La scorsa settimana è stata clamorosamente bocciata, alla Camera dei Deputati, la risoluzione sullo scostamento di Bilancio per l’assenza di venticinque parlamentari della maggioranza – undici dei quali della Lega, nove di Forza Italia e cinque di Fratelli d’Italia – che hanno fatto esclamare a un’imbarazzata Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Brutta figura, è stato uno scivolone».
Brutta figura di certo, ma un assenteismo che dai dati riportati dal centro OpenPolis, pur riguardando tutte le forze politiche presenti in Parlamento, risulta un record del centrodestra con a capo il senatore della Lega Umberto Bossi, presente soltanto allo 0,38% delle votazioni alla Camera in buona compagnia dell’ex Cavaliere (0,55%) e della sua fidanzata Marta Fascina (l’1,7%), di Giulio Tremonti, Michela Brambilla, Giulia Bongiorno, Paolo Barelli e altri delle varie forze di governo. Recordman degli assenteisti nell’opposizione è, invece, Carlo Calenda con soltanto l’11,19% di presenze. Le assenze, tutte, giustificate per circa l’80% con missioni, stratagemma classico per mascherare il banco vuoto.
E se è pur vero che il tema dell’assenteismo parlamentare non è di competenza della responsabile dell’esecutivo, si dà il caso che la seconda carica dello Stato e Presidente del Senato sia Ignazio Benito Maria La Russa, tra i fondatori del partito della Meloni, e che la terza carica dello Stato e Presidente della Camera sia il leghista Lorenzo Fontana, ovvero tutto in casa della destra al governo che nei primi sei mesi ha puntato il dito sul problema dei problemi, l’abolizione del tanto odiato reddito di cittadinanza – tra i capisaldi del programma elettorale per una propaganda che ha funzionato – poi riapparso sotto altro nome, riducendo gli importi e alcuni criteri di attribuzione, tanto da meritare anche la prima pagina del solito quotidiano Libero specialista in titoli di basso livello: La festa dello scudetto pagato con il reddito di cittadinanza.
Il tutto mentre proprio in questi giorni l’ISTAT comunica il peggioramento della situazione personale di oltre il 35% della popolazione per l’anno scorso, l’inflazione ha fatto crollare il potere d’acquisto e non arrivare a fine mese è ormai ampiamente superato da tempi ancora più ristretti.
Dice bene il mio amico Giancarlo Cosentino in un suo post sui social: Piuttosto che indignarsi, si dia atto agli onorevoli del fatto che si stanno spezzando la schiena, da mesi, per trasferire dal divano al posto di lavoro i percettori del RdC, meritandosi per questa fatica immane qualche giorno di riposo. Una guerra ai cosiddetti fannulloni per recuperare il previsto miliardo all’anno ma in verità portata da veri fannulloni, loro sì, assenteisti pagati oltre ogni misura ragionevole, impegnati a fare cassa sui poveri invece che allineare i propri emolumenti alla media europea. Priorità alla riduzione della rappresentanza parlamentare e non a quella degli stipendi, una geniale iniziativa propagandistica, questa, dei pentastellati.
Banchi quasi sempre semivuoti, settimana cortissima: dai dati di OpenPolis riferiti alla scorsa legislatura, il gruppo maggiormente assenteista alla Camera – dove sono state registrate le maggiori assenze rispetto al Senato – è stato quello di Forza Italia, i più presenti quelli dei Cinque Stelle. Nella top degli assenteisti l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni con oltre il 60% di assenze, Ignazio La Russa, Marta Fascina e Vittorio Sgarbi, in pratica quelli che oggi definiscono uno scivolone la bocciatura della risoluzione dello scostamento di Bilancio. Un dato da vero record è, però, quello riferito a Matteo Salvini precisamente al novembre del 2019 con 390 presenze su 5560 votazioni. Fannulloni del reddito oltre trenta volte quello di cittadinanza, non considerando privilegi e agevolazioni.
«Non c’è alcun problema politico» si è affrettato a dichiarare il Ministro Giancarlo Giorgetti. «Il problema è che i deputati non si rendono conto». il tema è proprio questo ma è anche una questione politica, uno scollamento tra Governo e Parlamento e, non ultimo, quello tra le forze di governo dove non si contano le gomitate per apparire e marcare in maniera silenziosa e subdola le differenze. Tutto questo in un contesto generale di distacco crescente che recenti studi hanno quantificato in oltre sette milioni gli italiani che non si informano e circa quattro milioni quelli che hanno perso ogni fiducia nella politica. Una recente indagine del Centro Studi Pio La Torre ha approfondito, tra gli studenti, i temi mafia e classi dirigenti effettuando anche quest’anno un attento sondaggio che ha evidenziato quanto i giovani ripudino la criminalità organizzata e quanto sia cresciuta invece la sfiducia verso la classe dirigente.
L’ennesimo recente episodio della mancata tenuta della maggioranza e il fenomeno ormai cronico dell’assenteismo di una classe politica tra le più pagate d’Europa non fanno altro che confermare quanto sottolineato dai recenti studi e la prossima più che probabile approvazione definitiva dell’autonomia differenziata targata Lega – con il consenso di gran parte delle forze in Parlamento – rappresenterà la pietra tombale della spaccatura più che certificata del Paese, incrementando le differenze a spese delle categorie più disagiate. Il tutto coerentemente a un preciso disegno che questa destra al governo persegue e che buona parte di quell’elettorato probabilmente non ha capito ma di cui inesorabilmente pagherà le conseguenze.