Nato a Vienna nel 1862, Gustav Klimt dominò con la sua arte la Secessione Viennese. Con questo termine si intendono i movimenti artistici che, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in Germania e Austria, ebbero l’obiettivo di portare l’arte oltre i confini della tradizione accademica. Insieme a diciannove artisti, infatti, nel 1897, il pittore fondò la Wiener Sezession, con l’ulteriore scopo di portare alla rinascita delle arti e dei mestieri. Non ci fu uno stile prediletto, perché di questo gruppo fecero parte modernisti, simbolisti e naturalisti il cui simbolo fu la Pallade Atena, la dea greca della saggezza che Klimt, nel 1898, raffigurò in uno dei suoi capolavori.
Nella sua opera pittorica conversero, a un livello altissimo, molte delle tipiche istanze dell’Art nouveau: un linearismo accentuato, la bidimensionalità, il simbolismo e lo storicismo. Il suo modo di accostare questi caratteri e il significato a essi attribuito fu, però, assolutamente personale. Basti pensare, infatti, che brani di puro decorativismo astratto, dal risalto cromatico risalente ai mosaici di Ravenna, convissero con precisazioni anatomiche e pungenti, derivanti dal naturalismo tedesco alla Klinger, seppur piegato ad aspre deformazioni e caratterizzazioni che anticiparono l’Espressionismo.
In quegli anni Klimt realizzò il Fregio di Beethoven, un trionfo di immagini enigmatiche e dionisiache che racchiuse le aspirazioni e le angosce dell’uomo moderno. Si trattò di una delle migliori testimonianze del genio provocatore dell’artista.
Nel 1903, a Ravenna, conobbe l’incredibile sfarzo dei mosaici bizantini e fu proprio l’oro musivo a suggerirgli un modo tutto nuovo di trasfigurare la realtà modulando le parti piatte con passaggi tonali dall’opaco al brillante. Grazie alle due visite nella città emiliana nacquero i sui capolavori più noti: Giuditta I, Il bacio e il Ritratto di Adele Bloch-Bauer. Un dominio dell’oro che contraddistinse il suo periodo aureo o dorato nel quale spiccò la bidimensionalità dello stile, arricchito da un risalto del linearismo e delle campiture, nonché un erotismo armonioso che sfociò nelle sue, numerose, figure femminili.
Dal 1909 Klimt visse una fase di cristi artistica dalla quale uscì appena un paio di anni dopo, quando entrò in contatto con l’arte di Van Gogh, Matisse e Toulouse-Lautrec che influenzarono il suo periodo maturo. Da quel momento abbandonò le linee eleganti dell’Art nouveau, così come l’utilizzo dell’oro. La sua arte, influenzata anche dall’Impressionismo, divenne una ricerca di una modalità espressiva molto più spontanea, non più sofisticata, per la quale utilizzò più colori e più colori accesi, minimizzando l’uso delle linee e del dorato.
Il pittore difficilmente commentò le proprie opere, sebbene il significato dei suoi dipinti fosse spesso evidente. Il tema centrale, infatti, fu in molte occasioni legato al sesso. Il suo modo di trattare l’argomento fu però appassionato, riflettendo l’opinione che egli aveva delle donne: queste infatti erano viste come idoli bellissimi, tenere madri, ma anche come femmes fatales, figure dall’atteggiamento provocatorio. Ogni rappresentazione fu, quindi, elegante, quasi tenera, non risultando mai volgare.
L’attività artistica di Klimt s’interruppe nel 1918, quando questi fu colpito da un insulto apoplettico che lo condusse, nel giro di un mese, alla morte.