei bambini allude all’organo genitale maschile, del quale nel dialetto napoletano si ha un ventaglio di sinonimi piuttosto variegato. Da questo mese, la lista si avvale di una sorprendente new entry, ovvero il Pulcinella di Gaetano Pesce. Osservati da ogni dove, come fosse l’occhio di Sauron, napoletani e turisti che si imbattono nell’installazione dell’artista – purtroppo scomparso lo scorso 3 aprile – ridono tantissimo, perché chi se lo sarebbe mai aspettato che dopo la Venere stracciona ci sarebbe stato un fallo gargantuesco in Piazza Municipio?
Le femministe protestano: è un inno al patriarcato. I presuli protestano: è un inno alla lussuria. I benpensanti protestano: è un inno all’indecenza. I turisti non protestano perché non sanno nemmeno cos’è, mentre a San Gregorio Armeno compare una statuina da presepe dalle fattezze non proprio adatte alla grotta della nascita di Gesù (però, devo dire, tra il bue e l’asinello ha il suo perché). Sorbillo, dove sei? È la tua occasione per fare un’altra pizza indimenticabile.
Ma osserviamo l’opera da vicino: un cilindro alto dodici metri, dritto come un tronco (ammick ammick), dal colletto ripiegato d’aspetto glandesco, un vestito rosino sponsorizzato dalla Durex e due cuori che paiono culi. Il tutto arricchito da festoni floreali che tanto ricordano i Floralia o i Saturnali romani antichi, insomma una vera e propria celebrazione della virilità, dell’abbondanza e della fecondità. Tanto feconda che alcune persone ci hanno pure ballato intorno qualche giorno fa, come vestali o ninfe abbigliate con tuniche firmate Shein. Tutto bello, ma resta il fatto che la gente ci vede solo un cazzo.
Voglio proporvi un paio di alternative, così per ampliare lo sguardo: immaginate l’installazione davanti al Colosseo o alla Basilica di San Marco. Ma perché no? Anche in Piazza San Pietro, tanto la curatrice – Silvana Annicchiarico – ha detto che la scultura non è invadente. Il Papa si affaccia alla sua finestrella, saluta il popolo tutto mentre un fallo di dodici metri ammicca contro il cielo azzurro. Bello, bellissimo. Esilarante senz’altro. Tirato giù dopo due secondi.
E invece no. L’hanno messo a Piazza Municipio, davanti al Maschio Angioino, perché ma sì!, tanto i napulegni sono ironici, la prendono sul ridere! E che sarà mai, una testa di cazzo in più, una testa di cazzo in meno, arrotondiamo per eccesso! Oh, però, il profilo Instagram di Gaetano Pesce – che, ricordo, è scomparso lo scorso 3 aprile – continua a pubblicare e ha raggiunto i centomila follower post mortem (con commenti che lo insultano non sapendo che si sta parlando a una persona che non c’è più).
Un’altra cosa che mi fa ridere: sedicenti influencer e voci istituzionali sostengono che lo scopo dell’opera, ovvero quella di creare dibattito, è stato centrato in pieno. Ora, io vorrei capire che definizione esatta danno alla parola “dibattito” perché se per loro dire “quest’opera pare ’o cazzo” è un dibattito, allora io, delle pubbliche discussioni con giudizi motivati, non ho capito proprio niente. La costatazione ovvia dell’ovvio non è un dibattito: l’opera sembra un pene. Fine. E non solo lo sembra, ma lo è a tutti gli effetti.
Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma sottolineare l’evidenza non è un dibattito, reiterare ancora una volta la narrazione di una Napoli puerile e scansafatiche (come Pulcinella, però, eh!) non è un dibattito, farci prendere per i fondelli da mezzo Paese non è un dibattito. È darci la zappa sui piedi, operazione per cui siamo famosi e anche maestosamente capaci.
Però bisogna anche dire che non è colpa della gente: ci siamo abituati a “discutere” sui social, a offendere, a dire la nostra anche quando si potrebbe fare a meno. Oggi, questo è ritenuto un dibattito, con buona pace di Bohr ed Einstein, di Platone e Antistene, di Kennedy e Nixon. Adesso ci interessano i dissing di Fedez e Tony Effe.
