Fa caldo. In alcune zone d’Italia si va ancora in giro a maniche corte, l’escursione termica tra il giorno e la notte miete più vittime del raffreddore stagionale e le zanzare proprio non ci vogliono mollare. Che non si parli, però – come ho sentito fare con fin troppa leggerezza – di una normale ottobrata. Che non si dica che durante il ponte del primo novembre ha sempre fatto caldo e che non c’è niente di strano. Si tratta in realtà dei tragici effetti del cambiamento climatico. E di normale, in questo clima anomalo, non c’è niente.
Alla gente che va in spiaggia in quello che dovrebbe essere pieno, piovoso autunno, a chi è lieto di passeggiare in montagna senza la neve, bisognerebbe ricordare che tutto ciò che pare bello è in realtà la conseguenza di una crisi che fingiamo di non vedere e che continuiamo quotidianamente ad alimentare. La prima, più grande e più grave di queste emergenze, riguarda l’acqua. Le precipitazioni, nel nostro Paese e non solo, hanno raggiunto livelli da record – in negativo, chiaramente. Secondo le misurazioni dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in Italia le piogge a oggi sono diminuite di 104.8 millimetri, cioè del 19%, rispetto alla prima metà del XX secolo.
Secondo le stime del CNR, invece, da gennaio a maggio 2022 è caduto il 46% di acqua in meno rispetto alla media degli ultimi trent’anni, e non sono ancora giunte le stime di questo autunno, che in teoria dovrebbe essere la stagione delle piogge, ma nella pratica non si è vista cadere una goccia. L’incessante siccità che causa danni alle persone, alle coltivazioni e a tutti gli ecosistemi è perfettamente rappresentata dal livello del Po. Quella che dovrebbe essere la principale risorsa d’acqua per le più grandi distese agricole del Paese, oggi misura 8.2 metri d’acqua in meno dalla sua superficie. La siccità, però, non c’è solo in Italia. In tutto il mondo si registrano disastri che riguardano diversi ecosistemi: dai grandi laghi alle foreste con alberi sofferenti, fino ad arrivare ai grandi animali della savana, decimati dalla mancanza di acqua.
L’assenza di pioggia è solo uno degli effetti del cambiamento climatico. Le temperature sono, invece, la più evidente delle catastrofi. A lanciare l’allarme è il segretario generale dell’ONU. Antonio Guterres ha recentemente spiegato che, nonostante gli Accordi di Parigi e l’impegno dei Paesi firmatari a contenere e ridurre le emissioni, queste ultime continuano a crescere a livelli record. Con questo stesso trend, arriveranno a +2.8 gradi entro la fine del secolo, una temperatura assolutamente insostenibile che modificherebbe irrimediabilmente il mondo come lo conosciamo oggi.
A peggiorare ulteriormente la situazione c’è poi la particolare condizione in cui si trova l’Europa. Il continente si sta infatti riscaldando a velocità doppia rispetto al resto del mondo, raggiungendo temperature mai registrate negli ultimi trent’anni. La particolare tendenza è stata denunciata nel report European state of climate redatto dall’Organizzazione metereologica mondiale e dal servizio europeo di monitoraggio dei cambiamenti climatici Copernicus. Lo studio mette in guardia sulle conseguenze che ci ritroveremo a fronteggiare qualora il trend mondiale non cambiasse: l’Europa avrebbe a che fare con sempre più frequenti eventi atmosferici estremi.
Si tratta di fenomeni estremamente pericolosi, una volta caratterizzati dall’eccezionalità con cui si presentavano, ma oggi non così rari. Alluvioni, ondate di caldo intenso, lunghissimi periodi di siccità, anomalie nelle temperature – come il caldo di questo novembre che sembra fine estate, per esempio – e trombe d’aria sono tutti fenomeni che causano vittime, che distruggono la vita delle persone. Così come le carestie a cui andiamo incontro, in tutto il mondo ma in Europa, a quanto pare, a velocità doppia.
A sentire queste notizie, a leggere questi dati, non riesco a essere felice di poter andare al mare nel ponte del primo novembre. Non riesco a godere di presunti ma assolutamente illusori lati positivi che la crisi ambientale comporta. Gli effetti del cambiamento climatico non possono avere dei lati positivi, eppure sono ancora vissuti con estrema leggerezza. Per rappresentare perfettamente questa condizione di completa illusione e mancanza di consapevolezza, mi sembra perfetto un dato riportato da qualche testata, un aspetto piccolo e apparentemente insignificante, ma che mi pare emblematico dell’incoscienza di questi tempi.
Uno studio della New York University e dell’Università delle Hawaii ha spiegato che alcune variazioni del meteo, dell’umidità e delle temperature causate dal cambiamento climatico aumenteranno sensibilmente la possibilità di vedere un arcobaleno. Entro il 2100, infatti, la quantità di arcobaleni visibili subirà un’enorme ascesa, rendendoli molto più frequenti. Con le tendenze odierne, entro il 2100 il clima mondiale sarà stato completamente stravolto, molte città saranno state sommerse, molte altre saranno state distrutte da alluvioni e trombe d’aria, la popolazione mondiale starà morendo a causa delle carestie e non esisteranno abbastanza risorse per garantire un livello di vita dignitoso per la maggior parte delle persone. Ma, per fortuna, almeno avremo gli arcobaleni.