Quello che pensiamo sul Recovery Fund, su quanto abbiamo ottenuto dal tavolo delle trattative a Bruxelles, su ciò che avremmo potuto ricevere dalla BCE, lo abbiamo già scritto. E abbiamo anche già detto del ruolo di Conte in questa sfida e della sua capacità di gestire una nuova leadership, così come lo abbiamo criticato quando era eccessivamente piegato sulla linea dei suoi Vicepremier ai tempi dell’alleanza gialloverde. Ancora adesso non ce la sentiamo di dire che è il politico che mancava o il premier ideale – anche perché, giusto per dirne una, stiamo ancora aspettando un forte intervento sui decreti sicurezza – tuttavia quando un Capo di governo riesce a far ottenere al suo Paese 209 miliardi, di cui più di un terzo a fondo perduto, gliene va dato atto.
Naturalmente la partita non si è conclusa con l’accordo della scorsa settimana: questa grossa fetta di denaro, infatti, implicherà un debito che ci porteremo sulle spalle per i prossimi decenni, quindi chiunque avrà il compito di governare il Paese negli anni a venire dovrà fare in modo che il deficit risulti produttivo e che le risorse vengano finalizzate a investimenti proficui, altrimenti tutto il lavoro si rivelerebbe sprecato e rimarrebbe solo un prestito da accollare ai giovani di oggi e alle prossime generazioni. È ancora presto per esultare, dunque, ma non è nemmeno il caso di dire che ne siamo usciti sconfitti.
Invece, fin dal mattino successivo al rinomato vertice notturno che ha tenuto riuniti i Capi di Stato fino alle 5:30, i soliti noti hanno cominciato a tuonare e a parlare di fregatura, considerando il risultato ottenuto come un insuccesso e annunciando disgrazie imminenti sull’intera popolazione. Parliamo, ovviamente, dell’atteggiamento dell’opposizione che, se di mestiere deve fare quello, cioè trovare ogni modo possibile per contestare le azioni della maggioranza – e, fin qui, ne capiamo la posizione – non può rifarsi alla mancanza di onestà intellettuale, del tutto fine a se stessa, che porta a fingere di non vedere i risultati altrui quando questi sono sotto gli occhi di tutti.
Possiamo senza dubbio partire dalle parole di Matteo Salvini, al quale spetta meritatamente almeno questo primato: per carità, nessuno si aspettava da lui chissà quale gesto di riconoscenza nei confronti della decisione presa a Bruxelles, però una piccola parte di noi pensava ingenuamente che, in quanto sovranista, avrebbe salutato con piacere la cospicua cifra che arriverà nelle casse dello Stato. Invece, con la solita faccia di chi la sa lunga, l’Orbán nostrano ha parlato di resa senza condizioni alle scelte della Commissione e ci ha avvertito del fatto che sarà l’Europa a dirci come spendere le risorse.
Forse non saremo i primi a cercare di spiegarglielo, ma il Capitano potrebbe tranquillamente arrivarci da solo: questi finanziamenti non arrivano dal cielo ma ci sono stati concessi dall’Unione Europea all’interno di un pacchetto di 750 miliardi di cui ben un terzo spetta all’Italia. È ovvio che questo non possa significare che spetterà ai Commissari UE decidere per filo e per segno come investirli, ma è abbastanza evidente che quell’Europa che Salvini ha sempre criticato – e da cui per un periodo voleva anche uscire – stavolta ha fatto un grosso passo in avanti. Chi ha sempre fatto il bulletto nei confronti di Bruxelles, quindi, dovrebbe apprezzare quest’idea di debito comune. E, invece, Salvini non ci pensa minimamente, così come il suo compagno di partito nonché responsabile economico Alberto Bagnai. Una posizione che, tuttavia, non sta facendo guadagnare consenso al Carroccio, tant’è vero che stavolta il bagno di folla virtuale è spettato all’avvocato foggiano. Inoltre, che l’ostilità al Recovery Fund sia portata avanti proprio da chi ha fatto del prima gli italiani il suo motto di vita, non vedendo in questo strumento un’opportunità per il nostro Paese, suona piuttosto strano.
Posizione sempre critica, ma in maniera più mite, è invece quella tenuta da Giorgia Meloni: pur non condividendo le tempistiche e le condizionalità previste dall’accordo, l’ex militante di AN tende la mano al Governo nel nome dell’interesse nazionale e non dà per scontato il voto contrario suo e del suo partito alla prossima manovra. Viene spontaneo chiedersi se simile posizione sia realmente dettata da sincero spirito patriottico, dal momento che in questi mesi l’ex Ministro della Gioventù tutto ha fatto tranne che assumere un orientamento costruttivo: basti pensare che nemmeno lei si è presentata agli Stati Generali che, pur non essendo del tutto inclusivi, erano un’ottima chance anche per l’opposizione per presentare le proprie proposte sulla ripartenza. A voler fare gli avvocati del diavolo, si potrebbe pensare che in questo momento la numero uno di Fratelli D’Italia sappia fiutare l’aria molto meglio del suo alleato (?), avendo compreso che Giuseppe Conte gode ora di un ampio consenso dovuto al suo modo di trattare e al frutto della trattativa e che non le gioverebbe opporvisi ciecamente.
Ma se c’è qualcuno che beneficia di buon olfatto ed è sempre in grado di percepire che aria tira, quello è certamente Silvio Berlusconi: al contrario di quanti stanno cercando di portare avanti un’operazione d’immagine che consiste nel mostrarlo come un nonnino buono, noi non abbiamo nessuna intenzione di concedergli una seconda verginità e siamo perfettamente consapevoli della figura che incarna al punto tale che apparteniamo alla schiera di coloro che non vedono di buon occhio l’entrata di Forza Italia nella maggioranza. Quello che, però, dobbiamo accertare è un atteggiamento d’opposizione ma mai di traverso che il padrone del Biscione sta tenendo fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria che gli ha fatto definire positivo il compromesso trovato la scorsa settimana. Naturalmente ciò non può bastare a considerarlo responsabile – come si è detto – e, sempre a voler pensar male, non possiamo escludere del tutto che il Caimano abbia assunto quest’atteggiamento per mantenere lo status quo: se si votasse ora, infatti, il suo sarebbe il terzo dei tre partiti di coalizione.
Quello che possiamo appurare, dunque, è che per una volta nel centrodestra qualcuno ha avuto il coraggio di riconoscere che, seppur con i suoi limiti, il Recovery Fund può rivelarsi un bene per l’Italia, mentre qualcun altro continua a ubriacarsi di sondaggi, come fossero i mojito del Papeete. Ma questa, ormai, sembra diventata una costante estiva.