L’ospite incallito non è mai stato residente per davvero, ma si racconta senza nascondersi. Così, Erri De Luca, in prosa e in versi, ci narra delle storie senza tempo che sembrano non appartenere a nessuno e appartenere a lui soltanto. Nel suo volume, racchiude liriche che non sono fatte di rime, ma di quella poesia pura che contraddistingue le persone, ciò che vivono in un viaggio che chiamiamo vita.
Leggendo i 38 componimenti ci si sente un po’ ospiti, ma anche spettatori di un’esistenza lontana dalla propria, incontrando personaggi che sembrano però assai familiari. Effetti personali, Natura, Historia, Persone sono le quattro sezioni che racchiudono storie d’amore, di amicizia, di vita, alcune incredibilmente attuali. Con questo volume, Erri De Luca scrive un racconto fatto di poesia e pensieri sparsi: Ospite pure nell’amore se già ce n’era un altro e ce n’è sempre un altro. Ospite di montagne salite sulla punta delle dita senza rumore che pure l’ombra al seguito disturba, ospite di un villaggio in Africa a trent’anni e di un deserto per una notte di vent’anni dopo steso allo scoperto sotto le fiammelle accese dall’attrito degli occhi con le stelle. […] Ospite con le pagine del tempo di un lettore, iscritto a niente, ospite incallito, ancora oggi entrando a casa vuota da un viaggio, mi scappa di chiedere: «Permesso?»
Le poesie diventano racconto, anche autobiografico, che definisce e imprime nei ricordi i quali, a poco a poco, nella lettura riaffiorano come in un percorso di conoscenza. L’ospite incallito, però, non racchiude soltanto l’amore, l’attesa, la famiglia, ma anche pensieri legati alla guerra, alla politica, pensieri sugli uomini alternando un evidente ermetismo alla condivisione più diretta.
In bocca ho una stanza di baci rinchiusi
Che fanno il rumore di un alveare.
Poi il corpo si precipita alle labbra
Come alla porta della città per applaudire.
E prende forma la sofferenza della guerra, delle guerre che ci sono state e ci sono ancora; e dove c’è la guerra c’è la politica, non soltanto quella che smuove le masse e i cuori, ma quella che umilia, quella che ti asserve, quella di cui devi conservare il ricordo: «Ti parlo de ‘sti ccose addolorate pecchè tu saie senti’, ma nun pozzo permettere a nisciuno di voi venuti dopo di giudicare Napoli in quell’ora, pecchè ‘o fascismo vuie nun ‘o sapite». L’opera diventa quindi un momento intimo che trasporta il lettore, lo fa riflettere e sorridere con quella maniera poetica tipica di Erri De Luca. Un viaggio, apparentemente breve, che conduce l’uomo, ospite della sua stessa vita, verso mete sconosciute alla ricerca di se stesso.