Non è vera estate senza spiagge, creme profumate, serate calde e in compagnia, frutta fresca, cornetti a mezzanotte e cieli stellati. Non è vera estate senza il mare, o la montagna, senza il sole che colora la pelle. E non è vera estate, soprattutto, senza un buon libro che tenga compagnia durante ognuno di questi attimi. Anche stavolta, abbiamo selezionato qualche titolo per voi.
Alessandro: Don Chisciotte in Sicilia – Roberto Mandracchia (minimum fax)
Cosa separa i romanzi dalla vita reale? La finzione, replicherebbe la maggior parte dei lettori. Eppure, penso si possa affermare che molti libri provocano emozioni altrettanto tangibili, vere.
Quanti, immersi nella lettura, non hanno immaginato – almeno una volta – di far parte delle ambientazioni descritte, di conoscere i personaggi, quasi fino a confondere illusione e realtà? È ciò che accade a Lillo Vasile, professore di lettere ormai in pensione, appassionato di gialli e del più grande interprete del genere, Andrea Camilleri.
Così, d’un tratto, il protagonista di Don Chisciotte in Sicilia, il nuovo romanzo di Roberto Mandracchia, si persuade di vestire i panni di Montalbano, dando vita a una serie di situazioni tragicomiche sulla scia di un altro grande classico della letteratura, il Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes.
La follia di questo improbabile cavaliere (o commissario) e del suo fido scudiero, un venditore ambulante senegalese che prenderà le sembianze di Fazio, agisce sullo sfondo dell’entroterra agrigentino, dove le pale eoliche rimpiazzano i mulini a vento e la mafia fa – per qualche ragione – meno paura.
Raccontato in una lingua vivace e impreziosito da una delle copertine più belle dell’estate, Don Chisciotte in Sicilia è un omaggio divertito e sincero alla letteratura e all’isola di Sicilia spesso avara di storie sinonimo di riscatto, l’evasione a cui ogni lettore ambisce, Livio Vasile un matto che – forse – è l’unico a mettere in scena la verità.
Flavia: Elsa – Angela Bubba (Ponte alle Grazie)
«ÉLSA, singolare femminile. Voce di origine germanica. Con questo termine si indica la traversa metallica posta alla base dell’impugnatura delle spade, che serve a proteggere in parte la mano e a fermare la lama contro il fodero».
Elsa. Il romanzo biografico di Angela Bubba si apre e si chiude così: con un nome di donna che è eco di letteratura. Quattro lettere, un titolo breve, una fotografia in bianco e nero: per capire di chi stiamo parlando non serve aggiungere altro.
Scrittrice, poeta, saggista, traduttrice: Elsa Morante è stata tutto questo e molto di più. Testimone fervida e accurata del Secolo breve, la sua parabola narrativa nasce e si sviluppa già negli anni dell’infanzia, quando compone i primi testi a metà tra due donne diverse e vincolanti. Una è Irma Poggibonsi, la madre biologica di Elsa, il primo dei suoi amori tormentati; l’altra è Donna Maria Guerrieri Gonzaga Maraini, la madrina, un altro sentimento contrastante e la scoperta di quelli che chiamerà, sprezzante, i patrizi.
Elsa viene da una famiglia semplice e semplice è la vita che cerca a fatica di costruirsi. Da Testaccio alla malattia, da Alberto Moravia a Pier Paolo Pasolini, dalla guerra al Premio Strega (che vince nel 1957 con L’isola di Arturo, prima donna a riuscirci), Angela Bubba romanza, pur restandovi fedele, il vissuto di una delle personalità più influenti e affascinanti del Novecento, a cui restituisce una dimensione intima e inedita.
Tra le sue pagine, infatti, Elsa non è soltanto Morante. Non è soltanto scrittura. È figlia di una donna che ama e odia e di un uomo che crede suo padre ma scopre non esserlo; è amica di tanti e vicina a nessuno, è moglie, nemica, fedifraga, amante. Soprattutto è madre in divenire, lei che ha perso un figlio giovanissima e, ancora, ne sente il peso dell’assenza: è Arturo, la sua straordinaria creatura, un appuntamento mancato a cui l’autrice regala la tenerezza dell’incontro, uno scambio sincero tra anime pure.
La bambina solleva lo sguardo, sospira lanciando un debole sorriso alla madre, il dito puntato sulla pagina […]. «Perché hai scelto proprio questo nome?». «Nessuna spada somiglia a un’altra spada. Ricordalo».
Francesca: Caravaggio – Ernesto Anderle (BeccoGiallo, 2022)
Per gli amanti delle graphic novel, il nome Ernesto Anderle è una garanzia, e questa sua nuova pubblicazione è imperdibile non soltanto per gli appassionati dell’arte e di Caravaggio.
