Una ragazza in bilico tra cuore e ragione. Si potrebbe raccontare in questo modo I giorni dell’ombra, l’ultimo romanzo di Sara Bilotti edito da Mondadori. E di luci e soprattutto ombre è fatto questo libro nel quale la protagonista, Vittoria, è costretta a fare i conti con l’amore: quello che riserva a Michele, padre autoritario con un passato da militare e un presente da uomo dedito al comando tra le mura domestiche; a Daniel, scrittore dal passato terribile e un futuro fatto di storie da raccontare, e a Marco, giovane pianista con il quale ritagliarsi momenti di piacevole dispersione dalla routine quotidiana. «Nelle storie noir» dichiara l’autrice «non c’è spazio per cavalieri in grado di contendersi il cuore di Vittoria. Michele, Daniel e Marco sono tre uomini che si illudono di amare e camminano sull’orlo di un abisso».
La vita fin troppo ordinaria della protagonista – con ritmi scanditi dalle abitudini sue e dei suoi familiari – è stravolta dalla scomparsa di Lisa, una ragazza dal carattere volitivo e avvezza a fughe improvvise. Nonostante tutti – polizia compresa – parlino di allontanamento volontario, Vittoria immagina ben altri scenari e prova a indagare muovendosi in una Napoli che, all’interno di questa storia, resta sullo sfondo. Set perfetto per scandagliare l’animo umano di persone tormentate e alla ricerca della verità.
«Il mio legame con la città» continua la scrittrice «è pieno di contraddizioni. Amo Napoli ma non sono cieca, conosco e ammetto i suoi problemi. Sento, però, un gran fermento culturale, lo avverto chiaramente, e spero trovi giusta espressione grazie a un’amministrazione degna».
Quel che colpisce maggiormente del romanzo, comunque, è la scrittura: Sara Bilotti fa vivere al lettore un’esperienza sensoriale, fatta di odori, sapori e della costante ricerca di un contatto fisico che stravolga, anche solo per un attimo, quel percorso che conduce all’ultima pagina. Vittoria diventa l’espediente narrativo per cercare non solo la verità sulla scomparsa di Lisa, ma pure per combattere quei demoni interiori contro cui ci si confronta spesso nella vita. Inoltre, molto apprezzabile è la scelta che, contrariamente al trend, vede Napoli fare solo da sfondo alla narrazione, senza diventare parte integrante di un romanzo che, di fatto, potrebbe essere ambientato ovunque. Dulcis in fundo, un finale che spiazza, tuttavia convincente.
Ai lettori il compito di confermare tale giudizio o smentirlo, concedendo a questa storia un’attenta lettura, magari di notte con le fioche luci del capoluogo campano a creare la giusta atmosfera.