Il disegno sull’autonomia differenziata presentato dal Ministro per gli Affari Regionali della Lega Roberto Calderoli è legge. Mercoledì 19 giugno, con 172 sì, 99 voti contrari e un astenuto, anche Fratelli d’Italia si rende partecipe della frammentazione, ancor più marcata, di un Paese già disuguale. Questo tradendo persino il significato del proprio nome di partito.
Ma la riforma Calderoli entra in vigore senza la definizione dei LEP. Che significa? Si tratta dei livelli essenziali di prestazioni, ovvero servizi essenziali che, essendo connessi a diritti civili e sociali, devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Oltretutto non basta definire i LEP per garantirli e questo lo vediamo, ad esempio in sanità, con i LEA, i livelli essenziali di assistenza. Il fatto che siano definiti non è di per sé garanzia che siano concretamente esigibili su tutti i territori. Il monitoraggio del Ministero della Salute, per quanto sia giusto contestualizzarlo, ne è una dimostrazione.
In concreto, se lo Stato definisce un livello essenziale delle prestazioni, deve anche garantire a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni le risorse sufficienti per poterle erogare, in particolare a coloro che hanno minor disponibilità (ad esempio perché con bassa capacità fiscale). Il rischio è che solo i Comuni con maggiori risorse proprie potranno essere in grado di garantire i servizi previsti dai LEP scontrandosi con i nostri principi costituzionali.
L’articolo 3 della Costituzione recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Nonostante i diritti costituzionali, allo stato attuale delle cose, assistiamo a una speranza di vita per i cittadini meridionali di 1,3 anni in meno rispetto al Centro e 1,5 anni in meno rispetto al Nord-Ovest. Al Sud vi è minore copertura dei programmi di screening gratuiti. Nel 2022, per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali si sono spostati per ricevere cure in una struttura del Centro o del Nord, solo 811 pazienti del Centro-Nord hanno fatto il viaggio inverso. Dal Sud si mettono in viaggio bambini e adolescenti per ricevere cure per disturbi mentali, neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici. Il tasso di mortalità infantile entro il primo anno di vita, secondo ISTAT, è di 1,8 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana, quasi il doppio in Sicilia (3,3) e più del doppio in Calabria (3,9).
Queste criticità non sembrano preoccupare i parlamentari leghisti che festeggiano sventolando le bandiere della propria regione, così alla domanda di molti giornalisti sul come ci si senta ad aver frammentato l’Italia gli esponenti di spicco dell’autonomia differenziata rispondono: «Abbiamo semplicemente attuato una riforma già scritta, quella del titolo V della Costituzione».
Attilio Fontana dai suoi canali ufficiali dichiara: […] Se la devono prendere con la Costituzione perché è la Costituzione che prevede questa forma di autonomia a velocità differenziate. La Legge Calderoli serve semplicemente per creare la procedura, le modalità attraverso le quali poter applicare la Costituzione quindi chi se la prende con l’autonomia deve avere il coraggio di dire contesto la Costituzione! Perché l’autonomia è parte integrante della Costituzione.
Personalmente sono quanto di più lontano al mondo dalle idee della Lega possa esistere, ma si tratta di onestà intellettuale ammettere che, nel 2001, Franco Bassanini è l’autore della riforma del Titolo V della Costituzione che spiana la strada, sebbene involontariamente, alla riforma Calderoli.
La riforma del Titolo V della Costituzione configura un nuovo assetto del sistema delle autonomie territoriali, collocando gli enti territoriali al fianco dello Stato come elementi costitutivi della Repubblica. […] Comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato hanno pari dignità, pur nella diversità delle rispettive competenze, essendo la potestà legislativa attribuita allo Stato ed alle regioni e riconoscendosi a comuni, province e città metropolitane la natura di enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo quanto previsto dall’art. 114 della Costituzione.
Franco Bassanini, Ministro per la Funzione Pubblica e gli Affari Regionali nel primo Governo Prodi, ridefinisce i rapporti e le distribuzioni delle competenze fra Stato, Regioni e sistema delle autonomie locali realizzando il decentramento amministrativo in Italia. I padri dell’autonomia differenziata e del conseguente regionalismo asimmetrico sono quindi molti e non solo leghisti.
L’errore di fondo della riforma della 2001 è stato quello di costruire il rapporto tra Stato e Regioni con un eccesso di decentramento. Nella concezione di Bassanini il cosiddetto “federalismo amministrativo” prevedeva un decentramento affinché gli enti fossero più vicini ai cittadini. Lo stesso autore della riforma oggi ammette che l’autonomia differenziata è uno sbaglio.
Il dato oggettivo è che i livelli essenziali delle prestazioni tra regioni diversamente capaci sul piano fiscale non saranno mai prestazioni eguali per i cittadini. Siamo dunque tutti più soli, decentrati e disuguali.