Nel mondo anglosassone l’abbiamo sempre sentita chiamare Christmas Blues. È la malinconia del Natale, una vera e propria depressione che sembra attivarsi nel periodo delle festività natalizie. Possibile che l’essere circondati da luci e alberi decorati faccia scattare in alcune persone un tipo di profonda melanconia? È opinione diffusa, tra laici, che il Natale e altre festività siano associate a una maggiore incidenza di psicopatologia. Studi statistici, tuttavia, hanno costantemente dimostrato che il periodo natalizio è collegato a una bassa incidenza di suicidi e di ricoveri psichiatrici.
Secondo la ricerca Natale e psicopatologia, dati da una popolazione di pronto soccorso psichiatrico. Archivi di psichiatria generale (Hillard, J. R., Holland, J. M., & Ramm, D.1981) viene riscontrato, nel tempo, che durante le festività, in generale, si registra una maggiore richiesta di aiuto per pazienti psichiatrici e un maggior tasso di suicidi. Questo a eccezione del Natale. Il Natale, infatti, sembrerebbe proprio l’unica festa in cui tale numero diminuisce. Scagioniamo quindi, una volta per tutte, il 25 dicembre dalla falsa accusa di innescare comportamenti suicidari. È con l’anno nuovo, infatti, che la frequenza dei casi aumenta e questo viene definito effetto rebound. Possibile che chi sta pensando al suicidio, proprio per il Natale, rimandi la fatale decisione. Sfatiamo dunque le leggende metropolitane, come sempre, con i dati e con la scienza.
La forma di depressione chiamata Christmas Blues non avrebbe a che fare propriamente con il Natale, ma sarebbe correlata a variabili climatiche come la riduzione della lunghezza delle giornate, delle ore di luce, alle temperature fredde e alla loro conseguenza sulla produzione di diverse sostanze endogene, tra le quali la serotonina. Sempre la scienza ci dice che la mortalità cardiaca è invece più alta nei mesi di dicembre e gennaio e lo studio Le festività come fattore di rischio per la morte (David P Phillips, Jason R Jarvinen, Luca Colantuoni, Rosalie R Phillips) lo suggerisce. Questo, secondo gli studi clinici, avviene perché i pazienti durante le vacanze tenderebbero a ritardare le cure.
Altra questione, ben diversa, è l’approccio individuale al Natale che può essere vissuto come periodo stressante dove si palesano emozioni come ansia, rabbia, nostalgia. La fine dell’anno è anche un momento di bilanci per guardare in faccia gli obiettivi raggiunti e tendere verso i traguardi ancora da tagliare. Così i pensieri negativi possono influenzare questi giorni se ci sentiamo al di sotto delle nostre aspettative.
Le aspettative collaborano nel processo di autorealizzazione e diventano uno standard di riferimento con cui misurare ciò che siamo rispetto a ciò che avremmo voluto essere e ciò che desideriamo diventare. Ma quelle che abbiamo verso la nostra persona nascono da noi o sono dettate dai modelli considerati “vincenti” agli occhi della società in cui viviamo? Queste ultime, non essendo proprie, rischiano di divenire trappole nelle quali, alla fine, nemmeno ci rispecchiamo. Vengono proposti modelli da imitare e molti tendono a identificare obiettivi da raggiungere, spesso fittizi, che donano un appagamento non duraturo.
Spesso, i miti dell’eccellenza e della perfezione, enfatizzati anche da alcuna stampa, sono evidenti segnali di una pressione sociale soffocante e sbagliata. Basta pensare allo spaventoso fenomeno dei suicidi tra gli studenti che non riescono a laurearsi in un determinato lasso di tempo. Personalmente, quello di provare emozioni contrastanti anche a Natale più che un problema lo considero parte integrante dell’essere umani.
Restare umani, di fronte all’omologazione dei sentimenti, non è facile. Il confine tra amanti del Natale e prodotti umani di anni di marketing diventa sempre più labile. Le campagne natalizie ci propinano attitudini di gioia, generosità, sentimenti buoni e famiglia. E io dico che mostrare debolezza, tristezza e malinconia non è sbagliato. L’inadeguatezza, considerata da molti vero e proprio senso di colpa per non vivere le feste come il mondo ci dice di viverle, è del tutto normale e non deve diventare motivo di angoscia per chi non riesce ad adeguarsi ai canoni della corsa ai regali, alla socializzazione selvaggia o alla decorazione più bella.