La lettura del romanzo Dottor Ox di Jules Verne, da poco stampato in un’accurata edizione per la Alessandro Polidoro Editore di Napoli (2019), ci dà l’occasione di conoscere un testo meno noto del grande scrittore francese ma che fa riflettere, più di altre sue opere famose, sui rapporti tra scienza, potere e vita sociale.
Se è vero, infatti, come ci ricorda Fabrizio Denunzio nella sua articolata Introduzione, che concludendo la trilogia di capitan Nemo, iniziata con I figli del capitano Grant (1867) e proseguita con Ventimila leghe sotto i mari (1870), L’isola misteriosa chiude la vita del grande eroe, e lo fa con non poca amarezza, è chiaro che la storia personale dell’eroe verniano e la sua lotta contro la potenza colonizzatrice dell’impero britannico ci raccontano anche del pessimismo dell’autore sul possibile destino di una scienza oramai complice delle potenze dominatrici del mondo, caratteristica che ha avuto un ruolo centrale nella storia del XX secolo e che ripropone la sua inquietante presenza agli inizi del Terzo Millennio.
Il tragicomico lungo racconto di Verne, infatti, pubblicato per la prima volta nel 1874 nell’omonima raccolta, narra lo sconvolgimento della vita quotidiana avvenuto in una piccola città delle Fiandre che non è neanche segnata sulle carte geografiche: Quiquendone, dove vivono duemilatrecentonovantatré anime, concedendo un’anima per ogni abitante, e amministrata da secoli dalla famiglia van Tricasse, con l’attuale borgomastro convinto che l’uomo che muore senza essersi deciso a nulla in tutta la sua vita è andato vicino alla perfezione in questo mondo, una filosofia che caratterizza lo stile di vita moderato fino all’immobilismo sociale dell’intera cittadinanza quiquendoniana. Un giorno, arriva in città il famoso dottor Ox, scienziato di fama internazionale, accompagnato dall’assistente Igeno, che propone di costruire l’impianto di illuminazione a gas dell’intera cittadella. Questo progetto viene approvato dagli amministratori, soprattutto dal borgomastro van Tricasse e dal consigliere Niklausse che in una delle loro moderate riunioni – mentre un mercato del paese brucia ed è lasciato bruciare in attesa che si spenga da solo senza inutili interventi – ragionano sul fatto che Quiquendone sarà la prima città delle Fiandre a essere illuminata a gas e, cosa altrettanto piacevole, le spese saranno sostenute dall’affascinante quanto misterioso scienziato.
L’intento reale del dottor Ox, in effetti, è un altro: un esperimento che prevede di far passare attraverso i tubi dell’impianto non gas ma ossigeno, in una misura calcolata in maniera tale da procurare cambiamenti notevoli nel comportamento degli abitanti di Quiquendone, rendendoli più reattivi e vivaci nelle loro relazioni pubbliche. Riformeremo il mondo, dice lo scienziato al suo sempre più perplesso assistente, rivelando lo scopo ultimo della sua attività: usare le applicazioni scientifiche per influenzare le vite degli altri, alterando gli stati di coscienza degli individui al fine di modificare i loro atteggiamenti e, più in generale, dominare l’organizzazione della vita pubblica. In un crescendo narrativo in cui le situazioni comiche si alternano all’inquietudine di fronte al cambiamento dei comportamenti di una massa di cittadini che passano dall’indolente far niente a una reattività che li porta sull’orlo di una guerra con la vicina città di Virgamen, la realtà dei fatti supera lo stesso teorico protocollo dell’esperimento scientifico progettato dal dottor Ox, ma sarà il suo collaboratore Igeno a fermarne le possibili conseguenze individuali e sociali più drammatiche.
Dottor Ox è uno dei testi che fanno parte dell’interessante collana Classici della Alessandro Polidoro Editore, curata da Antonio Esposito, dove si trovano opere meno conosciute di grandi autori, come Herman Melville e Jack London, che ampliano la conoscenza e la formazione dei giovani lettori e degli studiosi di critica letteraria e, più in generale, di storia delle idee. Alla fine del romanzo di Verne, per esempio, il lettore più attento ha la sensazione di aver letto un racconto dai toni grotteschi che richiama alla memoria, tuttavia, una delle tragedie della storia contemporanea che parte dall’affermazione dell’autoritarismo sociale e politico nella prima metà del secolo scorso e rimanda agli avvenimenti inattesi della storia più recente, dove si intrecciano le ambigue relazioni tra i progressi scientifici e le loro applicazioni tecnologiche. Perché il loro uso nei processi comunicativi di massa che informano e formano l’orizzonte conoscitivo degli esseri umani – è bene sottolinearlo – possono provocare conseguenze non prevedibili oppure influenzare e indirizzare ad arte i comportamenti dei cittadini nella vita societaria.
Il grande scrittore francese ha celebrato, nella sua vasta opera narrativa, la creatività della scienza senza scadere nello scientismo e le potenzialità di emancipazione che la tecnica può avere per la vita delle persone e delle comunità nelle quali vivono. In questo romanzo più che altrove, comunque, ci consegna anche i suoi dubbi sui possibili esiti sociali del progresso tecnologico, quando questo diventa uno strumento di manipolazione delle masse da parte di gruppi di persone e viene usato al fine di organizzare il consenso sociale e dirigere l’azione politica per l’esercizio e la conservazione autoritaria del potere.