Un artista è un eterno sognatore, un visionario che sa rappresentare ciò che gli altri non sanno nemmeno vedere. Poi ci sono gli artisti immortali che diventano icone e Frida Kahlo, spirito del Messico e del potere risanatore dell’arte, ha lasciato di sé molto più dei suoi autoritratti. Al SET Spazio Eventi Tirso di Roma apre al pubblico la mostra sul dolore di una donna tramutato in arte e reso immortale, organizzata da Navigare srl e curata da Sergio Uribe, Alejandra Matiz, Ezio Pagano e Maria Rosso. Dal 12 ottobre 2019 al 29 marzo 2020 sarà possibile immergersi nel mondo di Frida Khalo attraverso percorsi tematici multimediali che ripercorrono la sua vita, gli spazi in cui ha coltivato la pittura e il suo amore per Diego Rivera.
Frida Kahlo: Il caos dentro si muove tra fotografie, abiti, lettere autografate, disegni e gioielli che evocano la creatività di Frida in un itinerario interattivo di oltre 600 mq, riflettendo sull’avanguardia artistica e culturale messicana del Novecento e mettendo in mostra la straordinaria potenza che può scaturire dal dolore di una vita travagliata. L’impatto sensoriale coinvolge il pubblico a 360° a partire dall’allestimento, all’ingresso, di un’enorme ofrenda, il tradizionale altare messicano per il Día de los muertos. L’altare dei morti è l’elemento più caratteristico di una festa particolarmente sentita in Messico, una rappresentazione ricca di allegorie e significati. La grande ofrenda è un augurio e un’offerta per Frida, tra fiori e alimenti per sostentare tradizionalmente il defunto nel suo viaggio verso il mondo dei vivi durante la festività e per farlo ricongiungere coi suoi cari.
La mostra è un inno al disordine e alla distruzione che porta alla creazione; è il caos che precede la pittura e dà all’artista la possibilità di creare bellezza. Bisogna ancora portare in sé un caos per poter generare una stella danzante: la citazione di Nietzsche apre l’esposizione con la storia di una ferita trasformata in luce, un filosofo non casuale che ha pagato con la propria vita il prezzo del genio e ha amato gli esseri con quella profonda anima che sa nutrirsi solo dei grandi tormenti. Per Frida quel caos era spazio aperto, voragine, fenditura e abisso: attraverso il dolore arrivò all’arte, riuscì a comprendersi e a prendere la vita a morsi, piantarle addosso i denti e anche le unghie, come scrisse nei diari. L’attenzione è subito posta sul tragico incidente in tram che la coinvolse, già affetta da spina bifida, all’età di diciotto anni, determinando lo spezzamento della colonna vertebrale in tre parti, la rottura del femore, delle costole e dell’osso pelvico in tre punti, lo slogamento del piede e della spalla e undici fratture della gamba sinistra. Da qui Frida fu costretta a sopportare un esoscheletro che la vincolò e la obbligò alla crescita, condannata all’immobilità totale: fu il suo inferno personale da cui, quando sembrò che ormai non ci fosse più speranza, uscì l’urlo rabbioso della vita. Piedi, perché li voglio se ho ali per volare?
Frida attraversò la morte per poi tradurla in un’opera d’arte. Fu una sepolta viva, ancora troppo innamorata del mondo per volerlo abbandonare a diciotto anni. La morte, assordata dal suo urlo di sopravvivenza, rimase stupefatta almeno quanto i vivi che le erano attorno e le concesse un’opportunità. L’esposizione riproduce le stanze che furono sfondo del suo dolore, ispirate a quelle originali e arricchite da animazioni multimediali e audiovisivi. Spicca lo studio in cui lavorò fino all’età adulta e la stanza da letto con uno specchio sistemato sul soffitto, in modo che potesse vedersi durante i lunghi periodi di convalescenza e potesse dipingersi. Dopo l’incidente la Kahlo si dedicò totalmente all’autoritratto come forma espressiva migliore per rendere il suo tormento interiore. Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio. Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere.
Sono stata assassinata dalla vita, scrisse nelle lettere, perché la morte può essere crudele, ingiusta e traditrice, ma solo la vita sa essere oscena, indegna e umiliante. Con le sue pennellate diede forma alla debolezza del genere umano, alla profonda ferita dell’anima e del corpo, a quell’anarchismo istintivo che la contraddistinse dalla nascita. In Frida conversero il fatalismo e l’energia vitale della sua terra, la sensualità senza pose e finzioni e l’ironia spesso crudele della natura sudamericana; l’armonia e i contrasti del Messico rivoluzionario di cui si dichiarava – con tanto orgoglio – figlia.
L’esposizione propone per la prima volta fedelmente la ricostruzione scenica della Caza Azul, la mitica casa di Frida dall’infanzia alla convivenza con Rivera, suo amante, nemico, sposo e traditore. Col patrocinio dell’ambasciata del Messico e Columbia, si può entrare negli angoli più rappresentativi della sua storica abitazione e nelle relazioni affettive, intellettuali e artistiche che crearono un circolo rivoluzionario di spicco. La Casa Azul è simbolo di lotta personale e collettiva, legata agli ideali culturali, artistici e politici, tra la scritta Viva Stalin e gli eroi della Revolución.
Esclusive le fotografie scattate da Leo Matiz che raccontano Frida con un ininterrotto flusso di scatti. Nelle immagini, è una donna ormai più che trentenne, pittrice di fama e indipendente, non più la ragazza spezzata dalla vita ma una colomba con le ali di paglia. Matiz ritrae Frida in spazi di quotidianità: il quartiere di Coyoacán, il giardino e la Casa Azul che così tanto amava. Immortala il sorriso fiero di Frida, le sopracciglia incolte, le larghe gonne e le rose nei capelli che l’hanno resa un’icona pop messicana e mondiale. L’amicizia tra la pittrice e il fotografo colombiano fa emergere una complicità sottile e invisibile tra i due, consentendo di cogliere la gestualità della donna e delle sue mani, gli occhi eternamente vivi e quella bellezza per molti ancora incomprensibile. Oltre alle foto si trovano esposti i cataloghi delle più importanti mostre di Leo Matiz e una rarissima collezione di manifesti e locandine.
Sulle pareti anche i dipinti originali come il Ritratto di Frida che Rivera disegnò nel 1954, La niña de los abanicos di Rivera del 1913 e Piden aeroplanos y les dan alas de petate, dipinto dalla Kahlo nel 1938. Dopo le lettere vibranti e le fotografie, decine di opere proposte in formato Modlight con retroilluminazione omogenea: il dipinto digitalizzato è riprodotto a grandezza naturale, spesso in movimento. Le diverse cromie di Frida seguono la parabola della sua storia creativa, riconosciuta da tantissimi Paesi che le hanno dedicato francobolli unici – in esposizione – per celebrare la grande regina della pittura messicana. Frida è stata la prima donna ispanica ritratta su un francobollo emesso dagli Stati Uniti d’America, un riconoscimento importante per una ribelle e sovversiva.
L’immensità di Frida era nella sopravvivenza contro ogni predizione, nel grande miracolo di spiccare il volo pur non avendone i mezzi, lottando contro una crudeltà gratuita. C’era in lei una forza di volontà superiore, una semplicità nel raccontare il dramma umano che l’avrebbe resa una stella intramontabile della storia dell’arte. L’autoritratto è la sua eterna autobiografia e grazie alla pittura torna a vivere infinite volte.
Fotografie di Evelyn De Luca
In copertina la locandina dell’evento Home – Frida Kahlo Il Caos Dentro (mostrafridakahlo.it)