Contributo a cura di Marco De Luise
Nella finale della 68esima edizione del Festival di Sanremo, Ermal Meta e Fabrizio Moro hanno trionfato portando sul palco, durante le cinque serate, la loro Non mi avete fatto niente. Un brano che ha toccato fin da subito la sensibilità di molti poiché affronta la tematica del terrorismo, fenomeno protagonista oramai dei quotidiani e dei telegiornali nazionali.
Il testo, scritto in collaborazione con Andrea Febo, ha allontanato tutte le accuse ricevute in settimana, andando ben oltre un semplice scandalo e riuscendo a unire milioni di telespettatori con il sentimento della fratellanza. Non conta di quale Paese, né di quale nazione. Non c’è differenza tra chi condivide il grande dolore provocato dalle guerre inutili, talmente prive di senso che oltre la rabbia, le domande e la tristezza provocate nei familiari delle numerose vittime, hanno saputo addirittura generare forza di affrontare la vita e sconfiggere la paura.
La meravigliosa melodia vincitrice del Festival accompagna chi la ascolta toccando nel profondo dell’anima e suscitando non poche emozioni. Seppure non si possa tornare indietro, ciò che alimenta il motore della nostra esistenza è il ricordo. L’importanza del non dimenticare, l’importanza della memoria. Tutti elementi che i due cantautori sono riusciti a esprimere alla perfezione mettendo in luce il disappunto verso le azioni di uomini folli. Non esiste bomba pacifista, così come non esiste religione per la quale si possano giustificare le innumerevoli morti compiute nel nome di un dio che, in fondo, non è tanto diverso dal nostro.
È evidente l’enorme capacità comunicativa di Meta e Moro che sono saliti sul palco con il cuore in mano attraversando le loro coscienze e, probabilmente, quella di tanti altri, presenti o meno, all’Ariston. Lontani dalla musica commerciale che si limita a una storia d’amore o semplicemente a far ballare le persone, hanno avuto il coraggio di affrontare un tema importante al fine di trasmettere coraggio, speranza e solidarietà.
Il terrorismo non ha colpito le case e le famiglie italiane, certo. Ma attraverso la parola umani, i due artisti hanno voluto sottolineare che non esistono barriere né confini, né qualsiasi differenza fra bianchi e neri, fra chi prega nelle chiese o chi prega sui tappeti. Quando a essere colpito è il mondo, non c’è proiettile che riguardi solo la Francia o la Spagna.
Non vi erano dubbi, fin dalle prime note del brano. Non vi erano dubbi che il pezzo avrebbe in qualche modo scosso le coscienze e fatto parlare di sé, fino a essere ascoltato non soltanto in territorio nazionale. Perché parole così forti, spesso, sono capaci di essere molto più potenti di qualsiasi altro mezzo di comunicazione. Perché riescono a far capire che la vita va oltre le genti e che, in fondo, non avete avuto niente.
Tutto deve ricominciare dall’unione e non dalla superficialità o dalla noncuranza, deve ricominciare da un abbraccio, come quello che si sono scambiati i due cantautori al momento della premiazione. Un tema così delicato come il terrorismo non può essere sottovalutato o banalizzato, piuttosto, merita l’attenzione di ogni uomo che abbia un cuore e che possa avere la consapevolezza di essere fortunato rispetto a chi non ha mai deciso di morire.
Ermal Meta e Fabrizio Moro hanno tentato di aprire gli occhi di un pubblico spesso distratto che da oggi può provare a vivere il presente senza il sentimento della paura ripetendosi che non saranno di certo questi attentati a metterci in ginocchio, che non saranno di certo teste impazzite a sconfiggere l’amore che deve esserci fra ogni popolo. Perché se è vero che l’unione fa la forza, allora insieme questa vita fa meno paura.