Frane di Sarno dopo l’eccezionale evento piovoso nel maggio del 1998 con centosessantuno morti e trecentosessanta feriti; alluvioni di Genova di ottobre e novembre del 2011 con esondazione di torrenti che provocarono circa venti vittime; frana di Casamicciola del novembre dello scorso anno con dodici morti; quarantadue Comuni della regione Emilia-Romagna sotto una pioggia torrenziale con duecentottanta frane e ventitré corsi d’acqua esondati, quattordici vittime e 36mila sfollati.
Un bollettino di guerra, nell’ultimo quarto di secolo, che ciclicamente torna a riproporsi in tutto il territorio nazionale e che, anche in considerazione del cambiamento climatico in atto, gli esperti prevedono sempre più preoccupante se non saranno realizzate politiche di difesa del suolo e messa in sicurezza, con investimenti significativi per la riduzione del rischio idrogeologico.
Attivare la macchina della ricostruzione, nominare l’ennesimo commissario, fare la conta dei danni e delle risorse necessarie senza individuare responsabilità locali e nazionali sarà certamente argomento utile per gettare fango sugli avversari alla prossima competizione elettorale. Nessuno darà risposte. Come sempre, sarà la magistratura ad aprire l’ennesimo fascicolo, mentre la politica farà orecchie da mercante.
Sarebbe il caso di chiarire se sono state impiegate le risorse destinate alle regioni e ai sindaci per il risanamento dei territori devastati. In caso di esito negativo, dovrebbe essere possibile giungere a conclusione giusta, sempre che la macchina giudiziaria non impieghi qualche decennio e il tutto si riduca a decadenza dei termini e altri cavilli ormai noti per comode scappatoie.
Occorreranno ingenti risorse per superare l’emergenza ma soprattutto, se si volesse metter mano a progetti mirati con competenze specifiche su tutto il territorio nazionale, occorrono risorse che, nonostante i no dell’imperturbabile Ministro Fitto e della stessa Presidente del Consiglio, potrebbero essere prese dal PNRR, eliminando voci di spesa superflue rispetto alla gravità della situazione del suolo o mettendo fine ai finanziamenti di un massacro dagli esiti più che preoccupanti.
Tragedie con la perdita di vite umane che hanno sempre registrato una considerevole e indispensabile presenza di volontari in maggioranza giovani, a Genova come a Sarno, Ischia e in questi giorni nei Comuni dell’Emilia-Romagna.
Una presenza, quella dei giovani provenienti da tutte le regioni dello Stivale pronti a dare una mano dove necessario, gli stessi completamente scomparsi, inesistenti nelle agende dei governi succedutisi nel tempo e anche dai programmi elettorali delle varie forze politiche. Quella parte che ancora resiste in un Paese che nell’ultimo decennio ha registrato una vera e propria fuga all’estero di circa 250mila ragazzi dei 500mila italiani che hanno abbandonato l’Italia.
I giovani, sempre pronti a spalare le grandi quantità di fango che in altri contesti hanno visto riversarsi su di loro da parte di un’imprenditoria spregiudicata, incurante di regole e normative supportata da un’informazione senza scrupoli dal linguaggio violento e arrogante che etichetta come fannulloni quanti sottopagati e schiavizzati non accettano contratti fasulli e ricattatori, formule illegali di remunerazione che richiederebbero, in un Paese serio, l’intervento dell’autorità competente e pene severe conseguenziali. Lectio magistralis, le loro, ritenute tali da quei prenditori, più che imprenditori, dalle fortune sul suolo italiano sulla pelle dei fannulloni che non hanno voglia di lavorare e residenza dove ne tutelano gli interessi economici.
Fango gettato su una generazione che ancora resiste in un Paese che non pianifica più nulla, non solo per i giovani a cui ormai il futuro è negato. Un Paese dove vige unicamente la politica dell’approssimazione e della risoluzione dei problemi del momento, tanto cara a certa classe manageriale di grandi gruppi proiettati unicamente a chiudere bilanci in attivo, oggi con una politica di tagli dei costi a danno dei lavoratori, non curanti del tanto peggio domani.
Parole intrise di fango, e non solo quelle, proprie di certa informazione dalle mani legate che mai come nei tempi che viviamo sembra prevalere e sostenere un pensiero unico a cui pare non sia consentito dissentire. Parole entrate nel linguaggio di una politica che si sforza di apparire ciò che in sostanza non è, fino a sostenere tesi inaccettabili come quella proveniente dalla seconda carica dello Stato che, avvitandosi su se stessa, ha assicurato gli italiani che la Costituzione non parla di antifascismo, un motivo in più, ove mai occorresse, di essere molto ma molto preoccupati. Anche qui fango su fango, questa volta sulla Carta Costituzionale.
Un appello ai giovani affinché non siano considerati soltanto braccia comode a far fronte ai disastri perlopiù mai casuali ma frutto di omissioni e responsabilità ben precise: siano protagonisti di una rivoluzione pacifica per spalare l’immane quantità di fango dai palazzi delle Istituzioni, facciano sentire forte la voce contro l’altro immane disastro che è la guerra in cui ci hanno coinvolti contro ogni volontà popolare e i cui risvolti sempre più prevedibili non presagiscono nulla di buono.
Che sia chiaro il grido di pace nelle piazze, prima che ci travolga il fango delle armi.