Giuseppe Napoleone Primoli è stato il maggior fotografo italiano dei primi cent’anni di storia della fotografia. Il lavoro che ha portato avanti ha anticipato l’ideologia del “momento decisivo” precisato diverso tempo dopo da Eric Solomon ed Henri Cartier-Bresson.
Gegé, così era affettuosamente chiamato Primoli, è nato a Roma nel 1851, figlio di Pietro Primoli – della famiglia marchigiana dei Conti Foglia – e di Carlotta Bonaparte, pronipote di Napoleone I. Due anni dopo la sua nascita, la famiglia si è trasferita a Parigi e vi è rimasta sino al 1870. Uno dei fratelli di Primoli, Luigi, condividerà con lui la passione per la fotografia, diventando uno dei membri dell’Associazione amatori di fotografia fondata a Roma nel 1889. Anche se alcune lastre di Luigi sono finite tra quelle di Giuseppe, risultando quindi difficile distinguerle con grande sicurezza, lo stile di Primoli è particolare e spesso inconfondibile e questo si manifesta soprattutto nelle vivaci sequenze di vita romana o di viaggio.
I Conti Giuseppe e Luigi Primoli di Roma, denominati i re dell’istantanea, hanno esposto una grande quantità di fotografie graziosissime, fra le quali primeggiano i soggetti militari. Entrambi hanno ricevuto molti riconoscimenti. Luigi ha esposto ritratti, paesaggi e istantanee all’Esposizione fotografica romana del 1889, mentre Giuseppe, in quell’occasione, è stato presente con una sola istantanea. I due hanno vissuto insieme fino al 1911, anno in cui sono terminati i lavori di restauro di Palazzo Primoli, che ancora oggi è sede della Fondazione e del Museo Napoleonico e qui sono conservate alcune delle loro fotografie.
Come scrive Italo Zannier nel suo L’occhio della fotografia: Giuseppe risulta un autore di grande rilievo nel panorama della fotografia ottocentesca mondiale. La sua personalità umana e la vocazione letteraria lo sottrassero alla banalità degli stereotipi consueti nell’hobby fotografico in quegli anni di incipiente massificazione, quando la fotografia sembrava veramente alla portata di tutti, con la tecnica alla gelatina-bromuro d’argento e gli strumenti più agili e semplici da usare.
Probabilmente Giuseppe Primoli ha iniziato ad avvicinarsi al mondo della fotografia nei suoi anni parigini, frequentando salotti mondani e culturali, atelier di grandi artisti. Unico dato certo è che la sua produzione più conosciuta va dal 1895 al 1905, tra cui diversi reportage. Per realizzarla ha utilizzato apparecchi moderni per l’epoca, come il Kinégraphe reflex 9×12, molto leggero e maneggevole, che gli ha permesso di scattare foto durante le passeggiate a piedi o in carrozza, sia nel centro che nella periferia di Roma. Primoli, infatti, ha documentato con la stessa vivacità l’ambiente popolare romano, così come quello della nobiltà, che frequentava, partecipando a feste e cerimonie importanti.
Viaggi fatti da un estremo all’altro d’Europa, giornate spese a riprodurre tutti i sovrani d’Europa, fotografati con una pazienza e un’abilità nuova, a cavallo, in vettura, durante partite di caccia o ricevimenti o rassegne militari; un’attività senza tregua, che lo spinge certe volte a levarsi innanzi giorno; una furberia tutta sua nel sorprendere il soggetto, e ritrarlo in quell’attimo in cui un gesto può stabilite, per lo spazio di pochi secondi, una vantaggiosa partita di ombra e di luce. Richel (Eugenio Rubichi) su Tribuna Illustrata del 22 febbraio 1891.
Giuseppe Primoli ha portato avanti, insieme alla fotografia, anche le sue ambizioni letterarie – seppur senza troppo successo –, anche se soltanto attraverso le immagini è riuscito a far emergere la sua sensibilità. Certamente – scrive ancora Italo Zannier – intuì per primo alcuni caratteri specifici di questo genere narrativo, l’uso della sequenza, ad esempio, utilizzata per descrivere una scena dal “generale” al “particolare”, o la ripresa “in controcampo”, con cui ottenne quella narrazione “indiretta” che sessant’anni dopo diede fama a Cartier-Bresson.
A Parigi, a Roma e a Venezia, ha realizzato riprese rapide istantanee non soltanto di folklore, ma anche fuggevoli situazioni di vita normale, fissata à la sauvette. Sempre a Roma ha realizzato uno dei suoi reportage più importanti, il 1 maggio 1891, durante uno dei primi comizi politici. Giuseppe Primoli è stato anche “paparazzo” scattando spesso immagini dei suoi amici scrittori, tra cui Dumas, Zola, Maupassant, D’Annunzio.
Giuseppe Primoli non si è mai preoccupato troppo della tecnica, che però ha usato con disinvoltura e virtuosismo – certe volte anche trasgressivo – ma è sempre rimasto coerente con quelle che erano le sue intenzioni narrative ed espressive. Non si è mai tirato indietro e ha spesso sperimentato tecnologie nuove, come il lampo al magnesio. A tutti gli effetti, è stato il maggior narratore della Roma di fine secolo, riuscendo a raccontarla con immagini eccezionali e di grande forza evocativa entrando nell’olimpo dei più significativi fotografi della storia.