I valori di una volta non esistono più. Sposarsi non è più considerato un obiettivo a cui aspirare, in cui canalizzare le proprie forze, i propri risparmi, i propri desideri. Il matrimonio, anzi, è visto dai giovani come qualcosa da evitare, da rimandare il più possibile, perché il sacrificio che richiede la vita di coppia e, ancora di più, quella familiare, non è un prezzo che sono disposti a pagare. Insomma, i giovani non si sposano più perché sono egoisti.
È questa la narrazione dominante riguardo la vita di coppia e familiare dei giovani d’oggi, le persone dai 35 – se non 40 – anni in giù viste dalle generazioni precedenti come dei mostri privi di valori che abitano questa Terra solo per godere dei piaceri della vita, infischiandosene delle responsabilità. Ma è davvero così? La risposta è, chiaramente, no. Ma, sotto certi punti di vista, anche un po’ sì – e non c’è niente di male. Vediamo perché.
In Italia, i matrimoni sono in forte calo. Gli ultimi dati Istat ci spiegano che, rispetto agli anni Settanta, al giorno d’oggi le coppie che si uniscono in matrimonio – religioso o civile – sono diminuite di più del 50%. L’anno in cui si sono registrati più matrimoni in assoluto è stato il 1963, che ha visto la celebrazione di 420mila matrimoni. Negli anni Sessanta, i matrimoni celebrati furono in totale 4 milioni. Negli anni dieci del terzo millennio, invece, 1,8 milioni. Nell’analisi di questi dati, bisogna sicuramente considerare anche il calo della natalità, motivo per cui prendere i numeri assoluti non è sufficiente per comprendere la situazione. È anche vero, però, che il calo della natalità è conseguenza diretta, oltre che una delle cause, dei matrimoni in decrescita.
Per un dato più realistico che tenga conto della situazione demografica, è necessario considerare il tasso di nuzialità, ovvero il rapporto tra i matrimoni celebrati in un anno e la popolazione. I dati Eurostat sono relativi al 2017, anno in cui il tasso di nuzialità in Italia è stato di 3,2 matrimoni ogni mille abitanti. Confrontando questo numero con quello di altri Paesi europei – tra i primi posti Romania (7,4) e Danimarca (5,6) – l’Italia si trova all’ultimo posto della classifica. Dai dati estratti si evince che i giovani non si sposano più non in tutta Europa, ma che si tratta di una situazione delimitata solo ad alcuni Paesi e ad alcune condizioni.
Innanzitutto, sono l’aspetto economico, la situazione lavorativa e la stabilità della vita a decretare il calo dei matrimoni. Non è un caso, dunque, che siano proprio i Paesi con minore stabilità gli ultimi della lista. Subito prima dell’Italia, in fondo alla classifica, ci sono infatti Portogallo, Spagna e Grecia. La stabilità è un fattore determinante, così come lo è per la natalità: se i giovani italiani sono quelli che lasciano più tardi casa dei genitori – oltre i 30 anni – e se sono quelli che hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro, è chiaro che anche matrimoni e nascite diminuiscano sensibilmente. E la prima incriminata, tra tutte le cause che concorrono a queste condizioni, è sicuramente la conformazione del mercato del lavoro, che offre ai giovani poche possibilità, non li rende indipendenti economicamente e non consente alcuna stabilità. Basterebbero queste spiegazioni per comprendere il calo della nuzialità, ma c’è anche di più.
Diversamente da quanto si crede, anche la scarsa parità di genere gioca un ruolo importante. Può sembrare naturale credere che in un Paese in cui ancora non esiste reale parità e in cui le donne hanno meno possibilità lavorative, esse finiscano per dedicarsi più facilmente alla famiglia. Invece, i dati dei Paesi più all’avanguardia dimostrano che, esattamente come per la natalità, meno sono discriminate le donne, più famiglie si formano, più coppie si sposano, più figli nascono. Le discriminazioni, che vorrebbero relegare la donna al ruolo di moglie e madre, creano in realtà situazioni di grandi instabilità economica che impediscono la formazione di nuove famiglie.
Basterebbe fermarsi qui per decretare che non è affatto vero che i giovani non si sposano più perché sono egoisti o perché non intendono sacrificarsi, visto che, semplicemente, non ne hanno la possibilità. Ma credo che ci siano altre considerazioni da fare, considerazioni che non riguardano la situazione demografica, ma il sistema di valori a cui siamo abituati a fare riferimento.
La famiglia è il nucleo su cui si fonda la società. Per millenni, il nucleo familiare è stato il modello, lo specchio del modo in cui funziona tutta la società umana. Gerarchie, ruoli di potere, ruoli di genere, suddivisione dei compiti: il matrimonio non è stato altro che un contratto che relegava i componenti della famiglia a dei compiti specifici. Oggi, per fortuna, le cose stanno cambiando, seppur lentamente. L’istituzione del matrimonio, intesa per quello che è sempre stata – un contratto, appunto –, sta perdendo il suo valore. I ruoli di genere si mescolano, i diritti e i doveri delle coppie fisse cambiano, il sistema non è più gerarchico, ma democratico. Non è un caso, dunque, che un terzo delle coppie con figli non sia sposato e che il numero delle coppie di fatto sia in vertiginosa crescita a discapito delle coppie sposate.
Inoltre, anche il sistema di valori utilizzato per valutare le persone sta cambiando. La realizzazione, soprattutto con l’emancipazione femminile, non è più solo quella coniugale. La realizzazione personale e l’autodeterminazione non passano più per la vita di coppia, per la longevità dei rapporti e per il numero di figli che si riescono a crescere. Non si parla, però, di egoismo, quanto di valore dell’individuo che non deve necessariamente essere associato a un’altra metà per sentirsi intero e realizzato.
Non è detto che l’evoluzione della società non porti a una rivalutazione, da parte dei giovani, del matrimonio. Anzi, il suo valore potrebbe cambiare, una volta distanziato dalle origini per le quali è stato creato – l’appartenenza, il possesso di alcuni esseri umani, ovvero moglie e figli, al capo famiglia. Ma finché la società non si evolverà abbastanza da eliminare tutte quelle dinamiche retrograde e tossiche dalle proprie abitudini, il matrimonio non potrà conquistare nuovo valore – e nuovi valori.
Se i giovani non si sposano più non significa che non lo faranno in futuro. Significa che oggi il matrimonio è la più emblematica rappresentazione di tutti quei difetti di una società che è rimasta ancora troppo indietro. Basta pensare all’impossibilità di definire matrimonio un’unione civile o ai precetti che ancora compaiono all’interno delle liste di diritti e doveri dei coniugi. A differenza di quanto si crede, non è la libertà o la perdita di valori e far perdere interesse ai giovani nei confronti del matrimonio, ma è proprio l’incapacità di questa, come di altre istituzioni, di adeguarsi ai valori contemporanei, più inclusivi, più paritari, più giusti.
È vero, i giovani non si sposano più perché hanno perso i valori di una volta. Oggi, hanno valori diversi. E va bene così.