Michelangelo Merisi, grande pittore italiano, è un personaggio perennemente in conflitto che vive tra la luce e l’oscurità. Attraverso la mano di Anderle sarà, dunque, sì tormentato e complesso, ma anche estremamente fragile. Il lettore verrà spinto verso emozioni contrastanti, arrivando a provare una forte empatia nei confronti di questo artista maledetto.
Sia la narrazione che la parte illustrata mostrano il lato più umano di Caravaggio, profondamente instabile ed emotivo, condizionato dalla violenza e dalla morte, ma anche il lato prettamente artistico, dove la passione prende vita con una fortissima energia. Le tavole di Anderle richiamano lo stile dell’artista, con colori cupi, caldi e intensi. Una lettura perfetta per tutti, ma anche per ragazzi.
Giusy: Nessun rimorso (Genova 2001-2021) – Opera collettiva (Coconino Press)
È il frutto del lavoro che dal 2004 porta avanti il team di Supporto Legale, con l’intenzione di assistere i manifestanti sotto processo per il G8 di Genova e tutti coloro che, per quei fatti, vivono una condizione di repressione. Si tratta di un insieme di fumetti, immagini e scritti di innumerevoli artisti – tra cui Zerocalcare, Erri De Luca, Nova, Blu, Daniel Cuello e molti altri – che si sono prestati al progetto con l’intento di raccontare quanto accaduto nel 2001 a Genova alla luce di ciò che è seguito in questi anni.
Per quanto possa sembrare poco tempestivo parlarne ora, è in quegli eventi che troviamo parte della dissoluzione che poi ha caratterizzato il dibattito politico e non solo. La repressione compiuta in quell’occasione aveva come preciso fine quello di liquidare l’idea stessa che il conflitto faccia parte della società, fino ad affermare che qualsiasi violenza delle istituzioni ha giustificazione per mantenere intatta una vaga idea di ordine pubblico, o che addirittura la rottura di una vetrina arrivi a essere più grave di un omicidio.
Ripercorrere, attraverso delle suggestive immagini e delle vignette, anche amaramente ironiche, quanto avvenuto, e le narrazioni distorte che ne sono seguite, destrutturare l’idea stessa che una società sia priva della necessaria dialettica tra parti che invece a noi pare fondamentale è il primo passo di cui abbiamo bisogno per impedire che una simile repressione non si ripeta, è il primo passo di cui abbiamo bisogno per cambiare ciò che di questo mondo non ci piace.
Marina: Lingua nativa – Suzette Haden Elgin (Del Vecchio Editore )
Chissà come saremo nel XXII secolo. Nel romanzo Lingua nativa di Suzette Haden Elgin, viviamo in un mondo distopico dove i commerci interstellari hanno soppiantato ogni altro interesse in una corsa al capitalismo che cambia solo scenario e velocità, ma resta pressoché identica a quella attuale. I corpi delle donne vengono presi di mira per la capacità di riprodurre forza lavoro e, soprattutto, garantire il tramandarsi genetico delle linee del sangue nella Gilda dei Linguisti, corporazione divenuta potente grazie alla conoscenza delle lingue e delle culture aliene.
Le donne non più “utili” agli uomini della Gilda vengono rinchiuse nelle Case Sterili, lontano dalle zone d’influenza. Lì, però, fermenta una sorellanza fatta di racconti, di intrecci, di cura, di studio e d’invenzione: le donne non più produttive creano, infatti, una lingua segreta, una lingua femmina, il Làadan. Una lingua che lavora per sottrazione, per negazione, che esprime l’assenza, il mancato riconoscimento. Con questa lingua, tramandata solo di madre in figlia, di nonna in nipote, le donne pianificano la resistenza: il primo passo per cambiare la realtà in cui sono oppresse è rifiutare la lingua dell’oppressione.
Il libro uscì per la prima volta nel 1984, ma la casa editrice Del Vecchio lo ha pubblicato nel 2021 con la traduzione di Valentina Dragoni e Costanza Fusini. In uno squisito esempio di speculazione, Elgin, insieme al romanzo, aveva normato una vera e propria grammatica di Làadan che si può tuttora studiare e imparare a parlare. Mi torna spesso in mente questo romanzo nelle discussioni che si sentono fare spesso sull’inclusività della lingua e sulla plausibilità del maschile sovraesteso. Soprattutto quando si mette in dubbio l’importanza e l’incisività della visibilità, nella lingua, di tutte le forme d’esperienza.
