I fratelli Alinari, Romualdo, Leopoldo e Giuseppe, nacquero rispettivamente nel 1830, nel 1832 e nel 1836. Diego Martelli nel suo scritto In memoria dei tre galantuomini che tali furono i fratelli Alinari, racconta che Leopoldo, fondatore dello studio fotografico fiorentino, venne assunto poco più che bambino dal ricco calcografo Giuseppe Bardi.
Verso il 1850 cominciò a diffondersi in Toscana la fotografia e il Bardi eccitò il suo giovane Alinari allo studio di quell’arte, organizzando un laboratorio nei pressi del suo negozio in via Cornina e subito dopo una terrazza di posa. Fu poi proprio grazie al suo aiuto economico che Leopoldo Alinari riuscì ad aprire nel 1852 un atelier, il suo primo laboratorio, posto al pian terreno di una casetta di via Cornina, proprio a pochi passi dallo stabilimento dell’altro, dove nel frattempo si iniziarono a vendere le sue fotografie. L’anno successivo i fratelli Giuseppe e Romualdo entrarono in società con il primogenito.
Le prime fotografie dell’atelier vennero contrassegnate Fratelli Alinari, presso Bardi, ma nel 1854, la Casa si emancipò e venne fondata ufficialmente in nome degli Alinari che si dissociarono man mano dai Bardi. Con il passare del tempo e con il relativo aumento delle ordinazioni, la ditta decise di trasferirsi, nel 1863, in via Nazionale dove ancora oggi si trova la Casa Alinari con gli uffici e l’archivio.
A Firenze i fratelli ripresero tematiche emergenti del panorama della produzione fotografica italiana, ossia il campo della veduta e della riproduzione dell’opera d’arte, campo in cui la Casa Alinari costituì un caso tipico e quasi esemplare per la lunga ininterrotta attività (1850 – 1920) e per l’impegno profuso esclusivamente a vantaggio della diffusione dell’arte a fini culturali. Durante il periodo in cui Firenze aveva assunto il ruolo di capitale del Regno d’Italia (1865 – 1871), il lavoro fu tale da richiedere l’impegno di decine di aiutanti.
Nel 1865, però, morì, a soli 33 anni, Leopoldo Alinari, lasciando così l’azienda ai fratelli Romualdo e Giuseppe. Nel frattempo stava addestrandosi in ogni pratica dell’atelier il giovane Vittorio, figlio di Leopoldo. In questa fase la documentazione fotografica fu rivolta soprattutto verso la riproduzione di opere d’arte e monumenti, mentre paesaggi e vedute rimasero in secondo piano. Solo dopo la morte di Romualdo e Giuseppe, venne incrementata la documentazione delle vedute panoramiche e della vita delle città, come risulta dai successivi cataloghi del 1896 e del 1907. Fra la fine e l’inizio del secolo gli Alinari ebbero negozi a Firenze, Roma, Napoli, Venezia e corrispondenti a Parigi, Bruxelles, Dresda e Marsiglia. A Napoli ebbero anche altri punti di vendita a Piazza Santa Caterina a Chiaia 1 e a via Calabritto 26, dove sono presenti tuttora.
L’inventario delle opere napoletane, redatto dallo stesso studio Alinari, non riguardava però tutte le varie numerose attività che si svolgevano in città, ma soltanto mestieri ambulanti e che colpivano la fantasia del turista incline a interpretarli come arredi scenici della città stessa, una sorta di variante dello stereotipo pittoresco.
Nel catalogo Alinari del 1873 apparve anche una terza parte dedicata alle riproduzioni da incisioni e da copie e una parte dedicata ai costumi popolari. Venne poi annunciata la pubblicazione di un catalogo di ritratti e di soggetti di zoologia, e infine comparvero, nel 1876, riprese di botanica. Dal 1890, quando vennero a mancare gli zii Romualdo e Giuseppe, fu Vittorio Alinari a occuparsi della gestione dello stabilimento fino al 1918.
Con Vittorio l’attività editoriale si intensificò con la pubblicazione di numerose guide turistiche e volumi d’arte, promuovendo concorsi tra gli artisti, come quello per l’illustrazione della Divina Commedia e ancora con l’organizzazione di campagne di rilevamento fotografico a vasto raggio in ogni angolo d’Italia. Egli, inoltre, non mancò di occuparsi anche dei problemi collegati al diritto d’autore relativo alla fotografia, soprattutto per via dei sempre maggiori vincoli imposti dal governo, in relazione alla riproduzione delle opere nei musei.
Dopo la morte del figlio Carlo nel 1910, nonostante la presenza attiva, professionale e umana dei cugini, Alinari ridusse progressivamente la sua attività. Nel 1921, cedette l’azienda in crisi a una società composta da alcuni intellettuali fiorentini che continuò l’iniziativa della produzione fotografica lasciando l’antico nome della ditta con un’aggiunta specifica della nuova tendenza nell’editoria: Fratelli Alinari Soc. An. IDEA (Istituto Di Edizioni Artistiche).
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