Il terrore per le fake news anima i display dei nostri dispositivi ormai da alcuni anni e deriva dalla consapevolezza che l’enorme quantità di informazione che circola tramite internet non è sempre verità scritta in buona fede. In realtà, si tratta di un fenomeno tutt’altro che moderno poiché, già in passato, notizie false e disinformazione sono state lo strumento di manipolazione preferito da dittatori e politici. Ma il fenomeno più recente, legato alla più rapida diffusione di notizie tramite il web, ha riportato alla luce la questione.
Proprio negli ultimi giorni, in vista delle Europee e dell’esigenza di una popolazione ben informata e non manipolabile, Facebook ha chiuso 23 pagine seguite da italiani. Si trattava di luoghi di ritrovo digitale che condividevano notizie alterate per scopi divisivi, nonché contenuti mediatici falsi. L’iniziativa è partita da un’indagine di Avaaz, ONG che si occupa di diritti umani, che ha condiviso le ricerche con il social di Mark Zuckerberg, permettendo che fossero presi provvedimenti immediati.
Il fenomeno delle fake news, tuttavia, non è così legato all’esistenza di internet quanto può sembrare. Semplicemente, la moltitudine di informazioni permette di comprenderlo e individuarlo più in fretta. In realtà, i mezzi digitali hanno facilitato lo scorrere di un flusso di notizie più grande e plurimo e fornisce più prospettive, più opinioni e più spunti di quando le fonti con cui aggiornarsi erano poche e facilmente manipolabili da parte di Stati e poteri. Tuttavia, la pluralità non garantisce automaticamente verità ma, senza dubbio, serve a riequilibrare la bilancia.
Insomma, non è il web il nemico, che usato nel modo giusto si rivela uno strumento di emancipazione. Tutto sta nel saperlo usare, senza dare nulla per scontato e controllando sempre l’attendibilità delle fonti. Eppure, nonostante l’innumerevole quantità di dati e informazioni che percepiamo ogni giorno, alcune recenti ricerche rivelano che otto italiani su dieci non sanno distinguere una notizia falsa. Infosfera è l’indagine condotta da un gruppo di ricerca dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli secondo cui l’82% degli italiani non riconosce una bufala in quanto tale, nonostante l’87% di essi non consideri i social media come fonte affidabile.
Le regole del buon giornalismo – nonché la Legge Istitutiva dell’Ordine – raccomandano obbligo di lealtà e buona fede: ogni giornalista ha l’obbligo di rispettare la verità sostanziale dei fatti e di osservare i doveri imposti dalla buona fede, come la rettifica di informazioni che si rivelano inesatte. Ma è indubbio che la ritrattazione di notizie errate non abbia mai la stessa rilevanza della notizia in sé, il che impedisce di rimediare ai danni creati da inesattezze. La maggior parte delle fake news, però, non deriva da errori di valutazione o sviste, quanto da una specifica intenzionalità.
Per quanto l’informazione mediatica possa avere nobili intenti, la comunicazione non può riportare la realtà esattamente così com’è, inevitabilmente filtrata da punti di vista e percezioni di chi scrive e di chi legge. Ma è anche vero che ha la forza e l’influenza di costruirla, tramite le idee che porta all’ordine del giorno e i concetti che cerca di inculcare. È così che diventa facile credere alle fake news. C’è da considerare, inoltre, che la comunicazione non può creare nuove idee dal nulla, ma può alimentare credenze già in circolazione, mentre difficilmente riesce a far cambiare parere. Si tratta del fenomeno delle Filter Bubble, secondo cui, grazie agli algoritmi di social media e motori di ricerca, gli utenti vengono difficilmente esposti a opinioni in conflitto con le proprie e trovano sempre maggiori conferme delle loro idee, racchiusi come sono in una bolla di informazioni personalizzata che ne filtra costantemente il flusso. Grande aiutante delle fake news, quindi, è anche la percezione, ovvero la verità percepita dalle persone in un determinato contesto, che non necessariamente coincide con la verità scientifica o statistica, ma che contribuisce a creare gli orientamenti di cui le notizie false si approfittano.
Il problema, dunque, persiste finché circolano notizie non necessariamente reali, ma plausibili, che si agganciano al radar mediatico di chi è più incline a quel determinato orientamento e contribuendo alla costruzione di verità alternative. Forse resta impossibile l’individuazione di una verità univoca, e credenze e convinzioni personali contribuiranno sempre alla creazione di messaggi infondati. Eppure, basterebbe controllare le fonti, porsi qualche domanda in più e aprire la mente a idee un po’ diverse dalle proprie per non essere tratti in inganno.