Ora che addirittura il Senato si è espresso sull’utilizzo del femminile per le cariche istituzionali (fugando ogni dubbio sul fatto che la lingua è politica), non posso che esortarvi a leggere Lingua nativa quest’estate. Fra gli altri, ha anche il pregio di essere una lettura estremamente godibile.
Noemi: Incuria. Una lettera d’amore per Roma – Oriana Persico e Salvatore Iaconesi (Luca Sossella Editore)
Incuria è un piccolo libro, leggero e affilato. Eppure, al suo interno c’è un immaginario potentissimo. Gli artisti e ricercatori Oriana Persico e Salvatore Iaconesi tratteggiano Roma come un potenziale modello di innovazione radicale.
È difficile associare la Città Eterna al futuro della metropoli, per quello ci sono Londra, Milano, Berlino – le capitali della velocità, del progresso, dell’efficienza. Roma invece è la città del passato, è la capitale più sporca, pigra e sciatta – “non adatta”, inadeguata. Eppure, tra le sue buche si nasconde un’energia rivoluzionaria, un’innovazione che non si applica solo per mancanza di immaginario. E quest’ultimo dato è importante, perché l’incapacità collettiva di immaginare Roma come un ecosistema integrato comporta anche l’inabilità nel prendersene cura.
È questo il male che attanaglia Roma, l’incuria, il disinteresse per le cose e per le persone. È un’indifferenza che porta a un immobilismo soporifero e alla morte dell’immaginario – stiamo vivendo un’innovazione stagna, che ricicla gli stessi concetti e le stesse parole come slogan. È la trappola del realismo, nel libro la chiamiamo immovazione.
Per combattere questa stasi, i due artisti fanno ricorso alle icone pop della capitale: Fellini, Pasolini, Mastroianni, Claudia Cardinale, il ragionier Fantozzi, il Marchese del Grillo e Accattone. Il cinema italiano diventa un modo per viaggiare dentro Roma, comprenderne lo spirito e le peculiarità, ribaltarne i luoghi comuni e fare dei suoi difetti uno spazio in cui l’immaginazione di un nuovo sorprendente patto sociale prende forma.
Roma è una metropoli “frattale”, è un “Terzo Paesaggio” fatto città. Con la sua Economia della Svòrta e la sua Nobiltà Punk Open Source, potrebbe essere il laboratorio di un’immaginazione sociale ribelle. Roma, col suo sempre problematico rapporto col potere e con le regole, è forse la città con maggiore potenziale di trasgressione in Italia, che si può valorizzare invece che anestetizzare, governando con “conoscenza e vento”.
Roma è, insomma, la possibilità della cura, e se cercate una proposta punk e radicale per le città, non perdetevi questo libro.
Annarita: Una di due – Daniel Sada (Alter Ego Edizioni)
Pubblicato nella traduzione di Carlo Alberto Moltalto, Una di due, romanzo breve dello scrittore messicano Daniel Sada, percorre l’incalzante, incerta, altalenante, eccentrica vicenda delle gemelle Gamal.
Sante o streghe che siano, Gloria e Constitución sono due persone identiche, in espressioni e movimenti, e portano stessi vestiti e acconciature, che sembra persino che il vento le scompigli in egual maniera. Solo un neo sulla spalla le contraddistingue, un dettaglio troppo facile da nascondere per chi non ha mai voluto dissomigliarsi.
Rimaste orfane, aprono una sartoria a Ocampo, che diviene tutta la loro vita, nella quale concentrano progetti ed energie, oltre che nella somiglianza, da preservare come un regalo del cielo. L’ambiguo dono, però, diviene martirio e maledizione quando, nel perfetto equilibrio dell’unità che le due si sono costruite, si affaccia l’occasione dell’amore.
Mentre la punteggiatura la fa da padrona, e il ritmo la segue – o la avvia – freneticamente, tra repentini tradimenti, equivoci e nuove alleanze, le gemelle si muovono sui palcoscenici della sartoria, della casa e dei noceti per riscoprirsi fatte per l’amore, così per caso, così per condivisione.
Da dietro le quinte, si affacciano gli occhi insinuanti di un piccolo paese che chiacchiera; sono i caldi mesi di agosto, che vedono la gente scendere in piazza per vedere e farsi vedere. È di domenica che arriva Oscar e attorno a lui incomincia una danza di corteggiamento e cautela, di frenesia e arrendevolezza, nella quale le sorelle sono spinte da vanità personali, accordi prestabiliti, spesso mancati, e da sogni intimi soffocati per quieto vivere.
Ma in amore non è forse tutto concesso? Esiste, in un tutt’uno, una metà più degna di gloria? Qual è il ruolo della fortuna quando ha ormai espresso il suo casuale parere?