Gli Astroni sono un modello di cratere a recinto che appartiene al terzo periodo dei Campi Flegrei. Il nome Cratere degli Astroni si deve, probabilmente, alla parola a strunis, metatesi di a sturnis per l’abbondanza di Aironi presenti nella zona, o forse da struhis, pianta della località ricordata da Plinio il Vecchio; oppure da Sterope, un Ciclope mitologico che si narra vivesse da quelle parti oppure, infine, da strioni, gli stregoni che avevano scelto quel luogo per svolgere i propri riti magici.
A tal proposito, nella sua Napoli e dintorni, Guide d’Italia racconta: Si crede che i Romani costruissero delle terme sulle rive del Lago grande, ma non ne rimane traccia. Alfonso I d’Aragona, immettendovi cinghiali, capri e cerci, ne fece luogo di caccia (celebri battute si fecero nel 1452 per il matrimonio di Elena d’Aragona e nel 1535 in onore di Carlo V reduce dall’impresa in Tunisi), che nel 1692 il viceré conte di Sant’Estevan vendette ad Andrea Giovine; nel 1721 gli Astroni furono donati ai Gesuiti, i quali nel 1739 li cedettero a Carlo di Borbone in cambio del feudo di Casolla. Le ultime cacce vi furono date da Vittorio Emanuele II e Umberto I.
La Riserva naturale Cratere degli Astroni – il cratere di un vulcano spento che fa parte del complesso del cratere di Agnano – presenta oggi una diversità ambientale davvero complessa. La composizione della flora, infatti, non è altro che il risultato di un particolare fenomeno chiamato inversione vegetazionale. Questo è dovuto alle particolari condizioni microclimatiche determinate dalla presenza dei tre piccoli laghi e dalla conformazione stessa del cratere. L’inversione vegetazionale causa quindi una disposizione delle specie arboree invertita rispetto all’altitudine.
Guide d’Italia la descrive così: La foresta di leccio e la macchia mediterranea, composta da erica arborea, mirto, lentisco, ligustro, si trovano perciò in alto, sui bordi del cratere, mentre sul fondo, a pochi metri sul livello del mare, attecchiscono specie tipiche di quote più alte, quali castagno, farnia, rovere, olmo e carpini. La vegetazione intorno agli specchi d’acqua è costituita invece da giunchi, carici, tife, cannuccia di palude, salicone; al centro del Lago grande si trova un ampio canneto-saliceto e un tappeto di ninfea bianca, che in primavera-estate arriva a coprire buona parte dello specchio d’acqua. Il Lago piccolo, invece, è completamente ricoperto da lenticchia d’acqua. Il ricco sottobosco è composto da pungitopo, dal gigaro, dal biancospino e dalle appariscenti e ricche fioriture del ciclamino napoletano, del ranuncolo e di alcune orchidee selvatiche.
Questa incredibile diversità ambientale ha fatto sì che anche la comunità animale che si è instaurata fosse altrettanto variegata. L’aspetto più interessante è dato dalla presenza di ben 130 specie diverse di uccelli che nidificano nell’oasi o la frequentano nei periodi migratori. La conservazione di molte di queste specie ha importanza nazionale. Tra loro c’è il picchio rosso maggiore, scelto proprio come simbolo dell’oasi, il fiorrancino, il falco pellegrino, la capinera, la civetta e tantissimi altri. Interessante è anche la presenza di numerose specie di farfalle.
Quando si giunge agli Astroni si vede immediatamente la torre che è stata eretta sotto i Borbone, utilizzata oggi dal personale di custodia del parco, alla quale si unisce il muro di cinta. Superando la torre si giunge a una terrazza, limitata dal ciglio che prende il nome Torre degli Astroni, dalla quale è possibile ammirare anche lo Sperone della Torre di Nocera e la Torre della Lupara. Da qui è possibile proseguire per diverse strade, tra cui anche la strada vecchia, che conducono al fondo del cratere. Attraversando la Selva grande e le regioni dette Pàstino e Sette Moggia, si raggiunge la Vaccheria con la Casina di caccia, purtroppo in rovina, e subito dopo un sentiero che porta alla Rotondella e alla Strada di mezzo che taglia il fondo craterico.
Lo stradone conduce senza interruzione al bosco fino alla Caprara, un masso di lava trachitica anteriore alla formazione degli Astroni stessi. A seguire troviamo il Lago secco, antico lago prosciugato, e lo sbocco della Strada di mezzo. Più avanti è possibile costeggiare il Lago grande, coperto di ninfee bianche, lutee e altre piante palustri (un sentiero permette di farne il giro), quindi si trova un avvallamento detto il Piccolo Cofaniello, poi la strada dell’Imperatrice diretta al “colle” omonimo, un cono eruttivo del secondo tempo degli Astroni.
Dal 1969, anno in cui il Ministero dell’Agricoltura e Foresta ha accolto le richieste di alcuni attivisti del WWF Italia, gli Astroni sono stati riconosciuti come Oasi della protezione della fauna stanziale e migratoria. In questo anno quindi la riserva è stata annessa al patrimonio della Regione Campania e nel 1987 il Ministero dell’Ambiente ha istituito la Riserva Naturale Cratere degli Astroni, affidandone la gestione al WWF. Nel 1992 l’Oasi è stata ufficialmente aperta al pubblico permettendo a grandi e piccini di godere delle sue meraviglie naturalistiche e paesaggistiche.