In ordine all’amore, poeti e artisti hanno fatto uso di molte forme stilistiche e di complessi sistemi dottrinali, a partire almeno dal Cantico dei Cantici. Ne consegue che chi voglia cimentarsi su questo argomento deve avere conoscenze e strumenti adeguati.
È il caso di Mimmo Grasso che, con Enūma Eliś, elabora la razó e la tenzone dell’amore quotidiano. Enūma Eliś significa Quando in alto ed è l’incipit della teogonia accadico-babilonese; si parte, dunque, dalle origini delle origini della creazione, da un atto primordiale avvertito in tutte le civiltà come congiunzione e lotta. Di esso Grasso ascolta la vibrazione di fondo giorno per giorno, con attraversamenti nella Sophia, il “come sopra così sotto”. Si tratta di una “teogonia” domestica in cui il rapporto a due è narrato mediante situazioni e vissuto che danno luogo a “duetti” teatrali con donne inventate ma reali nel senso che il poeta fa entrare in gioco la modalità femminile della sua mente.
Un esempio, sulle cui strutture profonde occorrerebbe soffermarsi a lungo:
anima la bella addormentata sognava il principe azzurro/ Il principe azzurro la baciò./ il principe azzurro si svegliò.
Animus la bella addormentata/ sognando baciò il principe azzurro./ il principe si trasformò in rospo.
Gli eventi di incontro-scontro diventano spesso paradossali grazie a improvvise inversioni di fronte e di senso. Accade, così, che una donna dotata di una forte praticità esorti il compagno a portare un ombrello alle loro ombre rimaste sedute su una panchina sotto la pioggia. Sotto le apparenze di un abito da lavoro, il linguaggio di Grasso nasconde, come sempre, una liricità assoluta e una forte disciplina stilistica.
In questa raccolta l’autore vuole stare con i piedi per terra (ma levitando) e non fa voli pindarici (ma ci sono molte ali); la sua poetica, come in altri lavori, tende a intercettare il numinoso nel quotidiano o, al contrario, è il quotidiano che rivela il numinoso: una casalinga in fila in un discount diventa Proserpina, descritta con una metrica evocativa di tammorre e danza.
Enūma Eliś è un libro graficamente molto bello, allestito dal musicista, calligrafo, videomaker Antonio Poce, in Ferentino, ed edito nel 2021 da Keiron Network di Bolzano, in tandem col Laboratorio di Nola.
Sorprendenti, oltre gli esiti poetici, quelli psicanalitici: nel testo che dà il titolo alla raccolta, il poeta riprende Rilke (Ermes, Orfeo, Euridice) innestando la vicenda in un processo di metamorfosi con due nuovi personaggi: Eros e Psiche. Orfeo non deve vedere Euridice mentre sale dall’aldilà; Psiche non deve vedere Eros mentre sta nell’aldilà del sonno. Trasgredire il divieto (vedersi nel volto dell’altro come in uno specchio, conoscersi) comporta l’eclissi dell’amato (se stessi).
Abbiamo detto che Enūma Eliś procede col piombo ai piedi e che ci sono molte ali. Seguendo l’indicazione del prefatore, Jack Arbib, cioè di leggere di seguito le poesie in cui compaiono alcuni loci, a scelta, ci vengono donati molti affreschi. Ali, ad esempio: quelle della Nike mutilata, le scritte tatuate sulle spalle di Psiche-Euridice, quelle trovate su un attaccapanni in un armadio… Ci si trova, repentinamente, nell’ambiente rituale della Villa dei Misteri.
Chi, nel rapporto d’amore, sta sotto scacco? L’uomo, che si arrocca sempre, teme la sua gemella, cerca di difendersi dal potere incantatorio della donna che è in lui. Non a caso, il libro si apre con una citazione di Ernesto De Martino (una serenata registrata a Grottole) e si chiude con un testo ispirato a La Fattura di Teocrito. Nel durante, il fotografo Giovanni Poce interpreta le protagoniste delle poesie evidenziando il loro quid sibillino e attarantato.
Contributo a cura di Antonio Sgambati
Enūma Eliś ci riporta anche al titolo di una poesia del grande Emilio Villa. Mi piacerebbe sapere se Grasso sia stato ispirato dal testo villanoche dovrebbe conoscere o è solo un caso.