Dico la mia modestissima: la messa in opera si discosta palesemente dai bozzetti (almeno quelli mostrati online) e forse (dico forse) non si sono resi conto dell’aspetto che avrebbe avuto se non alla fine, quando ormai era troppo tardi per modificare il progetto, e quindi sì, inventiamo che l’installazione vuole contrastare il patriarcato e celebrare la vittoria del femminile sul maschile. Mi dovete però spiegare come un fallo eretto di dodici metri possa contrastare il patriarcato. Sarò scema io.
E siamo arrivati nientemeno che davanti a Tom Wesselmann, davanti al quale ci dobbiamo togliere tanto di cappello, perché guardate questo è il rappresentante più grande della pop art american, che attraverso la tecnica del c-ò*mpinengg panting, che significa questo assemblaggio di elementi di tutti i giorni, ha schferrato un attacco contro l’edonismo di massa. Guardate quant’è bell. Questo quadro mi ha uscire pazzo, a me. Perché dentro c’è tutt proprio, c’è il dolore, c’è la sofferenza, anche qui (indicando un water) la sofferenza di un artista il quale vorrebbe, in un certo senso, come dire, vorrebbe PROTESTARE! contro questo moooodo di vedere la vita senza tener conto poi di certi fatti, di certe cose dello schpirito, pecché anche lo schpirito vuole la sua parte (astanti perplessi). Anche perché ci stanno delle denunce contro questo tipo, appunto, di società moderna! (spezzone: Il mistero di Bellavista – L’arte moderna)
Allora, secondo Protagora di Abdera (non quello del teorema, quello è Pitagora) e secondo il professor Bellavista, l’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. Signo’, ’nu poco ’e bicarbonato.
Dunque se diamo ragione al professore e ai sofisti e ci concentriamo sulla soggettività dell’uomo, tocca dire che ogni opinione è legittima, sia quelle che sostengono che il Pulcinella di Gaetano Pesce è effettivamente un Pulcinella stilizzato, sia quelle che insistono nel dire che di Pulcinella, quella installazione, ha solo i genitali. Tutto è relativo, dipende dallo sguardo di ciascuno di noi. Il punto è che, in questo caso, a differenza della Venere degli stracci di Pistoletto, non c’è un vero dibattito.
Ne propongo io qualcuno: la natura ermafrodita di Pulcinella. Lo sapevate che, per alcune fonti, Pulcinella era ritenuto ermafrodita? A rigor di logica, quindi, insieme al fallo ci doveva essere anche l’espressione della sessualità femminile. E lo sapete che il naso della maschera di Pulcinella ricorda le fattezze dei genitali maschili e che è consigliato sfiorarlo in quanto portafortuna? Un po’ come si fa con le capuzzelle delle anime pezzentelle o il seno della Giulietta di Verona o il muso della Fontana del Porcellino a Firenze. E che questo è proprio il caso in cui ci troviamo di fronte al classico segreto di Pulcinella, ovvero un segreto che tutto è fuorché un segreto, sulla bocca di tutti, che non fa altro che sottolineare l’ovvio?
L’ovvio, a mio avviso, è che l’opera è brutta. A prescindere dalla sua forma, non mi interessa niente che sembri un fallo, il punto non è quello. Il punto sta tutto nella mancata occasione di parlare di un personaggio importantissimo del folklore partenopeo (e del lavoro di un artista come Gaetano Pesce che è stato un grande esponente del panorama artistico e del design italiano di caratura internazionale) a favore di una discussione sterile e sghignazzante circa, lo ripeto ancora una volta, la constatazione dell’ovvio, ovvero che un fallo è un fallo. Così facendo, operiamo un demerito sia a Pulcinella che all’artista, che non può certo essere ricordato in questo modo.
E però, che ci vogliamo fare, come disse Saverio a Salvatore in Così parlò Bellavista: Tu sei ignorante, nun te piglià collera, è così? Pecché hai fatt fino alla terza elementare (due volte, però). Siamo ignoranti e continuiamo a ignorare il modo migliore per parlare di Napoli. Il padre dei criaturi. 29. ’E sciem. 23. Tombola!