Giacomo Brogi nacque a Firenze il 6 aprile 1822, figlio di Carolina Porri e Gaetano Brogi. Fin da bambino, andò a lavorare presso lo stabilimento dell’editore Bartelli, frequentò la scuola dell’incisore Perfetti e, infine, si cimentò nell’attività di ritoccatore di stampe presso il calcografo Achille Paris che, a sua volta, divenne fotografo. Nel 1846 sposò Enrichetta Baldelli di Montesansavino. In quel periodo eseguì diversi lavori di ritocco su commissione del figlio di Bardi, Luigi, iniziando a collezionare incisioni. Con il passare del tempo, però, iniziò a stampare per conto suo vignette, etichette, stemmi e indirizzi grazie a un piccolo torchio litografico che, intanto, aveva acquistato. Fu proprio con questa attività che i guadagni aumentarono, portandolo a raggiungere una certa notorietà.
Brogi intuì, ben presto, le possibilità commerciali che avrebbe avuto grazie ai ritratti e per questo motivo si avvicinò alla fotografia. Si rivolse, infatti, a un fotografo ritrattista affinché riproducesse la sua collezione di incisioni e per commissionargli riproduzioni di persone celebri da inserire negli stemmi che lui stesso stampava.
Tra il 1856 e il 1859 si diede alla vendita di istantanee e, tempo dopo, decise di apprendere l’arte del fotografare aprendo una ditta tutta sua. La prima sede fu a Lungarno delle Grazie 15. Nel 1864 il laboratorio si estese fino a occupare dei locali in Via dei Tintori 79, e altri magazzini in Via Tornabuoni 1. Grazie ai ritratti, alle riproduzioni di opere d’arte, di vedute e di monumenti fotografati nelle varie regioni italiane, raggiunse ben presto fama nazionale.
Nel 1879 aprì una filiale a Napoli e la diede in gestione a Negenborn, che vi impegnò dei capitali, e a Ernesto Bockwinkel (poi Bowinkel) che l’amministrò e ne guidò le campagne fotografiche in città e dintorni. La prima sede fu in via Chiatamone 19, poi a Piazza dei Martiri 61-62 e successivamente nella stessa piazza al n. 24-25. Probabilmente, la ditta Brogi aveva realizzato una campagna fotografica nel capoluogo campano già prima del 1879, per poi eseguirne altre tra l’Ottanta e l’Ottantasei (cat.1889), nel 1895 e nel primo decennio del nuovo secolo (cat.1912). Tutti i fotografi che giunsero a Napoli iniziarono le loro campagne nel Museo Archeologico, allora Real Museo Borbonico, e a Pompei. Anche Brogi, così come Alinari e Chauffourier, non venne meno a questa tradizione.
Il modo di fotografare le opere d’arte da parte dei professionisti come lui seguiva canoni abbastanza ricorrenti e voleva essere un modo obiettivo di rappresentare il soggetto. In realtà, prima dell’ortocromatismo, per la pittura i risultati della riproduzione fotografica furono molto deludenti e per la scultura e l’architettura furono elementi determinanti illuminazione e punti di vista che potevano modificare la lettura dell’opera. Tale questione era chiara soprattutto a Giacomo che si interessava particolarmente di problemi legali. A suo giudizio, dal momento che la fotografia riproducendo crea, questa può essere considerata una libera traduzione dell’opera riprodotta.
Nel 1881, Borgi morì, lasciando la sua attività ai figli Alfredo, che si interessava esclusivamente della parte amministrativa, e Carlo, in veste di fotografo e direttore tecnico. Quest’ultimo si occupò attivamente di problemi legali inerenti alla riproduzione fotografica e lanciò una campagna di propaganda al fine di sensibilizzare al problema della tutela legale delle istantanee, per la quale ottenne numerosissime adesioni, soprattutto dai professionisti dell’epoca, tra cui Sommer a Napoli e Naya a Venezia.
Nel 1889 propose sette formati, mentre nel 1907 la sua ditta offrì oltre alle fotografie e alle diapositive anche foto rilievi, foto acquarelli e foto chiaroscuri. Per qualche tempo egli fu socio e vicepresidente della Società Fotografica Italiana, al cui Bullettino collaborò spesso fornendo testi o immagini da pubblicare. Per quanto riguarda la produzione nel suo specifico, con il passaggio alla seconda generazione, accanto ai soggetti consueti, nella documentazione di alcune regioni vennero incrementati quelli di carattere folclorico-antropologico con riprese di scene di vita popolare colte dal vero. Vennero così introdotti tipi di stampa più sofisticata, in particolar modo nei ritratti, quali la stampa al carbone e la gomma.
Una figura imprenditoriale, dunque, quella di Giacomo, guidata dall’amore verso l’arte, fidando del proprio ingegno e sostenuta da un’incrollabile volontà.