Gli Academy Awards, noti più comunemente come Oscar, restano negli anni il più bramato traguardo dei progetti cinematografici e non, nell’ambizione di poter agguantare, infine, la celeberrima statuetta. Nella rosa dei candidati, tra un lungometraggio-capolavoro e un regista-icona, a volte capita che si distingua, nel suo “piccolo”, qualche rara perla: è questo il caso di Hair Love.
Della durata di circa sette minuti, Hair Love – attualmente disponibile gratuitamente su YouTube – si è fatto notare agli Oscar 2020 aggiudicandosi la vittoria nella categoria Miglior Cortometraggio Animato, e non vi è alcuna esitazione nell’asserire che sia assolutamente meritata. Il corto è stato prodotto dalla Sony Pictures Animation e distribuito nelle sale americane in apertura al film sequel di Angry Birds. Per la sua realizzazione, il regista indipendente e sceneggiatore Matthew A. Cherry (produttore esecutivo del film BlacKkKlansman, di Spike Lee, vincitore della statuetta alla migliore sceneggiatura non originale nel 2019) ha portato avanti nel 2017 una campagna crowdfunding su Kickstarter che ha raccolto la grandiosa cifra di circa 300mila dollari, ottenendo un successo straordinario ben oltre le aspettative (circa 75mila dollari) che hanno confermato il record di cortometraggio animato più sostenuto nell’intera storia del sito web.
Doveroso citare inoltre i co-registi che hanno affiancato Cherry, Everette Downing Jr. (per capolavori come Up e WALL-E) e Bruce W. Smith (per la serie La famiglia Proud e il classico Disney La principessa e il ranocchio), nonché i produttori esecutivi Peter Ramsey (Spider-Man: Un nuovo universo) e Frank Abney (Toy Story 4).
La trama è all’apparenza molto semplice. La piccola Zuri si risveglia davvero euforica: è un giorno importante, come ci suggerisce il calendario, per questo vuole sistemarsi i capelli seguendo un tutorial su YouTube. Purtroppo, la sua ribelle chioma afro non vuole saperne di acconciarsi correttamente. Chiede così aiuto al suo papà il quale, mettendo da parte le faccende domestiche e armandosi di pazienza e tenacia, riesce infine nell’impresa. È qui che la storia ha il suo piccolo colpo di scena, svelando un messaggio ben più profondo.
+++ SPOILER per chi non vuole rovinarsi l’emozione del finale! +++
Padre e figlia si recano, infatti, in ospedale. Ad attenderli c’è la mamma, nonché la protagonista degli amati tutorial su come acconciare i particolari capelli afro. Sotto il berretto, però, la donna non ha più neanche un capello a causa delle chemioterapie per combattere il cancro. Eppure l’amore della sua famiglia la fa sentire sempre bellissima. I titoli di coda mostrano tenere scenette familiari, nelle quali, a distanza di tempo, i capelli della mamma sono sempre più lunghi, rivelando un commovente quanto inatteso lieto fine.
Durante il discorso agli Oscar, Cherry ha dichiarato di aver voluto porre l’accento sulla questione della normalizzazione dei capelli afro e sull’identità afroamericana – la cosiddetta hair positivity –, ricordando la vicenda dello studente texano Deandre Arnold a cui era stato impedito di diplomarsi se non si fosse tagliato i dreadlocks. In virtù dei numerosi avvenimenti come questo, è nata appunto la CROWN Act (Creating a Respectful and Open World for Natural Hair), una legge che difende le capigliature naturali, vietandone la discriminazione. Ancora oggi, infatti, moltissime persone di colore sottopongono i capelli a trattamenti liscianti per farli apparire il più simili possibile ai canoni estetici occidentali.
Hair Love, questo delicato gioiello del suo genere, è un concentrato di coraggio e tenerezza, che lascia il segno per molteplici riflessioni: prima fra tutte, l’inclusività e la volontà di tutelare un’orgogliosa identità afroamericana, spesso troppo bistrattata. C’è poi, a detta di Cherry stesso, il porre l’accento su una relazione tra padri e figlie ancora molto poco sviscerata, in particolar modo su un papà che, contro ogni stereotipo, si mostra per quello che è: un comune genitore alle prese, in modo assolutamente spontaneo, con le faccende domestiche e che si confronta con la cura della propria bambina, in un connubio di goffaggine e amorevolezza.
Infine, ma non meno importante, vi è il concetto del cancro. Da sempre noto come il male incurabile, la malattia che non lascia scampo, in questo corto viene invece affrontato in maniera abbastanza anticonvenzionale. Nessun edulcorazione, resta il mostro che effettivamente è. Ma non sempre vince lui.