Ercolano non è soltanto un luogo che custodisce una memoria importante, come ha detto Amedeo Maiuri, grande archeologo italiano. Ercolano va considerata come una città e non come una miniera di opere d’arte, una città minore e diversa da Pompei, ma non per questo meno importante, con la sua fisionomia urbanistica, con la sua civiltà e, quel che più importante, con il suo volto umano.
Per la prima volta aperto alla fruizione del pubblico, l’Antiquarium del Parco Archeologico del centro vesuviano ospita la mostra SpendOri. Il lusso negli ornamenti ad Ercolano che dal 20 dicembre 2018 al 30 settembre 2019, al costo di 11 euro, permette al pubblico di ammirare una collezione di circa 100 monili e preziosi dal valore unico nei luoghi in cui sono stati ritrovati.
Questi materiali vogliono raccontare la storia antica dell’artigianato e della manifattura della città e, allo stesso tempo, mostrare tutti quegli oggetti di uso personale e quotidiano che sembrano, oggigiorno, assolutamente fuori dall’ordinario. La ricchezza, il valore economico sociale e della bellezza saranno i contenuti alla base di SpendOri. Il lusso negli ornamenti ad Ercolano. Francesco Sirano, direttore del Parco Archeologico, ha dichiarato: «Gioielli, monete, gemme, arredi e strumenti preziosi per i banchetti delle occasioni speciali sarebbero solo “cose”, per quanto preziose, se non fossero inserite in un racconto che ne evoca il profondo significato sociale e le inserisce nel loro contesto di ritrovamento, di utilizzo e di produzione, se non tornassero nelle mani e sui colli dei loro proprietari. I materiali provengono da edifici pubblici, dalle Domus e dalle botteghe dell’antica Herculaneum e restituiscono un’immagine vivida, complessa e felice di questa comunità. Un cospicuo gruppo di reperti fu trovato nel corso degli scavi sull’antica spiaggia, dove come noto si era rifugiato con i propri averi e nell’abbigliamento confacente al rango di ciascuno, un folto gruppo di abitanti della sventurata città in attesa della missione di salvataggio che almeno per loro non andò a buon fine. Mi piace sottolineare i prestiti concessi dal MANN e dal Parco di Pompei, il corredo di gemme e strumenti da lavoro di una bottega di gioielliere e parte del tesoro in argento di Moregine, segno concreto della stretta collaborazione che ci vede uniti nei progetti culturali».
Ancora una volta viene premiata la sinergia, l’impegno e la devozione nel voler coinvolgere il pubblico in maniera originale. L’organizzazione, infatti, ha implementato modalità di esposizione che permettono di rendere partecipi i visitatori in modo attivo, interessante e… social. Il direttore Sirano ha aggiunto: «La mostra pilota pone le basi per la definitiva esposizione nel museo del sito di tutti i reperti che dal 1927 in poi Amedeo Maiuri volle che restassero qui e non confluissero più nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Parte così un processo museografico che non resterà confinato ai laboratori ma coinvolgerà il pubblico come parte attiva della costruzione di un museo che garantisca un’effettiva esperienza di conoscenza inclusiva e partecipata. Il processo nasce dalla volontà di colmare in tempi rapidi una terribile lacuna nell’esperienza di visita del sito e interrompere il silenzio che dura da oltre 40 anni. Il pubblico deve potere ascoltare proprio nell’area archeologica il racconto proveniente dai numerosissimi oggetti d’uso comune: arredi, ornamenti personali e strumenti di lavoro, decorazioni, mobili in vario materiale, dell’incredibile mole di reperti organici proveniente direttamente dalle case, dalle strade, dalle mense degli antichi ercolanesi».
Un appuntamento unico, ricco di significati ideologici, politici, sociali, culturali e religiosi che permette di restituire ai visitatori moderni uno spaccato di vita che esalta la società ercolanese nelle sue più varie sfaccettature.