Esiste un film che mi piace riguardare ogni tanto che ha per titolo Hysteria. Ci troviamo nella Londra vittoriana alla fine del 1800 e un giovane e piacente medico cura il cosiddetto “male del secolo” – per l’appunto, l’isteria femminile (ovvero gli attacchi nevrotici) – attraverso il massaggio della vulva come sistema per riposizionare l’utero.
All’epoca, non si credeva che la donna potesse avere un orgasmo senza penetrazione maschile, così il medico opera senza alcun disturbo, ma di fatto (anche a sua insaputa) quello che sta facendo è masturbare le pazienti e, in questo modo, curarle dalla propria “tempra nervosa”. E però soddisfare tutte quelle donne è faticoso e così la mano destra comincia ad avere dei problemi motori. Che fare dunque? Ma certamente inventare il prototipo del moderno vibratore.
A quanto pare la storia del dottor Mortimer Granville è vera, quindi dobbiamo a lui centinaia di vite di donne che sono state salvate dai ferri o dalle isterectomie selvagge e insensate. Perché questo preambolo? Perché ho scoperto qualcosa di contemporaneo che si riconduce alla terminologia usata a quel tempo per designare il nervosismo, i disagi, i dolori femminili e che veniva relegato nel regno del patologico. Freud, d’altra parte, con lo studio sull’isteria ci ha costruito una carriera, associandola alla libido, ai meccanismi difensivi e ai conflitti interiori. Hysteria. Beh, l’ho scoperto io ma in realtà il fautore è Clayton Cubitt, fotografo e artista americano specializzato in moda e ritrattistica. Apparentemente ha fatto una cosa semplice: ha scelto dodici modelle, le ha poste di fronte a una telecamera fissa, tutto in bianco e nero, e ha chiesto loro di leggere un libro. Ovviamente le modelle sono bellissime, di età molto diverse, e nella vagina hanno un vibratore acceso.
Una legge Foglie d’erba di Walt Whitman, un’altra American Psyco, un’altra ancora Arancia meccanica. All’inizio sono molto composte, professionali, hanno tutte una voce piacevole, c’è chi legge in inglese, chi in francese, e però piano piano assistiamo a una progressiva perdita del controllo: la voce si fa rauca, interrotta, gli occhi si chiudono, le mani si contraggono. Insomma, per farla breve, le ragazze arrivano all’orgasmo, alla faccia dei vittoriani che credevano non fosse possibile senza penetrazione.
Qual è lo scopo di questo esperimento? Gubitt ha dichiarato di voler esplorare il dualismo mente/corpo, la ritrattistica diversiva, il contrasto tra cultura e sessualità. Ora, a me i primi video hanno fatto sorridere: c’è qualcosa di imbarazzante e al tempo stesso irresistibile nel guardare una donna provare un orgasmo, consapevole di essere guardata, ma non per questo meno sfacciata. C’è la tensione voyeuristica che tanto ci piace e che piacerà anche ai sapiosessuali: insomma dodici belle donne che leggono e arrivano all’orgasmo, sfiderei chiunque a storcere il naso. Tant’è che l’esperimento ha avuto un successo globale, i video hanno milioni di visualizzazioni e ne sono nate persino delle emulazioni, delle parodie.
Ora la cosa che è interessante a mio avviso è il legame tra isteria e orgasmo: quante volte abbiamo detto a qualcuno che ci sembrava piuttosto teso, nervoso o depresso, “fatti una sc***ta così ti rilassi?”. Oppure, il sempreverde rivolto soprattutto a donne rigide o severe: “si vede che non sc***a”. Ai tempi dei vittoriani il termine era hysteria, oggi possiamo dire nevrosi, instabilità mentale, eccessivo carico di stress, quello che volete. Fatto sta che spesso si ritiene che la cura sia decomprimere attraverso l’orgasmo.
Qui però, nei video di Gubitt, più che un contrasto tra sessualità e cultura, ci vedo semplicemente una prova estetica, fortemente pittorica grazie al bianco e nero, della bellezza di una donna che viene. A maggior ragione, sarebbe stato bello far partecipare anche degli uomini, per completare il quadro. O forse, gli uomini non soffrono di isteria? Probabilmente viene chiamata con altri nomi: competizione, mancanza di corrispondenza tra aspettative e risultati, stress. Si poteva fare sei uomini e sei donne, no?
Però non è questo in effetti il punto: il punto è che il tentativo di legare qualcosa di celebrale come la lettura di un libro e qualcosa di estremamente fisico come l’orgasmo e farne un perfetto convivio di mente e corpo è fallito. Guardando i video io dimentico il libro: tutto ciò che mi interessa è la donna che sta leggendo – non mi interessa cosa – e che so che ha un vibratore nella vagina. Mi aspetto che succeda, che quel preambolo “inutile” vada spedito, si esaurisca e io possa guardare finalmente ciò che mi interessa, ovvero il godimento di quella donna proprio di fronte a me.
Fa anche un po’ peep hole, con la differenza che qui non c’è alcun buco attraverso cui sbirciare, ma uno schermo condiviso da milioni di persone. E va benissimo: sono donne consenzienti, si sono prestate all’esperimento come in un’altra qualsiasi istallazione artistica o azione o performance, e se nessuno ha fatto pressioni si sono anche divertite. Allora diciamo le cose come stanno: stai girando dei video per eccitare chi guarda. Il libro è una scusa, un mezzo, per attirare i curiosi o per ammantare di “cultura” qualcosa che sotto sotto ha del pornografico. O, meglio, dell’erotico, perché nei video chiaramente non si vede nulla se non i loro visi.
E, quindi, un altro dubbio mi è sorto: e se invece quelle dodici donne fossero delle attrici? Se non hanno alcun viratore e stanno solo recitando? Questo sarebbe ancora più interessante perché l’esperimento si avvarrebbe di un altro elemento: la finzione, anzi, la doppia finzione, quella del libro e quella delle donne. Sarebbe bello chiederlo alle dirette interessate.
Qui per il canale YouTube dedicato a Hysterical Literature: https://www.youtube.com/@claytoncubitt