Di solito, chi sogna di fare il giornalista lo fa non solo perché gli piace raccontare il mondo che vede e che sente ma, anche, perché si lascia ispirare dalle grandi firme, dai piccoli o grandi giornali, da quei pezzi nei quali si rivede per il modo di esprimersi, di parlare, di osservare. E nonostante, almeno per chi sta scrivendo in questo momento, in Italia ci siano tanti giornalisti che vale ancora la pena leggere con interesse e attenzione, lo stato generale dell’informazione nel nostro Paese è ridotto davvero ai minimi livelli, dovuto anche a un uniformismo che mai era stato così evidente.
A tal proposito, è sufficiente riportare un esempio recente che riguarda, tra l’altro, proprio un giornalista, Marco Travaglio, che durante la festa di Roma di Articolo 1, intervistato dalla collega Chiara Geloni, ha affermato – tra le tante cose – che Mario Draghi è un figlio di papà, che ha una notevole esperienza in finanza ma che non capisce un cazzo di giustizia, sanità e vaccini. Il tutto seguito da un sentito applauso da parte della platea. E lì è cascato il mondo: tutti ad attaccare il direttore de Il Fatto Quotidiano in quanto insensibile alla notizia che Draghi avesse perso il padre a 15 anni, a dargli del volgare per aver detto che non capisce un cazzo e qualcuno, tra cui Renzi, ha pensato di prendersela anche con Articolo 1 – facendo direttamente riferimento a Speranza, Bersani e D’Alema – per aver ospitato il giornalista alla loro festa di partito e perché il pubblico ha finanche osato applaudire.
E, naturalmente, tutta la stampa al seguito: i siti dei principali giornali si sono subito affrettati per parlare di gaffe, per rimproverare il direttore torinese che avrebbe dovuto conoscere la storia personale di Draghi e, nel caso dei colleghi di Travaglio, per scrivere ognuno sul suo profilo personale per dirne di ogni, facendo diventare quelle frasi la notizia principale del giorno.
Ora, chi segue un minimo Travaglio sa benissimo che è dotato di linguaggio diretto e senza filtri, ma chi finge di non capire cosa significhi figlio di papà rischia di passare per stupido o per uno in malafede: è evidente che l’espressione in questione faccia riferimento al contesto sociale nel quale una persona è cresciuta, ossia un contesto piuttosto agiato ed economicamente fluido. E, in effetti, ascoltando l’intervento in questione, Travaglio dice proprio questo, facendo un paragone con lo scorso esecutivo prendendo spunto da quello che tempo fa disse Speranza e cioè che ad accomunare i Ministri del Conte bis era proprio l’estrazione popolare di quasi tutti membri del governo. Dunque, nulla che possa far pensare a offese nei confronti del padre del Presidente del Consiglio.
Quanto alla parte relativa all’incompetenza in materie diverse dalla finanza è ovvio che questa riguardi chiunque sia specializzato in una disciplina specifica, motivo per il quale è importante non solo essere adatti al ruolo che si ricopre – e sul curriculum vitae dell’ex banchiere nessuno ha da ridire – ma, soprattutto, farsi circondare da gente capace, che sappia di cosa parla. E Draghi si è affidato a Figliuolo. Sui vaccini, però, i due qualcosa hanno sbagliato: si pensi al ritiro di AstraZeneca o alla classifica europea suo farmaci immunizzanti, dove con il passaggio da Arcuri al generale siamo retrocessi di qualche posizione.
Ma il meglio di sé la stampa lo ha dato in questi giorni a proposito della riforma della giustizia targata Draghi-Cartabia: dopo la pressione di Conte, sono state apportate delle modifiche per cui i processi per associazione mafiosa, voto di scambio, droga, terrorismo e reati sessuali godranno di proroghe senza limiti, mentre i processi d’appello con l’aggravante mafiosa potranno durare sei anni fino al 2024 e poi cinque. Tutto ciò in deroga rispetto alla regola generale della presente riforma per cui i processi in appello possono avere durata massima di due anni e in Cassazione uno per non diventare improcedibili.
Ma leggendo i giornali, quelli progressisti che a lungo hanno mosso guerra a Berlusconi proprio sulle vergognose riforme sulla giustizia, che cosa emerge? Che si tratta di uno scontro tra Conte e il suo successore. Quasi nessun giornalista che osi alzare il dito per chiedere di tutelare quantomeno i processi per mafia, ma anche quelli per corruzione, collusione, peculato e gli altri reati contro la Pubblica Amministrazione. E la Repubblica, proprio la Repubblica, scrive che Santa Marta (Cartabia) ha fatto il miracolo, la stessa che prima aveva detto che la riforma che porta il suo nome non avrebbe riguardato i processi per mafia e poi ha dovuto trattare soprattutto su quelli, dimostrando che li riguarda eccome. Ma, su questo, silenzio tombale. Insomma, guai a disturbare Super Mario e a mettere in discussione quello che fa e quello che dice.