Era gennaio dello scorso anno quando alcune piazze italiane si riempirono di centinaia di manifestanti no vax e no green pass contro l’obbligo vaccinale e la certificazione necessaria per poter accedere ai locali e ai luoghi di lavoro. Già prima della pandemia, più volte, le strade della Capitale avevano visto radunarsi il popolo del Family Day per la difesa della famiglia tradizionale, la cui partecipazione aveva registrato la presenza di esponenti di centrodestra in maggioranza con situazioni tutt’altro che tradizionali. Non erano mancati, poi, raduni di piazza delle sentinelle per la famiglia contrarie alle unioni gay. Manifestazioni spontanee alcune, organizzate dai partiti altre, ma tutte legittime in una società democratica.
Poi è calato il silenzio dopo il liberi tutti. Ci si è chiesti da più parti se la pandemia avesse inciso positivamente o peggiorato quegli aspetti umani in quanti già pervasi da egoismo e intolleranza nei confronti degli altri, dei cosiddetti diversi. Neanche il tempo di uscire definitivamente da quel disastro che è stato il Covid e successive varianti che un’altra tempesta si è abbattuta questa volta su una parte del mondo, un’invasione barbara e violenta da parte della Russia di Putin ai danni del popolo ucraino. Il prossimo 24 febbraio sarà un anno dall’inizio di un conflitto che ha coinvolto l’Europa intera con la regia degli Stati Uniti che non potevano mancare all’ennesimo appuntamento.
Inutile prendere le distanze da una violenza che ci vede tutti coinvolti, l’Italia come altri Paesi europei è in guerra: «Siamo sull’orlo del precipizio ma i nostri leader non agiscono a una velocità sufficiente per assicurare un pianeta in pace e vivibile» ha denunciato l’ex Alto Commissario dell’ONU per i diritti umani Mary Robinson. Siamo sull’orlo del precipizio e le piazze, tranne sporadiche eccezioni, sono vuote. La guerra sembra non interessare a nessuno, nonostante le conseguenze economiche e l’impennata non sempre giustificata dei prezzi di qualsiasi prodotto.
Le ingenti risorse per gli aiuti militari all’Ucraina, sorprendentemente subito disponibili, continuano a sottrarre quelle destinate al lavoro, all’istruzione, ai Comuni, ai penitenziari, al mondo della disabilità, ai pensionati e ai disoccupati a cui tra qualche mese verrà negato anche un minimo di sostentamento. Le piazze continuano a essere vuote, un silenzio incomprensibile complice di politiche scellerate subordinate a un’Europa e allo stesso nostro Paese sempre più assenti sul piano della distensione e della pace. Un’indifferenza che esprime quanto l’opinione pubblica o non abbia ben compreso la drammaticità del momento o ritenga del tutto inutile far sentire la voce delle piazze a un potere completamente subordinato agli interessi e alle politiche di morte delle grandi potenze.
«I Capi di Stato e di governo di Russia, Stati Uniti d’America, Ucraina, Inghilterra, Germania, Francia, Italia, Unione Europea e la Nato, ovviamente, sono ormai signori della guerra. Combattono contro i popoli e ci stanno conducendo alla catastrofe globale giorno dopo giorno. Con queste armi sempre più micidiali uccidono civili e soldati, trafficano con armi e potenziano corruzioni e mafie. Si è abbandonata completamente la via della pace e della diplomazia. Le voci dissenzienti vengono zittite» ha tuonato il leader di Unione Popolare Luigi de Magistris.
Una catastrofe vera e propria che potrebbe vederci coinvolti tra non molto, in assenza di qualsiasi tentativo di mediazione e iniziativa almeno di una tregua per la ricerca di una via per una pace possibile, riprendendo il dibattito sul disarmo globale sparito ormai dall’agenda mondiale. Occorre che l’Europa si dissoci dai diktat americani, interrompa l’invio di strumenti di morte e faccia sentire una voce unica proponendo un cessate il fuoco immediato e l’avvio di colloqui di pace. Pura utopia? Ma possibile.
Invece, altro che disarmo. Il responsabile della Difesa italiana è preoccupato dell’esaurirsi delle scorte che vanno integrate – «Non si possono tagliare i finanziamenti alla Difesa» –, ma fortunatamente c’è anche chi in Parlamento si ribella al consociativismo bellico. Piccoli segnali, seppur minimi, che fanno ben sperare, come quello del deputato Paolo Ciano del PD, di provenienza Comunità di Sant’Egidio, che ha votato contro la decisione dell’invio di armi per tutto l’anno corrente, come anche M5S e Alleanza Verdi-Sinistra. Piccoli segnali, contrariamente al silenzio generale anche di quei difensori delle libertà fondamentali negate nei due anni di pandemia, evidentemente più importanti del trovarsi coinvolti in un conflitto che dovrebbe vederci tutti no war.
Occorre una massiccia mobilitazione prima che sia troppo tardi, una richiesta a tutte le forze politiche per proporre all’Europa un piano di pace, certamente complicato per i rapporti con gli USA, quale Paese aderente alla NATO e tra i maggiori fornitori di aiuti bellici all’Ucraina. Difficile, ma possibile.