Le Elezioni Amministrative si differenziano sempre dalle Regionali e ancor più dalle Politiche. Presentano un quadro apparentemente di difficile lettura se si comparano i dati dei Comuni con quelli, poi, attraverso i quali si formano i governi che guidano la nazione. In realtà, la spiegazione ai tanti fattori che ne determinano l’esito non è un mistero per nessuno, anche se i candidati fanno finta di non saperne nulla.
Nelle città, in particolar modo nei piccoli Comuni, come quelli chiamati al voto in Campania – dove nessun capoluogo di provincia era coinvolto – il clientelismo, le parentele e le amicizie la fanno da padroni, pertanto, la vera sfida risulta essere nella composizione stessa delle liste da presentare. Si sceglie il nome forte, l’uomo – o la donna – attorno a cui gravitano le attenzioni dei partiti, magari di qualche parlamentare eletto proprio in città, e il resto del gioco sta nel raggruppare in maniera certosina i volti di principale fascino. Ecco che spuntano, quindi, commercianti, professionisti, medici, avvocati, ragazzi vicini a biblioteche e centri di aggregazione, forum, persino ai PR.
Alzi la mano chi riesce a scampare all’ “impegno” preso. Siamo fieri di voi!
Le ideologie – ormai accantonate quasi a tutti i livelli a favore del gioco di potere, degli interessi di lobby, banche, mafie, e chi più ne ha, più ne metta – sono soltanto utopie utili agli slogan dei concorrenti. Va da sé che il centrodestra, ad esempio, sembri apparentemente sparito da tantissimi dei Comuni del napoletano e dell’intera regione Campania, ma, a cercare attentamente tra gli elenchi, non si potrà fare a meno di notare il sorgere di numerose liste civiche che ben camuffano i loro simboli poco attraenti tra i vicoli di quella propria città, che appoggiano, appunto, l’uomo forte. E poco importa se questo è spesso legato all’ormai estinto centrosinistra, al PD: forzisti, ex missini, persino i seguaci di Salvini trovano posto al fianco dei cavalli di razza che, come da pronostico, vinceranno la corsa alla fascia tricolore, con questi ultimi che se ne servono volentieri. Non c’è tempo per gli scrupoli.
Le principali città chiamate alle urne sono state Palermo, Genova, Verona, Taranto, Padova, Parma, Catanzaro, L’Aquila, Monza e diversi capoluoghi da nord a sud. A presentare il risultato più netto, con i partiti di sinistra che, uniti, hanno spazzato via al primo turno i rivali di centrodestra è stato proprio il centro siciliano. Negli altri, invece, le principali forze politiche che da oltre vent’anni si dividono la scena del Paese si sfideranno ai ballottaggi tra due settimane.
Finge moderato ottimismo il PD, con Renzi che evita le consuete analisi del voto del giorno dopo. In fondo, l’ex Ulivo non può non registrare la probabile sconfitta in città come Genova, reclamata da Toti, e il centrodestra che tira un grande sospiro di sollievo, tornato a vedere incrementare le preferenze a proprio favore. Salvini, ovviamente, non ha perso tempo e ha rivendicato il merito del risultato, con la Lega che – a suo dire – avrebbe fatto da traino alle coalizioni che una volta vedevano in Berlusconi il proprio leader.
Il dato principale, a livello nazionale, risulta essere, però, la batosta subita da Grillo e seguaci, sconfitti ovunque, esclusi da tutti i testa a testa del prossimo 25 giugno. La rete, che tanto piace ai grillini, indica come colpevole della débâcle il Vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, che tanto si è prodigato nella campagna elettorale di gran parte dei candidati sotto la bandiera del movimento. Il leader dei 5 Stelle, in silenzio fino a poche ore fa, forse per smontare il teatrino che avrebbe certamente messo in piedi in caso di vittoria – non dimenticate il pentastellato affacciato al balcone di casa sua con un appendino al collo e luce intermittente alle sue spalle per celebrare gli “omonimi” sindaci di Torino e Roma (Appendino e Raggi) – minimizza: “Gongolate sulla fine del MoVimento 5 Stelle, ma vi illudete. Siamo in crescita lenta, ma abbiamo aumentato la nostra presenza nei ballottaggi”. Sa bene anch’egli che la chiave di lettura è votata soltanto a non perdere le briglie di un carro apparentemente allo sbando.
La musica ha diverso ritmo in Campania, dove, però, nessuna grande città affrontava il rinnovo del consiglio comunale. Il primo turno è tutto favorevole al Partito Democratico, con le affermazioni nei principali centri di Vincenzo Figliolia (71,29%) a Pozzuoli e del senatore Vincenzo Cuomo a Portici (65,75%), con la felice cornice di Ischia (Ferrandino), Pompei (Amitrano), Torre Annunziata (Ascione), Agropoli (Coppola) e Nocera Inferiore (Torquato).
La lista DemA, che ha beneficiato dell’appoggio del Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, affonda il colpo ad Arzano, dove si afferma al 41,69% con la candidata Fiorella Esposito che, però, affronterà al ballottaggio Gennaro De Mare (PD), e a Bacoli, con il giovane Della Ragione che sfiderà l’armata del PD che appoggia il candidato Picone.
Per molti addetti ai lavori, De Luca ha prevalso su de Magistris, il Presidente della Regione ha fatto valere meglio il proprio peso sull’elettorato rispetto al Sindaco napoletano. Probabilmente è vero, ma anche questo è un dato che va letto con occhio critico, pertanto, non favorevole all’elettorato del centrosinistra. La lista del primo cittadino partenopeo, infatti, correva per la prima volta con il proprio simbolo in diversi Comuni, al contrario del Partito Democratico, da sempre presente sulle schede, pertanto già pregno di quei “nomi forti” di cui sopra.
DemA raccoglie consensi e consiglieri un po’ ovunque, prepara il terreno per prossime battaglie. La chiave del gioco sarà nelle alleanze che deciderà di stipulare per non correre il rischio di affrontare da sola il faccia a faccia con Renzi e compagni, dal quale uscirebbe malconcia. La sinistra è già reduce di patti che non hanno portato a nulla se non al proprio suicidio politico e il conseguente disaffezionamento del proprio elettorato. La coerenza di intenti e la pulizia dei nomi proposti, in linea con l’operato del magistrato, sarà la chiave che ne decreterà il successo o il fallimento al seguito delle varie Rifondazione, SeL, ora SI. Solo allora si potrà affrontare con coscienza anche questo tipo di confronto.