Sia il procedimento della carta salata sia quello della carta all’albumina rendevano instabile l’immagine. La stessa struttura molecolare dell’argento, inoltre, era precaria e, quindi, facilmente aggredibile da agenti esterni. Nel 1856, quindi, l’archeologo e mecenate francese Honoré d’Albert invitò la Société Française de Photographie a indire un concorso per la definizione di un procedimento fotografico assolutamente stabile, di facile utilizzo e, possibilmente a basso costo.
Il premio del concorso fu vinto, nel 1859, da Alphonse-Louis Poitevin, il quale mise a punto un processo che, sfruttando la proprietà di alcuni bicromati alcalini, rendeva insolubili i colloidi come la gelatina, la gomma arabica o l’albumina a seguito dell’esposizione alla luce. Poitevin grazie alla sua invenzione, denominata al carbone, realizzò delle stampe perfette.
Il fotografo utilizzò la gelatina con disciolto bicromato di potassio e pigmenti al carbone per la colorazione dell’immagine. Il procedimento fu poi migliorato da J. W. Swan nel 1864, che portò in commercio le sue carte pronte all’uso. Il foglio andava ricoperto da uno strato sottile di gelatina in cui venivano disciolti dei pigmenti neri oppure terre colorate a seconda dell’effetto che si voleva ottenere.
Successivamente, il bicromato di potassio fu addizionato allo strato di gelatina che, in questo modo, si rese sensibile all’azione della luce. Il negativo veniva posto a contatto con la carta trattata e poi esposto alla luminosità Al termine dell’esposizione bastava soltanto un lavaggio con acqua tiepida, in quanto questa asportava quelle parti tenute al buio definite le zone scure del negativo. L’immagine che si otteneva era stabile e ricca di dettagli.
La gelatina era, quindi, di facile utilizzo. Inoltre, come legante, aveva una grande forza di coesione superficiale, permettendo così l’utilizzo di supporti diversi quali ad esempio la ceramica, il cuoio e il legno. In pratica, l’immagine veniva trasportata dal supporto di carta agli oggetti che si desideravano decorare. Anche per questa sua caratteristica il procedimento fu chiamato stampa al carbone a trasporto.
La modifica più importante apportata a suddetto metodo fu quella ottenuta partendo da una fotografia ai sali d’argento sottoposta a una serie di trattamenti particolari per ottenere una stampa al carbone. Il processo prese il nome di Carbro o ozobromia.