Professoressa Rosati, che succede? In queste ore, in rete, monta la protesta del Comitato Nazionale per il Diritto alle Origini Biologiche nei confronti del Parlamento. Delusi dalla politica? Lei, in più di un’occasione, ha fatto nomi e cognomi dei politici che hanno assicurato il loro interessamento per il buon esisto dell’iter necessario per la modifica della legge che non consente di accedere alle notizie relative ai genitori biologici prima dei cento anni. Credo che ai nostri lettori interessi conoscerne i volti e i partiti di appartenenza…
Così è cominciata la conversazione telefonica con Emilia Rosati – la quale, da anni a capo del comitato con la Professoressa Anna Arecchia, cerca di far rispettare un diritto umano negato da tempo – che doveva essere un’intervista ma che, sin da subito, ha preso una piega diversa perché la battagliera Vicepresidente ha risposto come un fiume in piena anche alle altre domande che avrei voluto farle.
«La protesta del Comitato Nazionale per il Diritto alle Origini Biologiche e delle altre associazioni che hanno sperato fino alla fine in una legge che riconoscesse il diritto all’identità è pienamente giustificata, sia sul piano critico che su quello emotivo. Siamo molto delusi non dalla politica, ma da questa politica, che ha anteposto altri interessi e giochi di potere al benessere dei cittadini e alla giustizia. La proposta di legge è stata presentata per la seconda volta in questa legislatura da alcuni parlamentari appartenenti a forze politiche differenti, come Luisa Bossa, Carlo Sarro e Antimo Cesaro.
In seguito, successivamente anche ai numerosi sforzi del comitato nel tenere contatti con tutti i deputati, onde informarli della problematica poco conosciuta, svolgendo un lavoro, un’azione veramente capillare, il decreto legge finalmente è passato alla Camera, quasi all’unanimità, il 19 giugno del 2015 e dal 27 giugno al Senato, per essere discusso in Commissione Giustizia e ottenere il parere delle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio. Nonostante il comitato abbia replicato l’iter precedente contattando personalmente i senatori della Commissione Giustizia e alcuni capigruppo dei partiti, ci siamo dovuti rendere conto che, proprio nel PD, partito della stessa relatrice, Monica Cirinnà, si era andato formando un nucleo ostruzionista fortemente ideologizzato, tanto da non voler condurre un’analisi obiettiva neanche dopo l’audizione di eminenti magistrati della Cassazione e del Tribunale per i Minorenni.
Tuttavia, la circostanza peggiore, per noi comuni cittadini, sono state la poca chiarezza e la palese ipocrisia della comunicazione, le promesse vane e i millantati appoggi, crollati di fronte alle resistenze di compagni di partito. In particolare avevamo avuto ampie rassicurazioni da parte dei senatori Zanda, Lumia e Cirinnà e dalla senatrice Zanoni della Commissione Giustizia. Abbiamo sperato fino all’ultimo in una felice conclusione, considerata la positiva risposta della magistratura, attraverso le sentenze della Corte Europea, della Corte Costituzionale e della Corte Cassazione e delle buone prassi messe in opera dagli stessi tribunali.
La beffa, però, è arrivata qualche giorno fa, quando la Commissione Bilancio, che aveva messo per l’ennesima volta il ddl. S.1978 all’ordine del giorno, proprio nell’accingersi alla discussione, ha scoperto di non avere agli atti la prevista relazione tecnica.»
La delusione è più che evidente, la rabbia anche, la grinta non ha ceduto di un millimetro, ma sono riuscito a bloccare la furia e a porle un’ultima domanda: avete ipotizzato una strategia per tornare alla carica o al momento intendete limitarvi alla denuncia del menefreghismo della politica?
«A questo punto ci siamo resi conto di una non volontà a deliberare che ha mortificato la nostra intelligenza e la dignità dei cittadini. Trascorso il momento, necessario e liberatorio della protesta, siamo pronti a far ripresentare il ddl nella prossima legislatura, opportunamente modificato e migliorato, anche alla luce delle positive esperienze degli interpelli che i presidenti dei TpM stanno conducendo. Valuteremo con molta attenzione a chi dare il nostro voto perché, al di là dell’essere o meno d’accordo su una proposta di legge (peraltro richiesta esplicitamente dalla stessa Corte Costituzionale), riteniamo che il primo dovere di un politico sia l’onestà intellettuale, la grande assente in questa penosa, ma educativa vicenda.»