Ferzan Ozpetek, attraverso il suo lungometraggio Le fate ignoranti, ha accuratamente analizzato il sentimento umano più forte, l’amore, osservandolo da ogni prospettiva. La pellicola, girata nel 2001, è il terzo lavoro del regista di origine turca che, con questo film, raggiunge definitivamente il successo.
Il titolo deriva da una tela di René Magritte che, invece, nel film viene attribuita a Joseph Lanti, un personaggio fittizio. Le fate ignoranti sono esseri bizzarri che, senza alcuno scrupolo, stravolgono la vita delle persone che incontrano.
Michele, protagonista dell’opera, firma così la lettera che manda al suo amante:
A Massimo per i nostri sette anni insieme… per quella parte di te che mi manca e che non avrò mai… per tutte le volte che mi hai detto non posso ma anche per tutte quelle che mi hai detto ritornerò! In attesa posso chiamare la mia pazienza… “Amore”?
La tua fata ignorante.
La vita che cambia, però, non è quella di Massimo, come si potrebbe credere, bensì quella di sua moglie. Antonia, infatti, dopo la morte del marito e la scoperta del tradimento subito, decide di trovare la fata ignorante in questione. Dopo aver superato la fase di turbamento iniziale data da un’inaspettata rivelazione, ossia che l’amante di suo marito era un uomo e non una donna, inizia inspiegabilmente ad avvicinarsi a Michele e al suo mondo. Quella che le si presenta è una realtà totalmente diversa dalla propria e da quella che aveva creato con Massimo. Quest’ultimo, infatti, sembra aver vissuto due vite parallele, nelle quali era due persone diverse. Da un lato il compagno ineccepibile e borghese, dall’altro l’amante di un altro uomo che viveva in una comunità di “emarginati”.
Nasce così un’amicizia molto forte tra Antonia e i membri di questo gruppo ma, soprattutto, inizia a crearsi uno strano rapporto proprio con Michele, la persona che dovrebbe odiare e allontanare. Il protagonista, interpretato in modo esemplare da Stefano Accorsi, finirà per ritrovare nella donna un po’ dell’uomo che, per sette lunghi anni, ha amato. Sarà questo, insieme alla voglia di una vita tranquilla e, per certi versi, banale, il motivo che lo porterà a provare una profonda attrazione per Antonia.
Il finale del film propone a chi guarda una libera interpretazione, con una scena che non può non arrivare forte e diretta. È la scena di un bicchiere di vetro che, cadendo a terra, non si frantuma, a dispetto di un precedente dialogo tra i due protagonisti.
Si dice che quando ti si rompe un bicchiere la persona che ami se ne è andata via.
Quella di Ozpetek è una pellicola che sembra indagare il mondo omosessuale ma che, in realtà, non si limita a questo, scandagliando il sentimento amoroso e il modo in cui esso si evolve nei rapporti umani. L’amore che può diventare ossessione e malattia, gelosia e distruzione, come nel caso di Ernesto, un altro personaggio dell’opera costretto a trascorrere le sue giornate a letto a causa dell’AIDS, contratto tempo addietro.
Il 22 agosto di due anni fa, sulla spiaggia di Ostia dietro un cespuglio. Poi la sera di nuovo a casa sua, più volte per tutta la notte.
– Ti ricordi addirittura la data…
– Sì, perché l’ho fatto apposta. Volevo tutto di lui, anche la sua malattia. Emanuele era tutto per me. Mi prendeva e mi mollava come e quando gli piaceva. Se gli stavo troppo addosso, faceva di tutto per ferirmi e per allontanarmi. Ma se ero io ad andarmene mi riacchiappava sempre. Fino al giorno in cui non sono stato male e mi hanno ricoverato, ed è sparito.
– Non sai più dov’è? Non si è fatto più sentire?
– No, ma lui sa benissimo dove sono io. L’unico ricordo che ho di lui è questo qua.
– Ma questo posto lo conosco…
– È qui vicino. Era lì che ci davamo sempre appuntamento. Forse siamo ancora lì ma nessuno ci vede. Perché nessuno ha capito il nostro amore. O forse ci sono rimasto solo io lì…
L’amore che può diventare un monito per rigenerarsi, per riscoprirsi e riscoprire la realtà altra da noi. Tutto ciò di cui, fino a questo momento, ci siamo circondati. Per trovare il bello nel diverso e per farlo nostro. Per rinascere, in qualche modo, quando tutto sembra crollare.
Il sentimento tra i due protagonisti, tanto inaspettato quanto particolare nel suo evolversi, si muoverà silenzioso e – senza pretendere nulla – formerà i suoi contorni in maniera del tutto naturale. Le differenze tra Antonia e Michele si assottiglieranno fino a diventare vane nel momento in cui il contatto mentale tra i due si farà solido ed estremamente forte.
Ferzan Ozpetek sarà ospite al Festival MANN/Muse al Museo il prossimo 20 aprile – ore 18 – quando verrà intervistato da Titta Fiore, raccontando la sua storia e il suo modo di fare cinema.