Ci voleva l’ennesimo episodio a opera delle squadracce estremiste per riproporre, ancora una volta, la necessità di bandire per sempre quelle formazioni che la nostra Costituzione vieta, impedendo la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista. Anche stavolta, è tornato puntuale il rifiuto da parte della destra di sottoscrivere la mozione per lo scioglimento di Forza Nuova proposta dal Segretario del PD Enrico Letta, appellandosi a un generico richiamo alla non violenza di qualsiasi matrice e rimarcando, nuovamente, quel cordone ombelicale mai reciso con lo sciagurato Ventennio.
E, a proposito di matrice, la leader del partito erede del MSI ha dichiarato di non conoscere quella che ha devastato la sede della CGIL di Roma, forse perché troppo impegnata a Madrid ad arringare la folla della formazione che si richiama alla dittatura fascista di Franco. Un rifiuto anche soltanto di nominare la parola fascismo: roba antica, del passato, che la Giorgia nazionale è disposta unicamente a riconoscere se posta come contraltare del comunismo. Vecchia storia quella degli eredi del regime riconvertiti nel sistema dei partiti della nostra Repubblica che, a ogni occasione, concretizzano quel feeling, in linea con un passato che continua a far presa su una parte degli italiani nostalgici di quando c’era lui e dei treni in orario.
Comprensibile il sentimento della Giorgia cresciuta a pane e regime grazie al poi rinnegato Gianfranco Fini, come, del resto, tutta la componente dell’ex MSI confluita per convenienza in Forza Italia alla corte di re Silvio, pur sempre fedele ai vecchi ideali e alla lunga militanza della destra almirantiana. Meno quello dell’ex giovane comunista tra i fondatori del centro sociale di Milano Leoncavallo, oggi leader della Lega Matteo Salvini, vicino a quelle organizzazioni neofasciste che in particolare nel primo governo Conte non hanno nascosto il loro pieno appoggio al singolare Ministro dell’Interno.
L’assalto alla sede della CGIL e il tentativo di raggiungere Palazzo Chigi svelano, ancora una volta, strategie e obiettivi precisi con possibili protezioni di pezzi delle istituzioni, e non solo di quella destra che a tutti i costi si vuole far credere liberale e democratica. Una destra che, come ha opportunamente rilevato Bersani, se non vuole riconoscere la matrice marcatamente fascista, non può governare. E, allora, ecco che l’abbraccio del Presidente Draghi con Landini, al di là dell’apprezzabile gesto di solidarietà, diventa nei fatti pura ipocrisia se, tornando nelle sedi opportune per decidere un da farsi coerente con quanto previsto dalla Costituzione, forze politiche della maggioranza di governo sono disposte unicamente a generici appelli alla non violenza, senza disturbare minimamente le frange estremiste e i rispettivi protettori.
Il gesto provocatorio di Enrico Letta, dunque, è servito a smascherare e far cadere nel vuoto la teoria della buona destra democratica che qualche coraggioso militante, già consulente di Gianfranco Fini, sta cercando di far nascere come nuovo soggetto politico, trovando subito quella pietra d’inciampo che è la parola fascismo, dura a mettere in discussione, e che a chi scrive è costata un gentile rifiuto per un’intervista prima concessa e poi magicamente negata.
Nulla è mai causale in politica: taluni apparentamenti, i legami in Europa con l’ungherese Orbán, la francese Le Pen, il polacco Kaczynski, lo spagnolo Abascal di Vox cui la Meloni è particolarmente legata – presente ad alcune sue manifestazioni – e la corsa di Salvini a farsi riconoscere da quel Donald Trump dell’assalto a Capitol Hill (non del tutto diverso da quello di Roma) hanno una matrice unica che la Giorgia finge di non riconoscere nel suo passato, nella militanza marcatamente e dichiaratamente figlia di quel fascismo con cui, purtroppo, parte di questo Paese sembra non voler chiudere definitivamente i conti.
Si andrà verso uno scioglimento di Forza Nuova e di CasaPound oppure se ne riparlerà al prossimo attacco, alla prossima devastazione, continuando a governare con una destra che rifiuta l’applicazione di un preciso dettato costituzionale? Avrà il coraggio questo governo di applicare la Costituzione o preferirà continuare nell’abbraccio della convenienza politica in un particolare momento della vita del Paese, in cui le ingenti risorse fungeranno sempre maggiormente da collante e la violenza fascista può anche essere mandata a farsi benedire?
Il bravo Corrado Guzzanti, con il suo Quelo, non avrebbe alcun dubbio: la seconda che hai detto. Il governo deve andare avanti e le enunciazioni di principio e la Costituzione possono aspettare. Ci sarà come giusto che sia, come è prassi che sia, la manifestazione a cui la coalizione di destra ha già assicurato la non partecipazione. Poi tutto tornerà nel silenzio: il Partito Democratico avrà recitato la sua apprezzabile parte, il movimento pentastellato – cancellato dalla propria memoria l’appoggio ai gilet gialli francesi protagonisti delle devastazioni – continuerà nel suo percorso filopdino, i capi delle organizzazioni neofasciste torneranno liberi e la destra liberale e democratica continuerà il suo doppio gioco con il pallottoliere dei sondaggi, rubacchiandosi consensi a vicenda per la gioia dei soliti idioti.
E i no vax e i no mask? È bene che si organizzino in una nuova forza politica, magari con a capo la vicequestore sospesa ma che presto tornerà a farsi sentire perché, ripeto, nulla nasce a caso e tutto risponde sempre a una strategia che torni comoda a pezzi delle istituzioni. Anche se apparentemente innocua per la presenza annunciata dei vari Povia e Montesano, sempre di strategia si tratta.